Nel centrosinistra sta emergendo una politica nuova, Silvia Salis. Completa, aperta, non ghettizzata come la Schlein (che la teme) e capace di unire
Non ve la prendete se non ne sapete ancora molto, ma Silvia Salis rischia di diventare la vera stella del sistema politico ostile alla Meloni, sfondando il tetto di vetro che la affigge a suon di martellate. Madre, bionda, piacevole e forte. Olimpionica del martello, dirigente del Coni. Solare e a tratti aspra.
Già avvezza alle dinamiche dei poteri forti, introdotta nel giro dei “pensanti” della sinistra, è qualcosa di anomalo e poco praticato dalle parti del Pd, che ha sempre preferito lo stereotipo del leader accigliato e cupo. Tanto è vero che quando Renzi ne prese la guida era chiaro a tutti che non era “uno dei nostri”, come disse un leader dell’epoca per giustificare l’avversione.
La Salis viene un decennio dopo Renzi ma pare avere le stesse caratteristiche. Brillante e sindaca, propositiva e positiva. Attenta ai diritti e chiara sulle cose di base, attrae a sé come personalità prima ancora che come guida politica. E non è poco di questi tempi.
Non come l’altra Salis, Ilaria, l’eurodeputata di estrema sinistra, già imprigionata in Ungheria, che testimoniando le sue idee fa di tutto per dividere.
Salis contro Salis. Una votata al consenso nel sistema democratico e alla voglia di battere la Meloni nelle urne; l’altra convinta che il sistema vada abbattuto. Nel mezzo la terza donna della saga, Elly Schlein, che, a confronto delle due, è un “vorrei ma non posso”.
Non può fare la rivoluzionaria gruppettara sennò perde metà partito, né virare troppo al centro senza essere rinnegata da chi l’ha fatta salire alla segreteria. In questo suo equivoco tiene assieme cose diverse che però non bastano.
Vincere contro la Meloni, a patto di volerlo, significa accettare il confronto con un candidato premier che sa unire e mettere assieme pezzi di società. E una donna sarebbe l’ideale per mettere in crisi la narrazione della underdog, madre e forte, che ha conquistato una buona fetta del Paese.
E chi potrebbe prendere in mano la coalizione di centrosinistra, tra le tre? Certo non la Salis dell’occupazione di case popolari, divenuta simbolo suo malgrado ma del tutto marginale come consenso.
E fa fatica anche Elly, dopo aver perso il referendum con Landini, che ha come unico asset il rapporto con Conte ed i suoi. Un rapporto fecondo sul piano delle candidature, un po’ meno in termini di sintesi politica, viste le tante differenze con i 5 Stelle. Inoltre la Schelin non sfonda al centro. il Pd è fermo al 20%, non esce dal suo recinto e per vincere ci vuole un personalità – ecco il punto – che sappia tenere tutto assieme.
La Salis di Genova può farcela. Se non sbaglia una mossa però. Deve accettare il ruolo, scegliere i temi e dimostrare sul campo di essere in grado di gestire, quantomeno, Genova. Prima di lei già Matteo Renzi aveva fatto il salto da sindaco a premier. Dimostrando che la cosa è fattibile. E propio lui la sta corteggiando, blandendo, indicando, perché sente che la sua personalità e la sua storia possono aprire una fase nuova che metta in difficoltà la Meloni e dia al centrosinistra un’identità più moderna e credibile con l’elettorato moderato.
Poi ci sarà da scegliere i temi. Ma per quello c’è tempo. Per ora il solo fatto che lei ci sia è un primo passo. Ne servono pochi altri per prendere lo slancio e lanciare la sua carriera. Come faceva quando scagliava il suo martello. Siamo al primo giro. Aspettiamo di vedere gli altri; per ora è partita bene.
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