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Home » Cronaca » SCUOLA A PROVA DI COVID/ Il pediatra: focolai vanno messi in conto, ma niente drammi

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SCUOLA A PROVA DI COVID/ Il pediatra: focolai vanno messi in conto, ma niente drammi

Int. Alberto Oliveti
Pubblicato 15 Settembre 2020 - Aggiornato alle ore 07:25
Scuola (LaPresse)

Scuola (LaPresse)

Nel giorno di riapertura si sono verificate problematiche diverse a cui le scuole hanno risposto con disposizioni autonome. Ma serve sempre buon senso

Il fatidico primo giorno di scuola, anche se non in tutta Italia (a La Spezia, ad esempio, visto l’alto numero di contagi, è stato rimandato al 24 settembre), è arrivato: 5,6 milioni tra bambini dell’asilo nido e studenti delle superiori sono entrati negli istituti, anche se qualcuno è dovuto rimanere fuori. A Milano, per esempio, su circa 250 scuole elementari e medie, sei classi alle elementari di via Graaf sono rimaste a fare lezione nel parco, e in caso di pioggia verranno ospitate nei locali della parrocchia. Questo la dice lunga su una situazione che presenta ancora molte incognite e differenze. Come in Piemonte, dove la febbre viene misurata con il termoscanner all’ingresso della scuola, mentre nel resto d’Italia sono i genitori a misurarla prima che il bambino esca di casa.


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Si sono verificati, poi, casi sporadici e sparsi di contagio, come all’istituto alberghiero Buontalenti di Firenze, dove uno studente è in isolamento per controlli anti-Covid. Insomma, come ci ha detto Alberto Oliveti, pediatra e medico di famiglia, “siamo in piena fase iniziale, dove navighiamo a vista, perché è sempre la più impegnativa. Se ben condotta, però, può portare al risultato migliore. Mi sembra comunque che le scuole si siano ben adattate alle disposizioni sanitarie e a quelle educative. Ora, ben vengano anche disposizioni secondarie da singoli istituti, l’importante è non creare un clima di allarme”.


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Si sono verificati casi che non hanno risposto in modo unitario alle disposizioni del ministero della Salute. Il Piemonte, ad esempio, è l’unica regione dove la febbre viene misurata all’ingresso della scuola anziché dai genitori a casa. Che cosa ne pensa?

Sono d’accordo con le indicazioni fornite dal ministero, perché per andare a scuola partendo da casa si segue un tragitto, e quindi potenzialmente un passaggio di contaminazione, che lascia qualche perplessità da parte dei genitori. Ritengo invece che serva una assunzione di responsabilità da parte della famiglia.

Con una temperatura corporea di 37,5 l’alunno viene rimandato a casa. In diversi però lamentano che la temperatura del termoscanner non è la stessa che risulta dal termometro casalingo. È così?


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Sì, con la temperatura superiore a 37,5 gradi il ragazzo viene mandato dal pediatra o dal medico di famiglia per ulteriori analisi e valutazioni. Per quanto riguarda il termoscanner, ci sono risultati che dicono che non è affidabile al 100%. Se ci fermiamo però a questi problemi, corriamo il rischio di perdere quanto di buono è stato fatto. Ricordiamo che l’Italia è tra i paesi europei con il minor numero di contagiati. Condivido tuttavia il fatto che ci vorrebbero termoscanner assolutamente precisi.

In alcune scuole si è verificato che il numero delle mascherine è sufficiente solo per pochi giorni ed è stato chiesto ai genitori di portarle da casa. E alcuni asili chiedono di dotare i bambini di pantofole da usare solo a scuola. Che ne pensa?


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Per quanto riguarda le pantofole non è una indicazione che arriva dal ministero della Salute. Se qualche scuola assume questa iniziativa, avrà le sue ragioni, ma sono iniziative di carattere locale. Ripeto: non mi sembra sia stato ritenuto fondamentale dal ministero e non lo ritengo fondamentale neppure io. Perché fondamentali sono i tre accorgimenti di sempre: igiene delle mani, mascherina e distanziamento.

E sulle mascherine?

Sulla carenza di mascherine non possiamo dare un giudizio definitivo dopo un solo giorno di scuola.

Altra misura presa dalle scuole è il distanziamento da bocca a bocca, ma il ministero non ha specificato la disposizione dei banchi. È un problema?


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È importante riconoscere la priorità al ragionamento che sta dietro questa scelta: è assolutamente necessario evitare contatti a livello respiratorio. La disposizione dei banchi dipende da tanti fattori: dalla conformazione dei locali, dalla disponibilità di spazi, dalla tipologia dei banchi. Anche in questo caso non credo si possa dare un giudizio assoluto. Bisogna lasciare la capacità di adattamento dei singoli istituti a  quelle che sono le disposizioni di fondo dettate dal ministero.

Come valuta l’obbligo di stare in classe seduti anche durante l’intervallo?

Anche dietro questa indicazione c’è un ragionamento valido. Certo, dopo la prima settimana, non so se si riuscirà a mantenere questa “compostezza” nei bambini, che hanno bisogno di muoversi. L’importante è che indossino sempre la mascherina. Non è che quando escono da scuola e vanno ai giardinetti li si obbliga a restare irregimentati.


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In conclusione, crede che la scuola sia cominciata nel modo adeguato?

Credo che dobbiamo prevedere qualche focolaio, ma d’altro canto ieri 5,6 milioni di bambini e ragazzi sono andati a lezione. Non si può fermare la scuola. Qualche danno collaterale dobbiamo metterlo in preventivo, ma non creiamo un clima di allarme e rispettiamo le indicazioni fondamentali. Se poi qualche istituto decide di emettere disposizioni secondarie, è cosa buona, fatte salve le tre raccomandazioni fondamentali. L’Italia ha fin qui dimostrato sufficiente senso di responsabilità e mi sembra che gli istituti scolastici si stiano muovendo con grande buon senso.

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