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Home » Roma » CRISI/ Movimprese, ecco cosa c’è dietro ai dati sulle piccole imprese nel Lazio

  • Roma

CRISI/ Movimprese, ecco cosa c’è dietro ai dati sulle piccole imprese nel Lazio

Franco Biancone
Pubblicato 1 Marzo 2011
emporio_chiusura_impreseR439

Foto: Imagoeconomica

I dati Unioncamere mostrano una crescita del numero di imprese nella nostra regione. Ma a guardare i numeri con più attenzione, il quadro è meno confortante. Lo spiega FRANCO BIANCONE.

La diffusione da parte di Unioncamere dei dati relativi al 2010 sulla nati-mortalità delle imprese registrate presso le Camere di Commercio, ci offre l’occasione di focalizzare la nostra attenzione sulle caratteristiche e sull’evoluzione del sistema imprenditoriale che opera nel Lazio.

In particolare l’analisi dell’andamento delle iscrizioni e delle cessazioni delle imprese nel corso del 2009 e del 2010 costituisce una spia di come i diversi comparti produttivi hanno vissuto l’ultimo difficile biennio.


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La prima evidenza statistica guardando la struttura della rete imprenditoriale, concentrata soprattutto nell’area metropolitana di Roma, è la grande numerosità delle imprese che operano nei servizi, fattore strettamente legato al ruolo di Roma in quanto capitale del Paese e città a forte vocazione turistica. Nel 2010 lo stock delle imprese registrate è stato pari a circa 601 mila aziende. Di queste ben 371.978 (pari al 62% del totale) operano nei diversi comparti dei servizi di mercato: dal commercio, al settore turistico, ai bar e ristoranti, ai servizi finanziari, alle attività immobiliari, ai trasporti e comunicazione, alle attività professionali di vario tipo.


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In questa area dei servizi, che di fatto costituisce il motore dell’economia regionale, il settore numericamente più rilevante è il commercio con 162.738 imprese registrate (il 27,1% del totale). Altre attività importanti per l’economia regionale sono sia i servizi alberghieri, dove si registra la presenza di 3.850 imprese, sia le attività di ristorazione, con 36.515 imprese che rappresentano complessivamente il 6,7% del totale.

Passando al settore industriale, significativa è la presenza di imprese di “costruzioni” – 88.416 unità (il 14,7% del totale) – mentre l’industria manifatturiera conta 41.646 imprese (il 6,9% del totale).


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Se guardiamo la composizione delle imprese dal punto di vista della forma giuridica adottata per svolgere l’attività, in mancanza del dato sul numero degli addetti, emerge un’altra caratteristica importante della struttura imprenditoriale laziale legata alla dimensione. Da un lato siamo di fronte ad un sistema articolato che registra una prevalenza delle ditte individuali (circa il 45% del totale) ovvero di una rete di micro-imprese, spesso a conduzione familiare, localizzate in maniera diffusa sul territorio; dall’altro vi è una presenza significativa, che si va rafforzando nel tempo, delle società di capitali (36,5% del totale) e questo vuol dire che tra gli imprenditori si vanno affermando modelli organizzativi-gestionali più articolati e adatti a competere nei mercati di riferimento.


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Dai dati 2010 sull’andamento delle iscrizioni e delle cancellazioni delle imprese presso i registri delle Camere di Commercio del Lazio emerge poi un altro fatto. I riflessi negativi di un crisi economica che ha contraddistinto il 2009 e il 2010 hanno certamente condizionato la vitalità del sistema imprenditoriale regionale, la sua capacità di rafforzare le imprese esistenti e di generare anche nuove iniziative imprenditoriali.

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Considerando tutti i settori di attività economica, il saldo tra iscrizioni e cessazioni delle imprese è stato positivo (+12.477 aziende), meglio del risultato del 2009 (+7.945), ma andando a guardare più da vicino i dati emerge una situazione critica generalizzata anche se meno pesante rispetto all’anno precedente.


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Se si esclude la voce “imprese non classificate”, che è quella che ha determinato il saldo positivo, si registrano perdite di imprese, sia pur in maniera differenziata, in quasi tutti i settori economici in particolare nel commercio (-1.208), nell’agricoltura (-1.051), nell’industria manifatturiera (-755), nelle costruzioni (-657).

 

Mentre l’andamento negativo del settore agricolo riflette un fenomeno strutturale che dura da anni, dovuto alla maggiore concentrazione della produzione, preoccupa l’andamento del settore commercio. La domanda fiacca dei consumi non ha fatto altro che accentuare i problemi di un settore già alle prese con un processo di ristrutturazione in tutte le componenti della filiera, dall’ingrosso fino alla distribuzione finale, spingendo alla chiusura molte imprese, ormai fuori mercato o interessate da processi di concentrazione.


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Non è stato positivo, inoltre, il bilancio per quanto riguarda il settore alberghi e pubblici esercizi (bar e ristoranti) dove vi è stata una prevalenza di cancellazioni di imprese (2.076) sulle iscrizioni (1.843), in ciò riflettendo con più evidenza l’andamento modesto della domanda turistica nel corso dell’anno.

 

Alla luce di queste cifre va fatta una considerazione. Se la crisi economica ha lasciato sul campo numerose imprese e se le prospettive per il futuro, a quanto dicono gli esperti, sono ancora incerte e difficili, occorre dare quanto prima al sistema imprenditoriale risposte concrete soprattutto per sostenere e agevolare l’attività delle imprese, sia nel mercato interno che nella competizione internazionale.

 

L’urgenza è quanto mai giustificata perché non poche sono le fragilità che condizionano tuttora molte imprese, specie quelle di piccole dimensioni che sono una parte significativa della base produttiva regionale, dall’accesso al credito, alla mancanza di strutture connettive e di aggregazione, al basso livello di innovazione.

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