PRESADIRETTA/ Riccardo Iacona intervista Filippo Bubbico, Viceministro dell’Interno. Puntata 20 gennaio 2014

- La Redazione

Il terzo appuntamento di Presadiretta, in onda lunedì 20 gennaio alle 21.05 su Rai Tre, è dedicato ai testimoni di giustizia e si può seguire anche in streaming

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La terza puntata di Presa diretta affronta un problema particolarmente delicato, ovvero la situazione in cui perversano i testimoni di giustizia, personalità cruciali che hanno permesso l’arresto di centinaia di mafiosi. La puntata si apre con le immagini che 26 anni fa hanno cambiato il corso della storia: il Maxiprocesso di Palermo, fortemente voluto dai magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, cominciato il 10 febbraio del 1986 e terminato il 30 gennaio del 1992 per crimini di mafia. Cosa Nostra era infatti colpevole di 120 omicidi, traffico di droga ed estorsione. Il processo è servito per ricostruire in modo certo ed organico la natura di quest’organizzazione criminale. Falcone era consapevole che senza i pentiti ed i testimoni la battaglia contro la mafia non poteva poteva proprio cominciare, e che una mancata tutela e protezione di queste persone avrebbe minato la credibilità dello Stato. Una legge di 22 anni fa prevedeva che lo Stato italiano dovesse proteggere i collaboratori di giustizia, ma vediamo se lo Stato ha mantenuto la promessa.La prima storia che viene affrontata è la morte del testimone di giustizia Lea Garofalo, vittima della ‘Ndrangheta, uccisa proprio da suo marito Carlo Cosco nel novembre del 2009, dopo che lei lo aveva denunciato. La vita di Lea è un racconto di una vita passata a combattere la mafia e la noncuranza dello Stato. Ammessa nel 2002 al programma di sorveglianza speciale, verrà poi estromessa perché le notizie che aveva fornito non erano significative, per essere poi riammessa nel 2007, ma due anni più tardi deciderà di sua spontanea volontà di uscire dal programma di sorveglianza speciale e di badare da sola a sua figlia, unica ragione di vita, e farà ritorno al suo paese natio, Petilia Policastro in Calabria, a casa di sua sorella dove vivrà gli ultimi giorni prima di essere stata brutalmente uccisa, torturata, strangolata con un laccio e bruciata per far sparire ogni traccia, dallo stesso marito e alcuni complici. Ora la figlia Denise vive blindata sotto falso nome e non ha potuto nemmeno partecipare al funerale di sua madre. Lo Stato che avrebbe dovuto offrire protezione fino a cessato pericolo e assistenza economica in realtà non lo ha fatto, e Lea Garofalo è soltanto un primo esempio di testimone di giustizia che non è stato tutelato a dovere da chi aveva l’obbligo morale di difenderla.

Padre Pino Puglisi è stato invece ucciso da Cosa Nostra, precisamente da Salvatore Grigoli, perché si era impegnato nell’educazione dei più giovani per sottrarli alla malavita organizzata e dare loro la possibilità di condurre una vita nella legalità. Testimone chiave dell’esecuzione è Giuseppe Carini, il quale vive da ormai ventanni sotto il programma di protezione. La sua vita ora non ha alcun senso, passa le giornate a rimuginare sulle scelte fatte, non può lavorare perché i suoi documenti non possono essere soggetti a controlli, e quando decide di recarsi a Bergamo per un incontro in una libreria dove parlare della vita di padre Pino Puglisi, lo Stato non gli concede neanche la scorta dicendo che se ne occuperanno la prefettura e la questura di Bergamo ma in realtà nessuno sarà lì ad accoglierlo e soprattutto a proteggerlo. Pino Masciari era il sesto imprenditore della Calabria fino a quando la ‘Ndrangheta non si è sostituita allo Stato e gli ha chiesto un corrispettivo del 3% sul guadagno. Da quando l’impenditore ha deciso di denunciare questa situazione, lui e la sua famiglia vivono una vita di stenti e non sono debitamente protetti da chi aveva assicurato loro protezione e sicurezza economica. L’imprenditore siciliano Ignazio Cutrò dopo la denuncia ai suo estorsori è stato affidato ad un programma di protezione ma nel frattempo ha perso tutto, non ha più ricevuto le commesse e non percepisce nulla al mese. Lui e la sua famiglia dovrebbero essere controllati da un impianto di sorveglianza collegato 24 ore su 24 con i carabinieri, ma in realtà l’impianto è molto precario e nonostante scatti l’allarme i carabinieri non si assicurano della situazione, lasciando così l’imprenditore e la sua famiglia in balia degli aguzzini.

