L’ex primo ministro inglese (che i maligni ricordano essere consulente saudita) si oppone a un sistema energetico solo green: "Non può reggere"
Mentre Trump nei suoi primi cento giorni ha dato ufficialmente il via a una ripresa delle estrazioni petrolifere, di gas e di carbone alle imprese americane e il blackout in Spagna e Portogallo ha sottolineato la vulnerabilità del sistema elettrico “green” se non bilanciato con altre forme di produzione, l’ex premier inglese laburista Tony Blair è intervenuto a gamba tesa sulle politiche verdi inglesi, suscitando vivaci polemiche vista anche la sua appartenenza politica.
Per l’ex primo ministro una transizione energetica essenzialmente basata sulla eliminazione dei combustibili fossili e sulla riduzione dei consumi è “destinata a fallire” e le strategie ambientali applicate in Gran Bretagna vengono definite “irrazionali”. Il tutto in un rapporto pubblicato nei giorni scorsi dal suo Tony Blair Institute for Global Change (TBI), un think thank britannico che si presenta con l’obiettivo di essere “una piattaforma politica per riempire l’ampio spazio aperto al centro della politica” e per combattere lo “spaventoso populismo autoritario” che, secondo Blair, sta minando la fiducia dell’Occidente nella democrazia.
In buona sostanza Blair sostiene come sia sbagliato chiedere alla gente “sacrifici finanziari e cambiamenti allo stile di vita quando i cittadini sanno che il loro impatto sulle emissioni globali è minimo”.
Nulla di nuovo, ma il fatto che l’ex premier dei labour si inserisca nel dibattito in aperto contrasto con il premier Keir Starmer significa che si riapre anche all’interno della sinistra inglese il dibattito ecologista in una Gran Bretagna che deve il suo storico sviluppo industriale al carbone e agli altri materiali fossili (compreso il gas e il petrolio del Mare del Nord). Questo perché secondo Blair “Se pure la Gran Bretagna decarbonizzasse del tutto la sua economia (che è la sesta al mondo), la riduzione delle emissioni sarebbe solo del 2% sul totale”.
Una volta di più è un’accusa diretta a Cina ed India (e in generale al Sudest asiatico), nazioni che da sole producono – con gli USA – la gran parte della CO2 del pianeta. L’intervento di Blair arriva in un momento in cui la transizione energetica è al centro del dibattito politico in Gran Bretagna, anche se i maligni sottolineano come Blair sia diventato – ricalcando molto le avventure personali di Matteo Renzi – un consulente del governo saudita e quindi l’accusa è che si faccia anche diretto portavoce degli interessi dei produttori di petrolio.
Il tema è scottante perché oltre ai Conservatori inglesi, ridotti a mal partito dopo la recente sconfitta elettorale ai Comuni, è soprattutto la destra di Nigel Farage a farsi bandiera di una polemica accesa contro le politiche “green” sostenendo la difficoltà di attuare concretamente la neutralità energetica.
Che l’ex premier laburista si schieri ora apertamente con l’opposizione su un tema così cruciale come il futuro energetico crea comunque imbarazzo nelle file del governo di Keir Starmer, che – pur non facendo più parte la Gran Bretagna della UE – si è impegnato a sostenere gli obiettivi di Bruxelles in campo energetico e soprattutto a decarbonizzare la rete elettrica britannica entro il 2030 per raggiungere la “Net Zero” entro il 2050.
Come in altri Paesi d’Europa è però anche vero che il governo Starmer di fatto ha già iniziato a cambiare rotta, mettendo da parte alcuni obiettivi a medio termine ed accettando alcune scelte strategiche – come l’allargamento dell’aeroporto di Heatrow – duramente contestate dagli ecologisti britannici.
Il punto è che secondo Blair non si può da una parte puntare a un rilancio economico e produttivo della nazione e pretendere contemporaneamente di centrare gli obiettivi con fonti energetiche insufficienti. Ed è qui che Blair parla molto chiaramente: “I leader politici – scrive – pur sapendo che alcune posizioni sono del tutto irrazionali sono terrorizzati dal dirlo pubblicamente per paura di venir accusati di essere negazionisti”. “Gli attivisti ecologisti, riconosce l’ex premier, hanno il merito di aver portato la questione al centro dell’attenzione di tutti, ma le politiche adottate in risposta alle loro pressioni stanno distorcendo il dibattito alla ricerca di una piattaforma climatica che è irrealistica e irrealizzabile”.
La verità, sostiene Blair, è che la domanda di combustibili fossili è e sarà comunque in aumento per il crescere dei trasporti, dell’urbanizzazione e delle necessarie infrastrutture e di questa realtà bisogna bene o male prendere atto.
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