Questa sera su Canale 5 il film sull'omicidio di Yara Gambirasio: tutto il caso dall'inizio alla condanna di "Ignoto 1", Massimo Bossetti
Andrà in onda questa sera su Canale 5 il film di Marco Tullio Giordana – intitolato “Yara” e pubblicato nel 2021 da Netflix e Medusa Film – dedicato al famosissimo caso di Yara Gambirasio che è passato alla storia sia per l’atroce delitto commesso che ha sconvolto l’opinione pubblica italiana, sia per essere stato protagonista della più ampia e approfondita indagine genetica mai condotta nella storia italiana recente e passata.
Un film – quello di Giordana – che non è stato esente da critiche, ma prima di arrivarci vale sicuramente la pena partire dal principio per percorrere tutte le più importanti tappe di questa articolata e complessa vicenda: per farlo il primo passo non può che portarci in quel 26 novembre del 2010 in cui Yara Gambirasio – nata nel ’97 e in quel momento appena 13enne – sparì misteriosamente nel nulla dopo una visita alla palestra di ginnastica ritmica che frequentava.
L’ultima traccia certa di Yara Gambirasio risale alle ore 18:44 quando inviò un ultimo messaggio a una sua amica: in quella stessa ora il suo cellulare si agganciò alla cella telefonica del comune di Ponte San Pietro e 5 minuti dopo a quella di Mapello, a circa 3 km di distanza da Brembate di Sopra (città in cui viveva e praticava ginnastica ritmica); mentre alle 18:55 il cellulare tornò a Brembate per poi sparire – esattamente come la 13enne – nel nulla e non essere mai più ritrovato dagli inquirenti.
Le indagini sulla sparizione di Yara Gambirasio apparvero da subito complesse e articolare e inizialmente puntarono a un cantiere edile di Mapello nel quale i cani molecolari degli inquirenti si recarono per ben tre vole: nel cantiere il corpo della 13enne non fu trovato, ma al contempo si arrivò alla figura dell’operaio Mohammed Fikri che fu arrestato a causa di un errore nella traduzione di un’intercettazione e poi rilasciato e completamente scagionato.
Indagini e processi sull’omicidio di Yarag Gambirasio: dal DNA di “Ignoto 1” all’arresto di Massimo Bossetti
Bisognerà attendere fino al successivo 26 febbraio del 2011 per ritrovare il corpo – ormai ovviamente senza vita – di Yara Gambirasio, individuato da un passante in un campo di Chignola d’Isola che dista circa 10 km da Brembate: fu proprio il corpo ad aprire alla seconda fase delle indagini dato che pur in assenza di tracce chiaramente riconducibili a un individuo, permise agli inquirenti di recuperare una traccia parziale di DNA sugli slip di Yara Gambirasio; mentre da subito si capì che la 13enne non aveva subito alcuna violenza sessuale.
Le analisi sul DNA non diedero inizialmente alcuna corrispondenza con i database degli inquirenti e fu in quel momento che la procura decise di sottoporre al test più di 25mila persone che vivevano a Mapello, Brembate e Chignola: dai frequentatori di una discoteca che si trovava nei pressi del luogo del ritrovamento del corpo di Yara Gambirasio si arrivò alla figura di Giuseppe Guerinoni, morto nel 1999 e ritento il padre di “Ignoto 1“.
Dal conto suo Guerinoni – che ovviamente nulla poteva c’entrare con l’omicidio di Yara Gambirasio – non risultava avere figli dichiarati e fu grazie a una soffiata da parte di un suo collega che si scoprì che in passato aveva avuto una relazione con la donna sposata Ester Arzuffi: quest’ultima si scoprì essere la madre di “Ignoto 1” grazie alle corrispondenze genetiche e con un scusa si prelevò il DNA di Massimo Bossetti, unico figlio di Arzuffi a vivere nell’area di Brembate.

La corrispondenza fu precisa e millimetrica e nel frattempo si scoprì anche che Bossetti aveva effettuato una sorta di “pattugliamento” dell’area esterna della palestra frequentata da Yara Gambirasio con il suo furgone, così come l’analisi del suo cellulare appurò che i suoi movimenti erano compatibili con quelli del cellulare della 13enne il giorno della scomparsa: i processi di sono celebrati tra il 2015 e il 2018 e hanno portato a una piena condanna all’ergastolo per Massimo Bossetti, attualmente detenuto a Bollate.
Le differenze tra il film di Marco Tullio Giordana e l’omicidio di Yara Gambirasio: celle telefoniche, ricerche pedopornografiche e sferette metalliche
Secondo gli inquirenti il movente dell’omicidio di Yara Gambirasio era da ascrivere a una tentata violenza sessuale (che, come dicevamo prima, non fu completata) e Massimo Bossetti dal conto suo si è sempre professato del tutto innocente: il punto maggiormente criticato dai suoi difensori è relativo all’analisi del DNA che sarebbe stata effettuata al di fuori del necessario contraddittorio tra le parti; punto che gli inquirenti hanno sempre ribadito essere legato al fatto che al momento del test il muratore bergamasco non era effettivamente indagato.
La vicenda di Yara Gambirasio resta una delle più controverse della cronaca nera italiana e solo recentemente l’indagato è riuscito a ottenere – dopo anni di richieste mai andate a buon fine – l’accesso ai reperti e alle analisi irripetibili effettuate sul DNA di “Ignoto 1”: è proprio qui che si inserisce la principale critica rivolta al film di Giordana, accusato di aver eliminato completamente l’elemento del dubbio a favore di una ricostruzione precisa delle responsabilità di Bossetti.
Dopo la pubblicazione della pellicola, in particolare, i legali del condannato per l’omicidio di Yara Gambirasio hanno posto l’accento su alcuni elementi a loro avviso falsamente ricostruiti: in primo luogo critica sarebbe l’aspetto degli spostamenti di Bossetti la notte dell’omicidio, con le celle agganciata “un’ora prima che Yara sparisse”; mentre sarebbero – sempre a loro avviso – anche false la ricostruzione delle ricerche pedopornografiche effettuate dal muratore e la presenza di sferette metalliche nel furgone di Bossetti e su Yara Gambirasio, incompatibili in quanto le prime d’acciaio e le seconde di ferro.
