Cosa succede se vince il Sì o il No al Referendum 2025 sulle piccole imprese: quesito n.2 (scheda arancione), le conseguenze e gli scenari dopo i risultati
Si chiude nella giornata di oggi la possibilità di esprimere la propria preferenza sui Referendum 2025, che tra ieri e, appunto, oggi hanno chiamato al voto tutti gli elettori interessati a esprimere la loro preferenza su lavoro — tra licenziamenti, piccole imprese, precariato e sicurezza — e cittadinanza: tra i cinque quesiti referendari, qui intendiamo soffermarci solamente sul secondo, intitolato “Piccole Imprese – Licenziamenti e relative indennità“; mentre tutti gli altri quattro quesiti (e anche la diretta sul voto, nel caso vi interessasse, tra proiezioni, affluenza e risultati) li trovate in altrettanti articoli che abbiamo già pubblicato tra queste stesse pagine.
Prima di entrare nel merito del quesito numero 2 dei Referendum 2025, vale la pena fare un passetto indietro per ricordare che in tutti e cinque i casi si tratta di referendum abrogativi, che mirano a cancellare alcune parti di determinate norme: affinché la votazione si possa considerare valida, il primo requisito è che si raggiunga il quorum del 50%+1 degli elettori che hanno espresso una preferenza, e dal calcolo dei voti si ricaverà il risultato; mentre, in assenza di quorum — oppure con una maggioranza di “No” — le cose restano sostanzialmente invariate.
REFERENDUM 2025, QUESITO N.2 SULLE PICCOLE IMPRESE: COSA CAMBIA CON IL “SÌ” E COSA SUCCEDE CON IL “NO”
Venendo a noi, il secondo quesito referendario è — appunto — quello relativo ai licenziamenti nelle piccole imprese, e mira a modificare parzialmente l’articolo 8 della legge numero 604 del 15 luglio 1966 e la successiva modifica della legge 108 dell’11 maggio 1990: l’argomento è relativo ai licenziamenti per ingiusta causa nelle imprese che hanno meno di 15 dipendenti e, soprattutto, al risarcimento riconosciuto al lavoratore ingiustamente licenziato.
Allo stato attuale, i licenziamenti ingiusti nelle piccole imprese prevedono risarcimenti pari a un minimo di 2,5 mensilità ed un massimo di 6, in base all’entità del danno arrecato: il Referendum 2025 mira a far cadere il limite massimo delle 6 mensilità, disponendo che sia il giudice a valutare in ogni singolo caso a quanto dovrebbe ammontare il risarcimento, con la possibilità di estenderlo anche oltre le sei mensilità.
A fronte di una maggioranza di “Sì” al secondo quesito, d’ora in poi per i licenziamenti ingiusti non ci sarà più alcun tipo di limite massimo di risarcimento, a beneficio (ovviamente) del lavoratore; mentre, se fosse il “No” a prevalere — oppure l’astensionismo dai Referendum 2025, facendo registrare quell’affluenza flop più volte stimata e riportata nei sondaggi condotti nelle scorse settimane — non cambierebbe nulla rispetto all’attuale sistema, con sei mesi massimi di indennizzo.
