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Home » Economia e Finanza » SCENARIO/ Sapelli: dietro la Grecia una “fabbrica della menzogna”

  • Economia e Finanza

SCENARIO/ Sapelli: dietro la Grecia una “fabbrica della menzogna”

Int. Giulio Sapelli
Pubblicato 19 Giugno 2012
Grecia_Bandiere_FollaR439

Infophoto

Le elezioni greche sono state vissute come decisive per i destini dell’Europa. Tuttavia, spiega GIULIO SAPELLI, sono state nascoste alcune importanti informazioni

Sono quasi trionfalistici i titoli dei grandi giornali italiani dopo il voto greco, da “L’Europa respira” al “Resteremo nell’euro” e via cantando, con una “disinformatia” classica irritante, noiosa, oppure con un’ignoranza, una negazione della realtà che mette i brividi anche di fronte alla prima ondata di caldo estivo. Ma nonostante la “disinformatia”, voluta o involontaria, i mercati dimostrano di essere più intelligenti e meno sensibili alle lusinghe delle “maxiballe” disinformatrici e alla “sparate in prima pagina”. La chiusura delle Borse di Milano e Madrid sfiorano il -3%, mentre lo spread tra Btp e Bund si riavvicina ai 470 punti base. Per capire meglio la situazione, abbiamo chiesto un commento a Giulio Sapelli, Docente di Storia economica all’Università di Milano.


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Professore, ma alla fine a che cosa è servito questo voto così drammatizzato o enfatizzato?

Non è cambiato nulla. Domenica notte mi sono divertito a vedere le televisioni americane e ho ascoltato i leader di Nuova democrazia e del Pasok, il vecchio partito socialista, che parlano con toni simili a quelli del giovane Alexis Tsipras, il trentasettenne leader di Siryza, che, al contrario di quello che si riportava sui nostri media, non chiedeva affatto l’uscita dell’euro. Quella la chiedevano i neonazisti e i comunisti.


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Qui sembrava che il voto fosse una sorta di referendum pro o contro l’euro.

Ma non è così. Tsipras chiedeva una moratoria del debito e voleva salvare il posto di lavoro a 650mila persone, accettando una riduzione degli stipendi del 30%. Ma soprattutto chiedeva una cosa che nessuno dei giornali italiani e di altri paesi europei ha riportato. E questo è un aspetto inquietante.

Di che cosa si tratta?

Tsipras chiedeva la riforma della Costituzione greca in un punto cruciale, che fu introdotto dal regime militare nel 1967: la detassazione dei profitti degli armatori e dell’industria degli armamenti. Questo è il vero nodo della questione, su cui naturalmente ci sono state delle incredibili “dimenticanze” da parte di reporter, inviati, editorialisti e via dicendo.


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Alla fine Tsipras ha però “contagiato” la stessa linea politica dei partiti che dovrebbero formare il governo “europeista”.

Mi ha stupito una dichiarazione dello “spin doctor” di Samaras, che parlava di “viva l’Europa dei popoli” e “abbasso l’Europa delle banche”. In tutti i casi, io penso che un governo politico di coalizione non si riuscirà a fare.

Per quale ragione?

Una maggioranza tra Nuova Democrazia e Pasok, il partito conservatore e quello socialista, è problematica per la storia di questi due partiti. Sono partiti “familistici”, sono partiti che discendono dalle dinastie dei Karamanlis e da quella dei Papandreou. Ci sono troppi problemi da superare. Alla fine, credo che si inventeranno una soluzione tecnica, una soluzione alla Monti, tanto per intenderci, con l’appoggio dei due partiti e anche di Tsipras. In realtà, la stragrande maggioranza dei greci e dei partiti non voleva mettere in discussione l’euro, ma arrivare a una rinegoziazione dei patti. E questo i mercati lo sapevano benissimo. Il rapporto tra Grecia e Germania è storico e un’uscita della Grecia dall’euro porterebbe non pochi problemi.


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Insomma, dietro a queste elezioni si è messa in atto una vera “disinformatia”, come si leggeva, un tempo, sulla mitica “Pravda”.

 

Chiamiamola con termini più attuali. Si è proprio costruita un’autentica “fabbrica della menzogna”, che certamente non ha confuso i mercati che conoscono meglio la situazione.

 

A questo punto resta il problema greco, con tutta la sua gravità.

 

Altroché. Bisognerebbe vedere Atene in questi giorni, sembra la capitale di un Paese in guerra. Io credo che sia già all’opera la diplomazia internazionale, soprattutto quella americana perché la Grecia, sebbene rappresenti solo il 2% del Pil europeo, ha una funzione strategica. Gli americani in realtà vogliono che la Grecia stia nell’euro, ma soprattutto che non si trasformi in una sorta di “Sinai” dei Balcani, che alla fine preoccuperebbe anche la Turchia. C’è poi un’ulteriore apprensione dettata dal fatto che una Grecia allo sbando potrebbe diventare una piattaforma operativa delle mafie internazionali. Tutto questo, penso, sia già all’attenzione delle diplomazie europee prima della riunione di fine giugno.


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Uno scenario impressionante.

 

Lo scenario che ha prodotto l’oligopolio finanziario internazionale.

 

(Gianluigi Da Rold)

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