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Home » Esteri » America Latina » CAOS ARGENTINA/ Le scelte che avvicinano il default e allontanano la democrazia

  • America Latina
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CAOS ARGENTINA/ Le scelte che avvicinano il default e allontanano la democrazia

Arturo Illia
Pubblicato 3 Agosto 2020
Argentina Fernandez bancarotta

Alberto Fernandez e Cristina Fernandez de Kirchner (LaPresse)

Le misure adottate dal Governo argentino rischiano di avvicinare un nuovo default. E anche di allontanare la democrazia

Che la quarantena rappresenti un mezzo efficace per fermare la diffusione di un virus è risaputo ed è anche l’unico rimedio in caso di assenza di farmaci in grado di contrastarlo, anche se la storia dell’uomo dimostra che fino alla comparsa del Covid-19 questa misura è sempre stata applicata nei confronti degli infettati, mai sulla popolazione sana. Con il coronavirus si è applicato il principio inverso, chiudendo in pratica intere popolazioni in casa, con disastrosi effetti sull’economia e la vita della gente che si potranno vedere solo alla fine di questa avventura.


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Ma c’è una nazione che ha stabilito il record mondiale di clausura per il suo popolo: l’Argentina. Dichiarando estensioni della misura ogni 15 giorni, il Presidente Alberto Fernandez ha praticamente raggiunto i 5 mesi di quarantena, ma con questo ha pure confermato quanto sopra scritto: la misura non ha affatto bloccato i contagi, anzi proprio sotto di essa ormai gli infettati hanno raggiunto le 200.000 unità e al ritmo di 5.000 al giorno (il trend attuale) a breve supereranno i numeri dell’Italia. Per fortuna i morti sono “solo” 3.956, un decimo rispetto al nostro Paese, ma ciò non è dovuto all’isolamento, bensì d un fattore demografico, dato che la percentuale della popolazione anziana in Italia è la maggiore d’Europa e quindi, visto che il virus colpisce mortalmente gli “over 65” nella maggioranza dei casi, ecco che il tutto rientra nella logica spiegazione del fenomeno.


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Ma c’è un’altro fattore, non sanitario, che fa intravedere un futuro molto fosco nel Paese latinoamericano: il default economico che, sebbene non sia stato ancora ufficialmente annunciato, è ormai un dato di fatto, cosa alla quale il Covid-19, ma soprattutto le misure di quarantena decise dal Governo, hanno dato un’accelerazione incredibile, con una crisi che minaccia di essere la peggiore mai vissuta dal Sudamerica. Oltre il 64% delle imprese, soprattutto quelle commerciali, chiuderà per sempre i battenti per non parlare delle tensioni sociali che ciò comporterà se sommiamo anche un dato che in Argentina ha un valore altissimo: quello del lavoro nero, il più colpito dalla crisi, anche perché gli aiuti che lo Stato ha promesso alle famiglie colpite non raggiungono chi detiene un’attività irregolare, nonostante si debba tenere in considerazione il palliativo dei sussidi da sempre elargiti alle classi meno abbienti, che alla fine della crisi sanitaria raggiungeranno il 60% dell’intera popolazione ormai caduta in povertà.


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Ora, come faccia uno Stato in fallimento a risolvere una situazione del genere è legato solo al fenomeno, conosciutissimo dalla Banca centrale argentina, ma che ora rischia di estendersi al mondo intero per cercare di risolvere i crack finanziari che colpiranno vari Paesi. È da tempo che la sola industria argentina che non conosce sosta e funziona nell’arco dell’intera giornata è quella della zecca, che continua a stampare banconote: a breve entrerà in circolazione pure un taglio da 5.000 pesos e ciò significherà un’iperinflazione senza controllo. Ma questa volta il settore agricolo, che nel 2001 salvò la nazione dal disastro, non potrà fare la sua parte perché i prezzi dei prodotti agricoli alla Borsa di Chicago (quella internazionalmente riconosciuta come la più importante del settore) sono crollati e quindi la soia che passa da 125 a 500 dollari la tonnellata, cosa che nel 2003 significò per lo Stato argentino entrate colossali, visto che la tassazione del settore agricolo arriva quasi al 70% del valore della produzione, non esisterà più.


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A questo bisogna sommare pure un altro elemento: se il Governo Macri, pur nei suoi colossali errori economici e politici, aveva aperto l’Argentina al mondo, quello di Alberto Fernandez, che in pratica è pilotato dalla vicepresidente Cristina Fernandez de Kirchner, è tornato a isolare il Paese anche con degli errori diplomatici che hanno dell’incredibile. Come quello delle conferenze stampa dove ogni volta viene annunciata l’estensione della quarantena, nelle quali il Presidente non solo ne magnifica le virtù (e i numeri lo smentiscono ogni volta) “curative”, ma fornisce anche dati su altri Paesi che poi, viste le proteste delle varie Ambasciate al riguardo, si rivelano delle bugie colossali. L’ultima ha colpito la Spagna, che per il Governatore della Provincia di Buenos Aires, l’ultrakirchnerista Axel Kicillof, ogni volta presente a queste riunioni, aveva ripreso a imporre una quarantena dura equivalente a quella argentina. Nulla di più falso, visto che il Paese iberico, di fronte a un aumento dei contagi nemmeno lontanamente paragonabile a quello dei mesi di marzo e aprile scorsi, ha imposto sì misure di distanziamento e di uso della mascherina, ma non ha affatto dichiarato un isolamento collettivo.


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Gli argentini sono stufi di questo Governo, e ormai hanno capito che le misure sanitarie adottate nascondono non solamente una sostanziale inazione nel campo della prevenzione (sono stati effettuati solo 600.000 tamponi in tutto il Paese, record negativo nel Continente), ma pure decisioni politiche che hanno l’obiettivo di trasformare la sempre debole democrazia argentina nel solito viceregno gestito con modi degni di un regime. Stiamo difatti arrivando all’ennesimo scandalo: quello di una riforma della giustizia presentata come tale, ma che in verità, manovrata totalmente da Cristina Kirchner che ha già piazzato suoi fedelissimi nei vari ministeri, alla fine, se concretizzata, significherà la creazione di un potere composto solamente da giudici fedeli al kirchnerismo e la dissoluzione dei 15 processi che l’attuale vicepresidente deve affrontare da anni.

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