Reggio Calabria, l’imprenditore Tiberio Bentivoglio che ha denunciato il racket della ‘Ndrangheta, oggi ha tanta rabbia e delusione, e non riesce a trattenere le lacrime. Si sentiva un uomo forte, certo di aver fatto la scelta giusta, ma oggi teme di più lo Stato perché con la sua pesante burocrazia lo sta uccidendo. La storia di Gianfranco Franciosi è molto particolare. Proprietario di un cantiere, era un meccanico di alta precisione, ed un giorno un napoletano ed uno spagnolo si recarono nel suo cantiere a Genova per commissionarli un particolare gommone che potesse trasportare della droga in completa sicurezza. Subito Gianfranco informa la questura di Genova che gli propone di fare da infiltrato, così parte anche anche lui per Barcellona su di un gommone pieno di microspie. L’infiltrato e il narcotrafficante mentre erano in viaggio vengono fermati dalla polizia francese, e dopo un processo per direttissima ed una reclusione di sette mesi, Gianfranco è potuto tornare dalla sua famiglia. Una volta tornato ha continuato a fare l’infiltrato per la polizia italiana come agente interposto, mettendo in pericolo di vita la sua famiglia e senza una reale copertura da parte dello Stato. Da un po’ di tempo Gianfranco ha lasciato il programma di protezione e cerca di badare da solo alla sua famiglia, visto che, ancora una volta, gli aiuti offerti non erano in grado di mettere in sicurezza lui e chi gli stava intorno.Caloggero, un sessantenne siciliano, uno dei testimoni di giustizia più anziani, avrebbe bisogno di un supporto psicologico ma lo Stato lo ha completamente abbandonato e dal 1997 lavoricchia a nero per potersi sostenere.

Iacona ha intervistato Filippo Bubbico, l’attuale Viceministro dell’Interno, per porgli alcune domande su questi fallimentari servizi di protezione. Il Viceministro ha ammesso la criticità del sistema e ha aggiunto che è necessario mettere a punto il sistema con una grande operazione di verità. Chi denuncia non può essere visto come un numero o un rompiscatole, servono competenze, non basta l’approccio di polizia.Salvatore Barbagallo aveva un’impresa di trivellazione, oggi ha perso tutto. L’aver denunciato la ‘Ndrangheta è stato come mettersi contro un muro di cemento armato. La ‘Ndrangheta ha ormai in mano il tessuto economico, il mercato è completamente gestito da quest’entità e le attività commerciali di chi denuncia inevitabilmente falliscono. Nel comune calabrase di Taurianova la ‘Ndrangheta ha occupato non solo l’economia ma anche la politica. Domenico Romeo è stato infatti rieletto nel 2011 dopo lo scioglimento nel 2009 per infiltrazione mafiosa per poi essere stato un’altra volta commissariato dallo Stato per le stesse motivazioni. In diretta da Cosenza, Elena Stramentinoli, fornisce gli ultimi aggiornamenti sul caso che pochi giorni fa ha sconvolto l’intero Paese. Ancora una volta parliamo di ‘Ndrangheta e questa volta a pagare un conto molto salato sono stati un uomo, la sua compagna ed un bambino di soli tre anni. Giuseppe Iannicelli era un sorvegliato speciale al quale era stato stato affidato il suo piccolo nipotino visto che la madre è in carcere per motivi di droga. I corpi sono stati ritrovati carbonizzati in un auto che molto probabilmente è bruciata per 15 ore consecutive. Il movente del delitto sarebbe stato un mancato pagamento di una partita di droga.

Ancora una volta Riccardo Iacona presenterà una puntata di Presadiretta che farà discutere, dato che si parlerà dei testimoni e dei collaboratori di giustizia, che spesso hanno perso tutto, persino la vita. Le storie che verranno raccontate non saranno quindi tutte a lieto fine. Ricordiamo che la puntata si puà seguire anche in diretta streaming cliccando qui.

Questa sera, lunedì 20 gennaio, alle 21.05 su Rai Tre va in onda il terzo appuntamento di Presadiretta dal titolo Testimoni di giustizia, uninchiesta particolarmente delicata, in cui gli inviati del programma di Riccardo Iacona sono andati a conoscere i tanti testimoni di giustizia che con le loro denunce hanno contribuito a fare arrestare centinaia e centinaia di mafiosi. Marisa Garofalo ricorderà gli ultimi anni di vita della sorella Lea Garofalo, moglie del boss della ndrangheta Carlo Cosco. Lo Stato ha fatto in modo che arrivasse prima la ndrangheta. Mia sorella si poteva salvare, se lo Stato avesse fatto il proprio dovere, ha detto Marisa commentando la tragica morte della sorella uccisa dal marito. Verranno raccontate anche le storie dei testimoni di giustizia che, da quando sono entrati nel programma di protezione, hanno perso tutto: casa, lavoro, città, senza avere in cambio la possibilità di una vita diversa. Come Carmelina Prisco o Pino Masciari. Io dico a questo punto preferisco farmi ammazzare, dico che se mi sparano mi fanno un piacere, tanto ormai la vita non ha più senso. Se mi ammazzano mi fanno un piacere. Io voglio morire, non ce la faccio più perché io non ho futuro, non ho aspettative, ha confessato Carmelina Prisco nell’intervista a Federico Ruffo. Ci sono anche le storie di chi ha rinunciato alla propria identità, come Piera Aiello o Giuseppe Carini, che oggi vivono con nomi diversi. Verranno mostrate le difficili esistenze dei testimoni di giustizia che ancora vivono, sotto scorta, nei loro luoghi di origine, come Ignazio Cutrò. Nessuno capisce che siamo dei morti che camminano! Fanno prima a spararci un colpo dietro la nuca, almeno smettiamo di soffrire. Tanto non siamo tanti noi testimoni, siamo 80!, ha detto amaramente l’imprenditore di Bivona.







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