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Home » Economia e Finanza » SCONTRO UE-ITALIA/ 2. La soluzione c’è ma “l’Europa” non la vuole

  • Economia e Finanza

SCONTRO UE-ITALIA/ 2. La soluzione c’è ma “l’Europa” non la vuole

Int. Sergio Cesaratto
Pubblicato 24 Ottobre 2018
mario_draghi_bce_lapresse_2016

Mario Draghi (LaPresse)

Il Patto di stabilità e crescita "è un'assurdità perché in fase di depressione i bilanci pubblici hanno il dovere di andare in disavanzo e sostenere l'economia"

La commissione europea ha respinto al mittente la manovra italiana. “Il Governo italiano sta apertamente e coscientemente andando contro gli impegni presi verso se stesso e verso gli altri Stati membri”, hanno detto i due commissari Moscovici e Dombrovskis nella loro replica al ministro Tria. Il motivo della bocciatura è la violazione del Patto di stabilità e crescita per debito eccessivo. Alle parole dei commissari ha fatto eco, ieri sera, anche il presidente Mattarella. Sergio Cesaratto, ordinario di economia politica nell’Università di Siena, la pensa diversamente. L’equilibrio di bilancio “è un’assurdità perché in fase di depressione i bilanci pubblici hanno il dovere di andare in disavanzo e sostenere l’economia”. Per Cesaratto occorre diminuire la spesa per gli interessi, l’Italia non ha altra strada. “La Bce ha i mezzi per intervenire. Se vuole”. Ma non farà nulla, spiega l’economista.


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“La logica dell’equilibrio di bilancio non è quella di un astratto rigore”, ha detto Mattarella, perché del disordine sui conti fanno le spese i più deboli. E’ così, professore?

Il capo dello Stato critica l’astratto rigore europeo? Se fosse così sarebbe interessante, riterrei doveroso da parte di un capo dello Stato difendere il proprio governo.


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Però poi ha detto che del disordine sui conti fanno le spese i più deboli. Quindi voleva difendere il pareggio di bilancio.

Al contrario: sono proprio i più deboli a fare le spese del pareggio di bilancio, che è un’assurdità, perché in fase di depressione i bilanci pubblici hanno il dovere di andare in disavanzo e sostenere l’economia. Da questo punto di vista la manovra del governo è assolutamente corretta.

L’Italia, ha detto Dombrovskis, vuole curare il debito con più debito, ma così aumenta il costo del servizio del debito. Come commenta?

Spendiamo per interessi 65 miliardi l’anno, gli stessi soldi che diamo all’istruzione, ci dice Moscovici. Bene: vogliamo diminuire il debito, così da diminuire la spesa per interessi? Facciamolo, ma attenzione, perché questa è la ricetta che negli anni scorsi ha ammazzato l’economia italiana. 


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Lei cosa direbbe a Moscovici?

Invece di ridurre il debito riduciamo per prima cosa gli interessi, così liberiamo risorse per sostenere la domanda rispettando i vincoli e riusciamo anche a ridurre il debito. 

Come ridurre gli interessi?

I tassi di interesse non li decidono i mercati, ma le banche centrali, se vogliono. Se non vogliono, lasciano fare ai mercati. Ma è proprio questo il problema storico del nostro debito, che è peggiorato proprio da quando i mercati si sono sostituiti alla banca centrale. 

Cosa dovrebbe fare il governo?

Andare davanti alla commissione e proporre uno scambio. Noi rispettiamo le regole, ma qualcuno agisca sul fronte degli interessi. La Banca centrale europea potrebbe intervenire selettivamente sui nostri titoli di Stato, come ha chiesto Savona: se la Bce vuole, ripeto, può farlo. Lo ha già fatto nel 2010-2012, comprando titoli di Stato solo di alcuni paesi. A noi andrebbe benissimo. Ciò che non possiamo fare è rispettare quei vincoli con questi tassi.


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Così facendo?

Se la Bce cominciasse a comprare titoli, i mercati riacquisterebbero fiducia nel debito pubblico italiano e i tassi diminuirebbero. E il governo potrebbe usare i risparmi sulla spesa per interessi per realizzare il programma elettorale. 

Non le sembra che siamo prigionieri del condizionale? 

Per questo siamo all’assurdità: l’Europa direbbe sicuramente di no anche a questa proposta. In una fase di depressione, quando le imprese private spendono di meno, l’unico che può tenere in piedi l’economia e alimentare la crescita è lo Stato. Ma a Bruxelles non vogliono capirlo.


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Lei parla di acquisti, ma la Bce non sta uscendo dal Quantitative easing?

Francoforte ha tanti strumenti a disposizione, se vuole. Tra il 2010 e il 2012 la Bce ha adottato un programma che si chiama Security market program, con il quale acquistava titoli greci, irlandesi, portoghesi, spagnoli e italiani. Non sarebbe difficile giustificarne la ripresa, perché la Bce è tenuta a garantire lo stesso costo del credito in tutti i paesi europei. E l’unico modo per far diminuire i tassi di credito in Italia è sostenere i titoli di debito pubblico. 

Ma secondo lei la Banca centrale lo farà?


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No, non lo farà. In primo luogo perché Draghi è in scadenza. In secondo luogo perché prima dovrebbe convincere i tedeschi. Nel 2012 poté fare il famoso discorso del “whatever it takes” solo perché convinse la Merkel che altrimenti il lunedì successivo non ci sarebbe più stato l’euro.

Allora siamo messi male.

Con questa Europa certamente sì. Il governo la metta alle strette. E vada a trattare. Noi torniamo indietro, ma voi cosa fate? Che strumenti predisponete? 

Se si va allo scontro?

Con tassi così alti andiamo allo sfascio. E’ un’avventura, perché abbiamo a che fare con dei nemici, altro che solidarietà europea. 

Il governo può cedere senza perdere la faccia?

Volendo sì, perché per fare un reddito di cittadinanza serio ci vogliono anni, le finestre pensionistiche si possono posporre. Si porrebbe però il problema di cosa dire agli elettori. In ogni caso il governo non ha tante carte da giocare. Una sarebbe quella di porre la Commissione davanti alle estreme conseguenze della sua ottusità.

Il governo continua a ribadire che l’Italia non vuole uscire dall’euro. Sembra una scusa non richiesta.

Certo, perché i mercati hanno già capito che in questa situazione l’uscita diviene un’opzione possibile. Ma il governo ha fatto anche un’altra scommessa, non meno aleatoria.

Quale?

Le misure previste dalla manovra stimoleranno al domanda? E’ legittimo aspettarsi una crescita dell’1,5% l’anno venturo, in condizioni di aspettative negative? Anche questo è un azzardo.

(Federico Ferraù)

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