ATTENTATO A BEIRUT/ Il Vescovo di Batroun: non cancella l’amicizia tra cristiani e musulmani

- int. Mounir Khairallah

Nel cuore del quartiere cristiano di Beirut, il più grave attentato dal 2008. Il terrorismo torna in Libano, ma la convivenza è possibile, dice il vescovo maronita MOUNIR KHAIRALLAH

Libano_phixr Foto InfoPhoto

Libano, attentato a Beirut. Otto morti, tra cui il il generale Wissam al Hasan, capo del servizio informazione della polizia libanese, e un’ottantina di feriti. È il bilancio della violenta esplosione che a Beirut ha colpito, nel primo pomeriggio, il quartiere cristiano. Numerosi i veicoli in fiamme, come pure uno dei due edifici residenziali andati semidistrutti. È l’attentato più grave nella capitale libanese dal 2008 e, secondo gli organi di informazione panarabi, potrebbe essere collegato al vicino conflitto siriano. Piazza Sassine, il luogo dell’attentato, è la zona simbolo delle celebrazioni cristiane e il quartiere ospita anche l’Università americana. “Non sappiamo, ad ora, i reali motivi dell’attentato. Non parliamo di motivazioni politiche”, afferma Mounir Khairallah, vescovo maronita di Batroun, una delle più antiche città libanesi, intervistato da il sussidiario. “Il punto importante è che il terrorismo ritorna in Libano e, purtroppo, non avremmo mai voluto che accadesse”.

Solo poche settimane fa, Papa Benedetto XVI, in visita nel paese, aveva proposto il Libano come modello di convivenza…
Il Pontefice è venuto da noi come messaggero e ha invitato tutti i cristiani del Medio Oriente, in particolare  i libanesi, a costruire insieme la pace e ha detto una frase bellissima: “Se è possibile vivere insieme in Libano, significa che è possibile ovunque”. Il nostro passato è travagliato ed è stato costruito giorno dopo giorno lasciando alle spalle guerre, persecuzioni, occupazioni. Noi, come ha sottolineato il Papa, usciamo dal nostro passato con una lezione: vivere insieme è possibile. La convivialità fra cristiani, musulmani ed ebrei è realizzabile. Il viaggio del Pontefice in Libano ci ha infuso grande speranza.

Nonostante un vivere quotidiano non sempre tollerabile?
Noi crediamo nella convivenza, nonostante tutto. Sappiamo che, soprattutto negli ultimi anni di pace in Libano, il male cerca sempre di accendere il fuoco. La scintilla, però, non si scatena perché i libanesi rifiutano la guerra. Noi lottiamo ogni giorno perché non si fomentino i conflitti. Nemmeno l’attentato di oggi, che condanniamo con ogni mezzo, accenderà la guerra nel paese. Noi condanniamo qualsiasi tipo di conflitto e la violenza intorno a noi e nel Medio Oriente.

In molti, in Occidente, giudicano violenti i musulmani…

Musulmani e cristiani, allo stesso modo e con la stessa intensità, condannano il terrorismo ovunque venga praticato. Quando accadono fatti violenti, come quello che oggi ha sconvolto Beirut, non occorre dare un’etichetta e dire “Sono fanatici musulmani” o altre frasi simili. Il terrorismo è sempre da condannare e non dobbiamo legarlo ad una confessione o ad una religione. Tutte le nostre Fedi condannano, allo stesso modo e ovunque, la violenza e il terrorismo.

Il Libano è un modello per gli altri Paesi mediorientali?
Lo è, e il Pontefice ne ha dato conferma. La storia l’ha dimostrato. È un modello per il modo in cui viviamo l’uno a fianco all’altro: è un mosaico dove confessioni, comunità, religioni e culture diverse convivono. Nonostante tutto ciò che accade intorno a noi, continuiamo a portare avanti e rendere vivo questo esempio.

Lei è Vescovo di Batroum, una delle più antiche città del Paese: come vive la comunità cristiana in Libano?
I crisitani vivono bene, come del resto vivono bene i musulmani, e a forza di stare insieme nei secoli, si conoscono, si riconoscono e si rispettano a vicenda. Certo, abbiamo dei problemi, ma come in ogni altra parte del mondo: anche in Italia esistono molti problemi ma questo non significa che non sia un Paese democratico. La guerra in Libano è durata più di 35 anni e quando ne siamo usciti abbiamo ammesso, insieme, che la responsabilità è stata sia dei cristiani che dei musulmani. Portiamo la speranza del domani. Noi siamo un popolo che è capace di costruire la pace nel quotidiano e poi nella società: come ha detto Benedetto XVI, “siamo tutti figli dello stesso Dio” che riunisce tutti nel suo amore, nel rispetto delle nostre diversità e uniti nei valori comuni alle nostre culture.

Lei, in questi giorni, è in visita a Milano. Come ha trovato la città?
Conosco Milano da 37 anni e amo molto questa città che, come tutte, oggi soffre una crisi economica e sociale. Milano, però, è speciale perché ha un messaggio da portare al mondo di apertura, tolleranza e accoglienza di tutte le diversità possibili: tanti popoli vengono a vivere in questa città per trovare la pace e il rispetto dei loro diritti. 

(Federica Ghizzardi





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