ELEZIONI CATALOGNA/ La secessione impossibile mette nei guai Rajoy

- Fernando De Haro

Il risultato delle elezioni in Catalogna premia l'indipendentismo. La vittoria di Puigdemont complica la vita al Governo di Madrid, spiega FERNANDO DE HARO

rajoy_mariano_lapresse Caos in Spagna, mozione sfiducia contro Rajoy (LaPresse)

In Catalogna ha vinto l’indipendentismo. Non un indipendentismo qualsiasi, ma il più radicale. Quello di Carles Puigdemont, l’ex presidente della Generalitat che è fuggito dalla giustizia a Bruxelles. Lo scenario sarà molto complicato, perché il supporto sociale al secessionismo unilaterale rimane intatto. L’indipendentismo ha vinto perché ha una maggioranza assoluta. Ciò che conta è la somma tra i diversi partiti. Il più votato è stato però Ciudadanos: per la prima volta ottiene più preferenze e più seggi una forza chiaramente anti-nazionalista. Gli altri partiti costituzionalisti, contrari alla secessione, aggiungono altri voti. Ma questo conta poco. La Catalogna è ancora divisa a metà e la legge elettorale favorisce il separatismo nei seggi. È il premio al voto rurale.

L’indipendentismo ha perso meno di un punto percentuale nei voti e solo due deputati rispetto alle elezioni del 2015. La lettura è facile: la bolla ideologica non scoppia. Non si è tornati, come dicono alcuni, alla casella iniziale. Due anni fa l’indipendentismo aveva ancora un progetto inedito da offrire. In queste elezioni il prodotto elettorale del secessionismo era, in linea di principio, sinonimo di frustrazione: respinto dall’Unione europea, dal resto della comunità internazionale, associato alla fuga delle imprese, all’impoverimento. Ma questo prodotto, nonostante fosse screditato dalla realtà, è stato sostenuto dalle stesse persone che lo hanno supportato 24 mesi fa. Non si è consumato. Il risultato, infatti, è molto simile a quello visto in tutte le elezioni in Catalogna da quindici anni. È chiaro quindi che metà della Catalogna non crede di essere in un cul de sac e con questo bisognerà fare i conti.

Ora la cosa normale che dovrebbe accadere è che, dopo la vittoria, l’indipendentismo cominci dei negoziati in posizione di forza. Questo se stessimo parlando di politica. L’indipendenza unilaterale resta impossibile, ma, nonostante tutto quello che è successo, l’indipendentismo potrebbe ottenere diversi concessioni: fiscalità, federalismo asimmetrico, riforma costituzionale, ecc. Ma non abbiamo a che fare con la politica, ma con l’ideologia. Se l’Erc fosse stata la forza secessionista più votata, si potrebbe ancora parlare di un possibile compromesso. Ma essendo la lista di Puigdemont quella più votata, le cose sono molto più complicate. Perché Puidgdemont incarna l’utopia, il rifiuto di accettare la realtà, la sfida alla giustizia e allo stato di diritto senza alcun tipo di compromesso. Avendo avuto più voti di Erc, chiederà di essere eletto Presidente. E il governo avrà poco spazio di manovra. Perché tornerà in Spagna e i giudici ordineranno il suo arresto. La prima cosa che Puigdemont ha detto la scorsa notte è che lo Stato è stato sconfitto.

Sapevamo che la sospensione del governo autonomo non era sufficiente. Che non bastava un intervento del governo, né l’applicazione della legge. Ora è diventato straordinariamente evidente che è necessario qualcosa di più per sbloccare la situazione. Dopo questo risultato, il governo di Rajoy avrà meno sostegno dall’Europa ed è destinato a trovare soluzioni fantasiose, riconoscendo la propria debolezza. Per il bene della società catalana, così che il muro tra i catalani crolli.





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