L'Europa tra riarmo, guerre e "volenterosi": l'analisi di Zagrebelsky contro il bellicismo dell'UE, “è meglio una pace ingiusta di una distruzione totale”
IL SENSO DI ZAGREBELSKY PER UNA PACE “INGIUSTA” IN UCRAINA
Aveva creato non poco scandalo una recente intervista di Gustavo Zagrebelsky dove in sostanza sottolineava la necessità di una pace anche “ingiusta” in Ucraina, al posto di una “morte giusta” per migliaia di innocenti: nella chiacchierata avuta ieri con il quotidiano “La Stampa” il professore, costituzionalista ed editorialista ha provato a chiarire meglio la sua posizione, che si unisce al coro di tanti intellettuali che in questi mesi convulsi di guerre, programmi di riarmo e diplomazie “impazzite” provano a far presente l’urgenza di trovare una vera pace in quel Vecchio Continente che per 80 anni è riuscito ad eliminarla quasi completamente.
Zagrebelsky spiega da un lato il fraintendimento avvenuto sulle sue parole, dall’altro ribadisce la necessità che i consessi internazionali inizino seriamente a considerare tutte le opzioni per evitare catastrofi mondiali (e nucleari): rispetto allo scenario di una guerra oggi in grado davvero distruggere l’umanità, «credo che chiunque non folle sceglierebbe una pace ingiusta», piuttosto che una guerra “giusta” ma che rischi di portare alla catastrofe e «distruzione totale».
IL RIARMO, IL FUTURO DELL’EUROPA E LE SOLUZIONI POCO CREDIBILI
Non è un caso che qui in Italia – ma è così anche all’estero – oltre il 90% degli elettori cittadini si dice del tutto contrario all’invio di truppe in Ucraina: non tanto per la scarsa solidarietà con Kiev, invasa tre anni fa dalla Russia di Putin, ma perché l’eventualità della guerra sul campo dopo quasi un secolo è materia del tutto esclusa da chiunque.
Parlare di guerra sacrosanta e giusta, di “pace attraverso la forza”, come ribadiscono a Bruxelles in queste settimane, è qualcosa che divide profondamente i popoli, attoniti davanti alla mancanza di senso di pace vera: davvero oggi per una guerra che possiamo considerare come “giusta”, ci sarebbe rischiare vita e libertà con il riarmo e le azioni militari come unica ragione possibile? Secondo Zagrebelsky le posizioni espresse dall’Europa sono ben lontano da ogni tipo di alternativa al prepararsi a combattere, e questo fa paura e intimorisce tutti, dall’uomo della strada al grande intellettuale.
Una coalizione di “volenterosi”, come quella voluta da Francia, Germania e Regno Unito, sembra davvero «molto poco credibile», specie perché ognuno tra Macron, Merz e Starmer vorrebbe a quel punto avere l’egemonia di controllare gli eserciti e le difese comuni. Ebbene, secondo l’ex Presidente della Corte Costituzionale, ad aumentare il timore e il senso di fragilità vi è la spinta del “bazooka” tedesco sul piano in extra deficit da mezzo miliardo di euro per finanziare il riarmo: «mi fanno paura», ammette, in quanto «non sappiamo dove andremo a finire. La storica rivalità con la Francia potrebbe risorgere».
UN APPELLO ALL’EUROPA (E UNA PROVOCAZIONE)
Secondo il professore oggi sembra essere saltato tutto, il senso di pace e pure il diritto internazionale tra le grandi potenze e pure con le “piccole” che agitano le politiche di riarmo. Un’analisi complessa, lucida, anche forte in alcune posizioni e che rende la voce di Zagrebelsky oggi – assieme a quella di tanti altri pensatori, di destra e di sinistra – un monito all’Europa di quei leader che dovranno decidere le sorti del Vecchio Continente in un mondo sempre più a rischio catastrofe generale.
Resta un punto che sommessamente facciamo notare: dove erano tutte queste voci in questi anni in cui i valori dell’europeismo più “vuoto” e lontano dai capisaldi dei padri fondatori (radici cristiano-giudaiche, razionalismo illuminista, solidarietà e pace) andavano costruendo l’UE di oggi? Quella stessa Europa incapace di trovare un accordo e un punto di vista comunitario e con imposizioni “dottrinali” su tematiche controverse come il green, il multiculturalismo e la libertà di espressione? Ebbene, chi si sperticava per esaltare le Commissioni UE di Juncker prima e Von der Leyen poi, e oggi (giustamente) ne critica il risultato finale, un minimo di esame di coscienza politica e culturale potrebbe anche farsela.