L’INTERVISTA/ Tauran: ho visto rinascere il dialogo tra cristiani e musulmani

- int. Jean Louis Tauran

“I cristiani in Iran sono stati piantati da Dio in quella terra e là devono fiorire”. Parla il Card. JEAN-LUIS TAURAN, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso 

tauran_ppianoR400 Jean-Luis Tauran (Imagoeconomica)

“I cristiani in Iran sono stati piantati da Dio in quella terra e là devono fiorire. Sono una minoranza, ma una minoranza che conta. Vivere in uno stato di minoranza per un cristiano è una grazia”. Questo il punto di partenza positivo del cardinale Jean Louis Tauran, che, in questa intervista con ilsussidiario.net, intravede aperture e possibilità d’incontro con i musulmani in Iran, a partire dalla prestigiosa tradizione intellettuale di questo popolo.

Quali sono stati i principali risultati del settimo Dialogo interreligioso tenutosi a Teheran?

Direi, prima di tutto, che abbiamo incontrato un’atmosfera di grande cordialità, la volontà di giungere a una collaborazione su punti concreti, soprattutto per quanto riguarda una cooperazione accademica con le diverse Università della città di Qom.

Quali sono le aspettative del Papa per quanto riguarda la libertà religiosa in Iran?

Il Papa ovviamente desidera che i cristiani che vivono in Iran possano godere della libertà di religione nel senso più ampio del termine: andare oltre la libertà di culto per partecipare al dialogo pubblico della società iraniana. Esiste una comunità cattolica locale per la quale il papa si preoccupa.

La Chiesa si è più volte soffermata sul ruolo della religione nella vita pubblica. Quale ritiene che debba essere il corretto ruolo della religione nella società iraniana?

Su questo punto cristiani e musulmani partono da un punto di vista diverso: per noi c’è distinzione tra campo politico e religioso, mentre per i nostri amici musulmani tale distinzione non esiste. Noi facciamo più affidamento alla persona, alla sua coscienza, mentre i musulmani privilegiano la comunità.

La fede dei cristiani in Iran può essere definita eroica? Sotto quali punti di vista?

 

I cristiani in Iran sono stati piantati da Dio in quella terra e là devono fiorire. Sono una minoranza, ma una minoranza che conta. Vivere in uno stato di minoranza per un cristiano è sempre un appello alla coerenza, in un certo senso è una grazia.

Da parte di alcune delle personalità iraniane da lei incontrate, ha trovato delle aperture significative?

L’Iran ha una lunga e prestigiosa tradizione intellettuale, penso in particolare alla filosofia. Ho incontrato la volontà dei miei interlocutori di dare vita a una cooperazione a livello accademico: scambi di professori per esempio.

In un momento difficile per i cristiani del Medio Oriente, che cosa possono fare gli esponenti sciiti da lei incontrati per migliorare la situazione?

A questo proposito ricorderò la presenza di un rappresentante sciita, proveniente proprio dall’Iran, al recente Sinodo per il Medio Oriente. Lui, come le altre personalità che ho incontrato, hanno condannato i barbari atti che ovviamente nessuna religione e nessun capo religioso possono giustificare.

Qual è l’impegno del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso per proteggere i cristiani in Iraq?

 

Non manca mai di allertare l’opinione pubblica mondiale. Il Papa usa lo strumento della diplomazia. Si serve anche del PCID, e non perde occasione nei suoi discorsi per menzionare la pericolosità del procrastinare la soluzione del conflitto israelo-palestinese che, come Lei sa, definisco personalmente come “la madre di tutte le crisi”.

Qual è la posizione del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso per quanto riguarda la vicenda di Asia Bibi?

Lasciamo ai Vescovi locali la responsabilità di risolvere questi problemi con un dialogo permanente e fiducioso con le autorità civili. Per quanto ci riguarda, esortiamo gli uni e gli altri a seguire quanto è disposto dal diritto internazionale e sancito nelle diverse Convenzioni sui diritti umani.

In conclusione definirei positiva la visita, dato che c’è la volontà non solo di continuare ma di progredire e di essere sempre più concreti seguendo, in particolare, gli insegnamenti di Papa Benedetto XVI.
Vorrei ricordare anche una frase del messaggio dei Padri sinodali, che può essere come una road map: “Il ricorso alla religione deve portare ogni persona a vedere il volto di Dio nell’altro e a trattarlo secondo gli attributi di Dio e i suoi comandamenti, vale a dire secondo la bontà di Dio, la sua giustizia, la sua misericordia e il suo amore per noi”.

(Pietro Vernizzi)





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