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Home » Esteri » Medio Oriente » DALL’AFGHANISTAN ALL’IRAQ/ Quelle operazioni (fallite) di Urss e Usa in terra straniera

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DALL’AFGHANISTAN ALL’IRAQ/ Quelle operazioni (fallite) di Urss e Usa in terra straniera

Giuseppe Gagliano
Pubblicato 14 Novembre 2023 - Aggiornato alle ore 06:07
Gruppo di talebani a Kabul (LaPresse)

Gruppo di talebani a Kabul (LaPresse)

Il Medio Oriente e altre situazioni di crisi dimostrano che in caso di conflitto bisogna rispettare culture e religioni del posto. Quello che gli Usa non capiscono

Il mondo moderno, costellato di rapidi cambiamenti e sfide globali, continua a confrontarsi con una verità storica: la tendenza dell’umanità a ripetere gli stessi errori, nonostante il mantra secolare di imparare dal passato. Questa persistente sfida si rivela particolarmente evidente nel campo delle decisioni geopolitiche, dove la comprensione delle diverse culture, tradizioni e religioni diventa fondamentale, specialmente in situazioni di potenziale conflitto armato.


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Michael Howard, uno storico militare di fama, ha osservato che un elemento ricorrente nelle guerre attraverso la storia è la predisposizione culturale al conflitto, che può riguardare tanto i leader politici quanto l’intera popolazione. Alcune culture vedono il conflitto armato non solo come accettabile, ma addirittura come una soluzione naturale e giusta per risolvere le tensioni. In questo contesto, Pierre Servent, un esperto di strategia militare, enfatizza il ruolo significativo che la cultura locale gioca nel modellare il comportamento umano in guerra. Nonostante la globalizzazione abbia portato a una certa uniformità, le differenze fondamentali tra i popoli rimangono. Queste differenze sono spesso trascurate, specialmente da quelle culture che si considerano più avanzate ed evolute, come quelle occidentali. Questa mancanza di comprensione, spesso radicata in un senso di superiorità, si traduce in errori strategici e decisioni geopolitiche mal calibrate. Barbara W. Tuchman, una storica di fama, ha sottolineato la varietà di bisogni e aspirazioni tra le diverse culture, criticando in particolare la tendenza occidentale a imporre la propria visione di libertà e democrazia, come evidenziato nelle cosiddette “primavere arabe”. In queste situazioni, si è spesso trascurato il vero desiderio delle popolazioni locali, portando a risultati inaspettati e talvolta catastrofici.


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L’approccio proposto da Howard, quello di sviluppare una sorta di “empatia distaccata”, suggerisce di sforzarsi di comprendere i problemi e le prospettive degli altri senza necessariamente condividerne le idee. Tuttavia, questo è più facile a dirsi che a farsi, data la naturale inclinazione umana a evitare l’immedesimazione nel “diverso”. Esempi recenti come l’Afghanistan, il Pakistan, l’Iraq e lo Yemen dimostrano come gli errori si ripetano. L’uso intensivo di droni e bombardamenti, in contesti dove il principio della vendetta è fortemente radicato, è servito solo a esacerbare e prolungare i conflitti. L’incomprensione verso il mondo orientale, e in particolare nei confronti della fede islamica, è spesso pronunciata, come evidenziato da analisti come Pedro Herranz e Tuchman. Anche il caso della Cina, come sottolineato da Brzezinski, illustra come le esperienze storiche di umiliazione e sfruttamento da parte di potenze straniere abbiano lasciato un’eredità di risentimento e diffidenza, che influenzano ancora oggi le relazioni internazionali. Citando Machiavelli e Senofonte, è assolutamente indispensabile capire l’importanza di comprendere e guadagnare il sostegno delle popolazioni locali in ogni tentativo di influenzare o dominare un’altra nazione. La resistenza è più accesa contro chi cerca di imporre il proprio comando senza un autentico interesse per le aspirazioni e le necessità del popolo.


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In definitiva, la lezione è chiara: una comprensione profonda e rispettosa delle diverse culture, tradizioni e storie non è solo una questione di sensibilità etica, ma un imperativo strategico per qualsiasi politica geopolitica efficace e lungimirante. Ma anche l’esperienza sovietica in Afghanistan e quella statunitense sia in Vietnam che in Afghanistan e Iraq evidenziano l’importanza di comprendere il contesto locale e di adattare le strategie di intervento di conseguenza. Vediamo in estrema sintesi di indicare le ragioni di questo fallimento.

Guerra Sovietica in Afghanistan: l’Unione Sovietica non ha compreso appieno la complessità del contesto afghano, con la sua storia di resistenza agli invasori e le sue dinamiche tribali e religiose. Questa mancanza di comprensione, unita alla determinazione degli afghani e al sostegno esterno ai mujaheddin (inclusi i missili Stinger forniti dagli USA) ha portato al fallimento dell’intervento sovietico.

Intervento USA in Afghanistan e Iraq: gli Stati Uniti, pur avendo esempi storici come quello sovietico in Afghanistan e la loro esperienza in Vietnam, hanno ripetuto errori simili. In Afghanistan hanno sottovalutato la resistenza e la resilienza dei talebani e la complessità del contesto locale. In Iraq, nonostante alcuni successi iniziali sotto il comando del generale Petraeus, l’intervento ha affrontato sfide enormi a causa della diversità culturale, sociale ed economica, nonché delle difficoltà nell’instaurare un governo stabile e accettato dalla popolazione.

In conclusione, questi esempi mostrano che la conoscenza e il rispetto della cultura e della storia locale sono cruciali in qualsiasi intervento militare o di pace. Strategie che possono funzionare in un contesto possono fallire in un altro. L’approccio del generale francese Hubert Lyautey in Algeria e Marocco, che combinava azioni militari con sviluppo sociale ed economico e rispetto delle tradizioni locali, offre un esempio di come una comprensione approfondita del contesto locale possa portare a risultati più positivi. La storia militare è ricca di insegnamenti su come la comprensione culturale e l’adattabilità siano aspetti cruciali per il successo di qualsiasi operazione in terra straniera.

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