Secondo Emanuele Orsini siamo ancora in tempo per reagire ai dazi USA senza iniziare una guerra commerciale con un piano di tutela per le imprese
Da poco subentrato alla guida di Confindustria, Emanuele Orsini ha le idee chiare su quali dovrebbero essere i passi che il governo deve compiere per rispondere ai dazi USA senza innescare una vera e propria guerra commerciale che finirebbe per danneggiare solamente l’Italia (o l’Europa, a seconda di come si vuole vedere la situazione) e per far infuriare ancora di più il presidente Donald Trump con conseguenze del tutto imprevedibile: l’idea di Orsini – grosso modo – è la medesima della Spagna che ha aperto ad un fondo da 14 milioni di euro per sostenere le imprese maggiormente colpite dalle tasse statunitense ed aiutarle a trovare nuovi mercati esteri.
Prima di arrivare al suo piano – però – il presidente di Confindustria ci tiene a chiarire al Corriere della Sera che attualmente la sua maggiore preoccupazione sui dazi USA è che finiscano per incentivare alcuni imprenditori a scegliere di dislocare la produzione negli States: una decisione a suo dire “logica” anche in virtù del fatto che “in Europa ci creiamo da soli” numerose difficoltà – e cita soprattutto “la burocrazia”, ma anche “la regolamentazione” -, ma che al contempo sarebbe altrettanto “impossibile” per alcuni produttori; fermo restando in ogni caso che è importante iniziare a “ridurre le barriere interne” fin da subito.
Emanuele Orsini: “Per rispondere ai dazi USA l’Italia punti a stimolare gli investimenti”
L’effetto dei dazi secondo Orsini – escludendo dall’equazione la guerra commerciale – si farà sentire soprattutto sulla crescita dell’economia italiana che per il 2025 è stata rivista “dallo 0,8% allo 0,6%”, ma interpellato su di un’ipotetica recessione frena ricordando che in Italia “abbiamo una capacità di adattamento molto forte”: in tal senso – in ogni caso – resta la necessità di agire al più presto e secondo lui la prima azione che da parte del governo dovrebbe includere “un piano industriale straordinario” che tuteli innanzitutto “gli investimenti”.
Un piano che dovrebbe stimolarli – spiega ancora Orsini – in una misura almeno pari al 30% andando a recuperare quei “tanti” fondi che rimarranno inutilizzati dal “piano Industria 5.0” nato in seno al PNRR che a suo avviso “non funziona” e verrà utilizzato a mala pena per un terzo del totale, ma anche dai “fondi di coesione”; il tutto con “meccanismi di credito d’imposta semplici, senza troppa burocrazia [e] automatici“, superando al contempo la rigidità e la “speculazione economica” dei piani green relativi “all’auto elettrica [e] ai certificati verdi”.
