Leone XIV appare come un papa dal profilo "centrista", capace di unire le istanze di sue importanti predecessori. Un fattore he ha convinto i cardinali
Pochi papi sono stati eletti così velocemente come Leone XIV. Un segnale importante, al quale si è arrivati scremando via via i candidati fin dalla prima votazione, quando probabilmente la griglia delle candidature comprendeva cinque o sei cardinali. Tra di loro c’era già Robert Francis Prevost, confermatosi via via come il candidato unitario, capace di raccogliere gli 89 voti previsti.
Il mandato che ha ricevuto, osserva Fabio Zavattaro, direttore scientifico del master di giornalismo dell’università Lumsa, vaticanista che ha lavorato ad Avvenire e Tg1, è riassunto nel primo discorso da papa, affacciato alla Loggia delle benedizioni: i temi importanti sono tutti lì, come anche nell’omelia pronunciata nella messa celebrata ieri nella Cappella Sistina, dove ha stigmatizzato l’ateismo pratico che vivono anche alcuni credenti. Con Leone XIV i cardinali è come se avessero voluto trovare un profilo che comprende e unifica i due precedenti pontificati, quello di Benedetto XVI e di Francesco. Anche il nome che il pontefice si è imposto potrebbe confermare questa lettura, così come le prime parole pronunciate in pubblico.
Prevost era nella lista dei candidati, ma di certo non sembrava potesse imporsi così in fretta. Cosa è successo nel conclave o prima che i cardinali entrassero nella Cappella Sistina?
Non è facile capire che cosa è accaduto. La votazione al quarto scrutinio significa che si è trovata presto una unità, nonostante la presenza di 133 cardinali che vengono da 71 Paesi diversi, con istanze e problemi differenti: fare sintesi sicuramente non è stata una cosa facile. Certo, non era il nome di cui si parlava di più nei media, ma non sono i giornalisti a fare le votazioni. Un’intesa così veloce significa che erano stati individuati i temi che stavano a cuore ai cardinali, grazie alle riflessioni che si erano sviluppate nelle congregazioni. Su queste basi si è cercata la persona giusta per il momento che la Chiesa sta vivendo: un papa che fosse pontefice, cioè colui che costruisce ponti tra le diverse realtà.
Quali caratteristiche si cercavano nel candidato ideale?
Si voleva un papa che potesse avvicinare le diverse anime che avevano cittadinanza nel conclave, che fosse capace di uno sguardo universale, che avesse a cuore i temi della pace, ma che dimostrasse anche attenzione ai poveri. Tutti temi sintetizzati nel primo discorso di Leone XIV e ribaditi ieri nelle parole pronunciate oggi nella Cappella Sistina, dove ha rimesso al centro Cristo.
Probabilmente Prevost ha colpito i cardinali, ma i voti non possono essere confluiti naturalmente su di lui. Ci deve essere stato qualcuno che ha fatto sintesi, che indirizzato i voti verso Prevost. Chi?
Possiamo solo ragionare alla luce delle poche cose che sono emerse nei precedenti conclavi. Normalmente avviene che nella prima votazione ognuno esprime un voto, cioè un nome, e alla fine si capisce dove si orienta il conclave. La sera, a cena, i cardinali hanno avuto modo di parlare e di confrontarsi sui nomi usciti, dopodiché la seconda e terza votazione sono servite per affinare l’analisi del voto, tentando già di orientare i voti su qualcuno. Probabilmente c’è stato chi, tra i cardinali, ha fatto confluire i voti su un candidato, in questo caso Prevost. È un meccanismo che è sempre esistito.
Visto che si è risolto tutto in fretta, è possibile che i cardinali siano entrati in conclave già con la consapevolezza che Prevost potesse essere un candidato forte? O addirittura che la sua figura si fosse messa in evidenza prima della morte di Francesco?
Dobbiamo considerare che molti cardinali sono arrivati solo alla fine e tanti non si conoscevano tra loro. Quello che è possibile, invece, è che, tenuta la prima votazione, si sia capito quali erano i candidati che avevano la possibilità di essere eletti. Tra questi, secondo me, c’era già Prevost. In realtà saranno usciti tanti nomi, fra i quali saranno emersi alcuni candidati che hanno ottenuto più consensi di altri. Fra questi, credo Parolin, anche se gli italiani avevano schierato anche Zuppi e Pizzaballa. Insieme a loro poteva esserci un candidato dell’Asia. Insomma, dalla prima votazione potrebbero essere usciti cinque o sei candidati papabili o quasi.
Quindi che cosa è accaduto?
Nella seconda e nella terza votazione c’è stata un’ulteriore scrematura, magari con qualcuno che ha guidato la riflessione in questa direzione, fino ad arrivare a designare il candidato per la quarta.
Questo vuol dire che gli altri candidati e chi li sosteneva non hanno fatto resistenza, non hanno voluto forzare il confronto, magari facendo confluire i voti su Prevost?
Niente di più facile. Non sono tanti i papi eletti con così poche votazioni: Pio XII con tre scrutini, Giovanni Paolo I e Benedetto XVI con quattro scrutini. Negli ultimi tempi pochissimi hanno avuto un numero così basso di votazioni. Prevost, comunque, secondo me, aveva un buon numero di voti già dalla prima e questo ha giocato a suo favore.
Qual è lo stile e l’orientamento del nuovo pontefice, sulla base delle sue scelte? Finora abbiamo assistito al primo saluto appena eletto e alla prima messa nella Sistina.
Leone XIV si è affacciato nella loggia centrale con la mozzetta e la stola di Benedetto XVI. Ha fatto un discorso nel quale era chiara l’eco delle parole di Francesco: ha toccato il tema della pace, del cambiamento, della Chiesa sinodale. E anche nell’omelia pronunciata durante la prima messa da papa nella Cappella Sistina, se viene letta in controluce, è possibile vedere una prima parte che è riferibile a Benedetto XVI e una seconda che invece richiama Francesco. Di sicuro, comunque, il nuovo papa è chiamato a un lavoro complesso, non soltanto a unire diverse anime, ma a essere voce profetica all’interno della Chiesa e nel panorama internazionale, come ha detto il cardinale Re, nei tornanti della storia.
(Paolo Rossetti)
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