Il numero di casi di virus West Nile in Italia sono in linea con quelli degli ultimi 4-5 anni. Occorre dunque far chiarezza

Ogni estate si rinnova l’attenzione verso i virus trasmessi dalle zanzare, come il virus West Nile. In Italia, la circolazione di quest’ultimo è una realtà accertata da diversi anni, con il primo caso documentato nel 2008.

Il West Nile Virus è un virus veicolato principalmente dalle zanzare del genere Culex, una specie ampiamente diffusa in molti Paesi e autoctona in Italia. Il virus fu isolato per la prima volta nel 1937 nel sangue di una donna in Uganda, nel distretto del Nilo occidentale, da cui la denominazione. Il suo ciclo naturale coinvolge uccelli selvatici, come le cornacchie e le gazze, che fungono da serbatoio virale e le zanzare, che costituiscono i vettori, ovvero gli insetti che trasferiscono il virus all’uomo.



Gli uomini e i cavalli sono definiti ospiti “a fondo cieco”, in quanto non sono in grado di tramettere a loro volta il virus alle zanzare. Raramente, la trasmissione può avvenire anche attraverso trasfusioni, trapianti o da madre a figlio.

La maggior parte delle infezioni umane (fino all’80%) è asintomatica. Circa il 20% manifesta la febbre West Nile, una sindrome lieve con febbre, mal di testa, dolori muscolari e a volte manifestazioni cutanee. Meno dell’1% sviluppa una malattia neuroinvasiva, la forma più grave, che può includere encefalite, meningite o paralisi.



Zanzare, la cattura per l’analisi contro i virus (Foto: ANSA)

La letalità per le forme neuroinvasive è circa il 10%, aumentando per anziani (20% over 70) e persone con patologie preesistenti (per esempio tumori ematologici, trapianti). I fattori di rischio principali sono età avanzata (più di 60 anni), diabete, ipertensione, malattie renali croniche, tumori e terapie immunosoppressive.

L’aumento delle arbovirosi, cioè delle malattie trasmesse da zanzare e altri insetti, è legato a diversi fattori. I cambiamenti climatici sono cruciali: inverni più miti, estati più lunghe e più precipitazioni favoriscono la proliferazione e longevità delle zanzare vettrici, aumentando la probabilità di epidemie. L’urbanizzazione e l’aumento di viaggi e commerci internazionali contribuiscono alla rapida diffusione geografica dei vettori: si pensi, ad esempio, alla zanzara tigre, vettore della febbre Dengue, assente in Italia fino a qualche decennio fa. Infine, l’invecchiamento della popolazione e l’uso di immunosoppressori aumentano il rischio di forme gravi e di conseguenza la maggiore risonanza mediatica dell’infezione.



Non esistendo terapie specifiche o vaccini umani approvati, la prevenzione è l’unica arma disponibile. Le misure da adottare sono a livello individuale e comunitario. A livello individuale, le misure più efficaci includono l’utilizzo di repellenti per zanzare, l’indossare indumenti protettivi (maniche e pantaloni lunghi) durante le ore di maggiore attività dei vettori (alba e tramonto), l’installazione di zanzariere nelle abitazioni e l’eliminazione dei ristagni d’acqua (sottovasi, barattoli) in giardini e spazi privati al fine di ridurre i focolai larvali.

Alle autorità sanitarie civili spetta invece il compito di promuovere il controllo delle zanzare con trattamenti specifici, garantire la sicurezza delle donazioni di sangue e organi per trapianti e adottare misure di sorveglianza: il ministero della Salute coordina una sorveglianza epidemiologica integrata (umana, veterinaria ed entomologica) per monitorare e agire tempestivamente.

Nonostante candidati vaccinali siano in fase di studio, nessun vaccino umano è stato approvato. Le ragioni sono complesse. A differenza di malattie ad alta diffusione come l’influenza o il Covid-19, la natura sporadica e imprevedibile delle epidemie da virus West Nile rende difficile la progettazione di studi clinici su larga scala. Inoltre, la malattia grave tende a colpire specifici sottogruppi di persone, come gli anziani o gli individui immunodepressi, rendendo l’arruolamento per gli studi clinici complicato. Infine, la percezione di una limitata redditività commerciale non incentiva gli investimenti necessari. È importante notare che esistono vaccini per i cavalli, utilizzati dal 2001.

Al termine di luglio 2025, in Italia sono stati registrati quasi un centinaio di casi umani di infezione da virus West Nile, di cui 40 con manifestazioni neuroinvasive e 8 decessi, tutti in persone fragili. È fondamentale sottolineare che tali dati sono in linea con quelli registrati negli ultimi 4-5 anni.

L’allarmismo mediatico appare pertanto eccessivo e deriva spesso dal fatto che si tratti di un’infezione trasmessa da zanzare, facilmente associate al contesto estivo e alla quotidianità. Certamente, il termine “virus” evoca scenari pandemici ancora vividi nella memoria collettiva. Tuttavia, è fondamentale ricordare che la maggior parte delle infezioni è asintomatica o lieve e che la prevenzione, sia a livello individuale che comunitario, è possibile attraverso accorgimenti efficaci.

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