Cosa aspettarsi dal voto ONU di questa notte sul piano di pace USA nella Striscia di Gaza: i fattori Russia, Hamas e Israele. Tutti gli scenari
QUANDO SI TERRÀ IL VOTO CRUCIALE ALLE NAZIONI UNITE SUL PIANO DI PACE PER GAZA
Dovremo attendere in Italia fino alle ore 23 per conoscere il risultato del voto ONU sul piano di pace proposto dagli Stati Uniti di Donald Trump per il futuro della Striscia di Gaza: dalla tregua alla seconda fase dell’accordo per la smilitarizzazione di Hamas e la reggenza di un organismo internazionale per un passaggio di consegne pacifico a Gaza, con l’obiettivo finale di un territorio pienamente palestinese distinto da Israele.
Sul tavolo insomma il grande accordo siglato tra Usa, Qatar, Egitto e Turchia a Sharm el Sheik lo scorso 10 ottobre, con una risoluzione ONU presentata dagli Stati Uniti e che vedrà il voto finale del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nella tarda serata italiana tra 17 e 18 novembre 2025: il punto chiave, oltre alla più che importante tregua ancora molto fragile in corso a Gaza, è il dispiegamento di una forza internazionale sul territorio palestinese per ricostruire un’area distrutta da due anni di guerra Israele-Hamas.
I veti del Governo Netanyahu e delle forze palestinesi finora hanno rinviato il voto in sede ONU, partorito invece per le prossime ore dopo la lunga fase diplomatica messa in campo dagli inviati americani con gli alleati arabi (Al Thani, Erdogan e Al Sisi): nell’ultima versione della risoluzione, si parla di una “Forza Internazionale di Stabilizzazione” che collaborerebbe con Israele, Egitto e la polizia palestinese in modo da rendere permanente la smilitarizzazione della Striscia (via dunque sia l’IDF israeliane che la stessa Hamas).
IL FATTORE RUSSIA E LO SCONTRO CON HAMAS: LE ULTIME NOVITÀ SUL CAOS NELLA STRISCIA
A quel punto, le forze presenti a Gaza lavorerebbero per una protezione permanente di civili e la messa in sicurezza dei corridoio umanitari: si autorizzerebbe infine il Consiglio per la Pace, il vero organo di Governo transitorio presieduto dagli Stati Uniti di Trump con mandato ultimo per la fine del 2027.
Elemento però non da poco di questa ultima versione della risoluzione ONU messa a punto dagli Usa è l’accenno ad un futuro Stato della Palestina, elemento bocciato da Netanyahu ma caldamente incoraggiato dagli Stati Arabi che convergono con Trump nella possibilità di una vera ricostruzione di Gaza con le riforme urgenti richieste all’Autorità Nazionale Palestinese di Abu Mazen (su tutte, l’impedire che Hamas o altre sigle terroristiche preparino il campo a nuovi attacchi contro Israele).
Ancora ieri il Premier israeliano ha fatto sapere che non può accettare alcuna condizione per cui si crei uno Stato palestinese ad ovest del Giordano, mentre Hamas contesta nel voto ONU il passaggio in cui il contingente di pace possa dipendere anche dallo Stato Ebraico (mentre viene chiesto che risponda solo alle Nazioni Unite). Insomma restano profonde le divisioni, con in più il fattore Russia che può giocare un ruolo non da poco nel voto in Consiglio di Sicurezza: Mosca ha infatti proposto una propria bozza alternativa in cui viene adottata una soluzione in Medio Oriente per la creazione di due Stati, rimanendo scettici sul dispiegamento di forze internazionali nell’area.
Mentre intanto a Rafah almeno cento miliziani di Hamas rimangono asserragliati all’interno di un tunnel rendendo ancora più complessa la fase di cessate il fuoco presente nella Striscia di Gaza, gli Stati Uniti fanno sapere con l’ambasciatore ONU Mike Waltz che bisogna trovare unità in Consiglio di Sicurezza contro le “mine vaganti” rappresentate da Hamas e dalle forze terroristiche sostenute dall’Iran, «che minacciano la pace in Medio Oriente!. Con l’appoggio degli Stati Arabi e – forse – della Cina, l’America punta ad incassare il voto favorevole dell’ONU che potrebbe a questo punto sbloccare le trattative per la seconda e decisiva fase dell’accordo di pace siglato un mese fa. Dalle 23 di stasera in poi il “redde rationem” è in arrivo…