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Home » Food » AGROALIMENTARE/ Nell’export l’Italia batte Francia e Germania

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  • Economia e Finanza

AGROALIMENTARE/ Nell’export l’Italia batte Francia e Germania

Chiara Bandini
Pubblicato 26 Febbraio 2022
Vino

Vino (Foto: Pixabay)

La pandemia non ferma la crescita: secondo Nomisma, il Made in Italy segna un boom del +20% in Usa e Canada e del + 46% in Cina rispetto al 2019

L’Italia dell’agroalimentare corre e lo fa più di Francia e Germania. La buona notizia arriva dal sesto Forum Agrifood Monitor realizzato da Nomisma in collaborazione con Crif, che ha evidenziato come, dopo due anni di pandemia, le esportazioni del food&beverage Made in Italy abbiano registrato nel 2021 un allungo vicino al +15% rispetto al benchmark prepandemico del 2019, sfondando così il muro dei 50 miliardi di euro. E mettendo a segno performance superiori a quelle dei nostri diretti concorrenti. Parigi e Berlino si sono infatti fermate a progressione rispettivamente del +8% e +5%. 


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“Il 2021 sarà ricordato come un anno straordinario per l’export agroalimentare italiano – afferma Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare di Nomisma -, grazie a una crescita che ha coinvolto tutti i prodotti, portando così ad incrementi nella quota di mercato dell’Italia in molti mercati mondiali alla luce di performance superiori a quelle dei nostri diretti competitor”.


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Tra i principali mercati di sbocco dei nostri prodotti – rileva sempre lo studio di Nomisma -, spiccano Stati Uniti e Canada che fanno registrare un aumento a valore del +20% rispetto alla situazione pre-Covid del 2019. E positivi sono anche i riscontri relativi alla Germania, dove il nostro export cresce del 15%. Ma le variazioni più alte – avverte il Monitor – si sono toccate in Corea del Sud (+60%) e Cina (+46%), sebbene in quest’ultimo Paese la nostra quota di mercato continui a rimanere marginale, incidendo per meno del 2% sul valore delle importazioni agroalimentari totali registrate da Seoul. 


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E non di poco conto è pure il risultato centrato nel Regno Unito. “Neppure nel post Brexit – nota Pantini – gli acquisti di prodotti alimentari italiani sono diminuiti, anzi. La nostra quota di mercato è cresciuta, passando dal 5,6% all’attuale 6,3%. E questo in un contesto generale segnato da una riduzione delle importazioni totali di food&beverage”. A fare da volàno al Made in Italy in terra inglese è soprattutto il Prosecco, nostro portabandiera in termini di notorietà, seguito da Parmigiano Reggiano e Prosciutto di Parma. Ma è tutto il food&beverage italiano a godere di un ottimo appeal oltremanica, visto che il 35% del campione interpellato da una survey realizzata ad hoc su mercato britannico dichiara che i prodotti alimentari italiani sono qui i più apprezzati tra quelli esteri grazie in particolare al loro gusto e alla loro ottima qualità. E questo, probabilmente, in virtù anche di una forte penetrazione degli acquisti online, cui ricorre spesso ben il 45% della popolazione.


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Tutte da esplorare sono invece – dice un’altra specifica survey condotta di Nomisma – le potenzialità del mercato australiano. E questo in vista di un futuro accordo di libero scambio attualmente in fase di negoziato. Nel Nuovissimo continente i prodotti italiani come Parmigiano Reggiano, Prosecco e Chianti, del resto incontrano già un buon apprezzamento: sono i preferiti, tra quelli non autoctoni, dal 23% della popolazione. 

Una buona base di partenza, quindi, che potrebbe trovare carburante nell’e-commerce. Il canale online infatti qui è già piuttosto radicato: il 34% degli australiani lo usa spesso per acquistare prodotti alimentari e bevande. E il 40% ricorre al web anche per acquisire informazioni sui prodotti da consumare. Ma un ruolo nevralgico potrebbe essere giocato anche dalla sostenibilità, che insieme al digital rappresenta una “leva da sfruttare per le aziende dell’alimentare italiano che vogliono esportare in Australia, così come del resto anche in UK dove i consumatori che usano il web per gli acquisti di F&B toccano il 45%”, spiega Emanuele Di Faustino, Senior Project Manager di Nomisma”. E questo alla luce dell’identikit del consumatore di food Made in Italy “In entrambi i mercati, – dice Di Faustino – gli heavy user di prodotti italiani hanno un profilo ben definito: sono millennial, ben istruiti. vantano reddito alto, risiedono nelle grandi città e, soprattutto, sono attenti alla sostenibilità e digital engaged”.


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Va detto però che non tutto è oro quel che luccica. La possibilità di un ulteriore allungo dell’export italiano nell’anno in corso è messa a rischio da diversi fattori. Sotto la lente ci sono in particolare le tensioni geopolitiche in corso tra diversi Paesi nel mondo e quelle inflattive che permangono nei costi dell’energia, dei trasporti e delle commodities e che mettono a rischio il vantaggio competitivo conquistato dalle imprese alimentari italiane nell’ultimo anno. “L’export è sicuramente un’opportunità – conclude Niccolò Zuffetti, Marketing Manager di Cribis -. Il vero tema è però investire sulla preparazione e sugli strumenti giusti, perché improvvisare in questo ambito può essere molto rischioso. Selezione e formazione di ruoli chiave, selezione e gestione dei corretti partner, gestione dei rischi e una buona comunicazione sono le leve vincenti”.


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