Yara Gambirasio, chiuso processo su video furgone di Massimo Bossetti: ex Ris Lago deve restituire 35mila euro, perché non fu diffamazione definirlo "fake"
Il video sul furgone di Massimo Bossetti, diffuso nel corso delle indagini sull’omicidio di Yara Gambirasio, è finito al centro di un processo civile che si è chiuso con una sentenza che ha ribaltato la decisione di primo grado del tribunale di Parma.
Il filmato, realizzato dal Ris di Parma, non fu acquisito nel processo penale che ha portato alla condanna all’ergastolo, ma ha dato vita a diverse iniziative legali. L’allora ufficiale dei Ris Giampietro Lago querelò 18 giornalisti per diffamazione, in quanto avevano giudicato il video un “falso”.
In sede penale, il gip del tribunale di Milano ha archiviato tutte le denunce, ma restava in piedi la causa civile contro Oggi, una vicenda che si è chiusa recentemente con la decisione della Corte d’Appello di Bologna, i cui giudici hanno ribaltato la sentenza che quattro anni fa aveva condannato il settimanale al risarcimento di Lago con 35mila euro.
“VIDEO FAKE? NON FU DIFFAMAZIONE”
La linea difensiva, come ricostruito da Bergamonews, è stata accolta dai giudici d’appello. L’articolo rientrava nel pieno esercizio del diritto di cronaca e critica, quindi non c’era alcuna diffamazione nel ritenerlo falso, non trattandosi di un’unica ripresa, ma di un montaggio di più immagini.
Di conseguenza, Lago è tenuto non solo a rinunciare a ogni risarcimento, ma a dover restituire la somma percepita. La sentenza richiama anche quanto stabilito dal tribunale di Milano per quanto riguarda una decisione simile su un altro giornale, Libero: le osservazioni dei media nei confronti di quel filmato non avevano alcun carattere diffamatorio, ma erano un atto di critica giornalistica legittimo.
OMICIDIO YARA GAMBIRASIO, LO SCONTRO SUL VIDEO DEL FURGONE
Nel video si vedeva il furgone di Massimo Bossetti che girava intorno alla palestra frequentata da Yara Gambirasio per ore, prima del sequestro e dell’omicidio, in orari compatibili con la scomparsa. Dieci anni fa emerse che non era stato specificato che era un collage di immagini del furgone che era stato diffuso per fini comunicativi, quindi era un montaggio.
Le critiche furono dure e aspre, spingendo l’ex comandante a querelare i giornalisti e a chiedere anche risarcimenti alle testate in sede civile. La sentenza d’appello ha stabilito che quel filmato era criticabile dalla stampa.