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Home » Esteri » Europa » Blackout in Spagna: le telefonate accusano il fotovoltaico/ Il gestore sapeva delle anomalie prima del crollo

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Blackout in Spagna: le telefonate accusano il fotovoltaico/ Il gestore sapeva delle anomalie prima del crollo

Claudia Maria Iannello
Pubblicato 11 Giugno 2025
Blackout Spagna

Blackout in Spagna: metropolitane al buio (ANSA-EPA 2025)

Blackout in Spagna: nuove rivelazioni emerse dalle telefonate tra gestori e operatori. Fotovoltaico e instabilità dietro il crollo della rete elettrica

Il blackout che ha colpito la Spagna lo scorso 28 aprile continua a far discutere, anche perché – a quasi due mesi dall’evento – non esiste ancora una versione ufficiale su cosa sia realmente accaduto: all’inizio si era parlato di un attacco hacker, poi il governo aveva smentito che fosse colpa del nucleare o delle rinnovabili, ma intanto emergono dettagli che sembrano raccontare un’altra storia, in quanto, secondo quanto riportato da El Debate, nelle settimane e nei giorni precedenti al blackout, alcuni operatori delle reti di distribuzione avrebbero contattato Red Eléctrica (Ree), cioè il gestore della rete nazionale, per far presente una serie di sovratensioni e oscillazioni anomale nel sistema elettrico.


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Le registrazioni di queste telefonate – pubblicate dal giornale – rivelano che già diversi giorni prima del blackout erano emerse instabilità nella rete, associate da Ree alla scarsità di produzione nucleare e all’eccessiva presenza di energia fotovoltaica: in pratica, il sistema si sarebbe trovato a gestire fluttuazioni rapide e imprevedibili e proprio nelle telefonate, gli operatori descrivono una situazione molto instabile, con tensioni che salivano improvvisamente e obbligavano a continui interventi sulle sottostazioni.


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Il giorno del blackout, poco prima che tutto saltasse, si ripetono le segnalazioni: ci sono troppe fluttuazioni in pochi minuti, la rete sembra reggere a fatica ma risposta di Red Eléctica è sempre la stessa, ovvero l’energia solare, che entra e esce dalla rete a seconda dei prezzi e dei meccanismi di compensazione, e se queste conversazioni fossero confermate – e finora nessuno ne ha smentito l’autenticità – significherebbe che si era consapevoli delle problematiche, ma che non si è intervenuti in tempo.

Questo induce, inevitabilmente, a dubitare non solo sulle responsabilità dirette, ma anche su quanto la spinta verso le energie rinnovabili stia mettendo alla prova la tenuta del sistema elettrico, soprattutto quando mancano strumenti adeguati per bilanciare la produzione: in quel momento, in rete, oltre il 70% dell’energia arrivava da fonti rinnovabili, ma con pochissimo supporto da gas e nucleare, cioè da quegli impianti che riescono a stabilizzare le frequenze e assorbire le variazioni improvvise.


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Blackout tra sovratensioni, fotovoltaico e rincari: cosa sta succedendo davvero alla rete elettrica spagnola

Dopo il blackout, la risposta è stata immediata ma drastica: tagli decisi alla produzione fotovoltaica e ritorno a gas e nucleare per garantire una maggiore stabilità della rete e, secondo i dati resi pubblici, nel mese successivo all’incidente, il costo totale del sistema elettrico è aumentato del 59,4% rispetto ad aprile, una conseguenza delle manovre necessarie a tenere in piedi il sistema, che però mostra quanto la transizione energetica – senza un’infrastruttura adatta – rischi di essere fragile e, alla lunga, anche costosa.

I problemi tecnici che hanno portato al blackout, inoltre, potrebbero essere stati responsabili anche del caos ferroviario avvenuto pochi giorni prima, il 22 aprile, quando un’interruzione elettrica ha bloccato 31 treni e lasciato a terra più di 10.000 persone nell’area di Madrid; gli operatori ora stanno cercando di capire se dietro a entrambi i casi ci sia lo stesso tipo di squilibrio, cioè troppe rinnovabili in rete senza abbastanza capacità di assorbimento delle oscillazioni.

L’impressione, per molti, è che si sia corso troppo nel voler spingere sulla produzione da fonti pulite senza accompagnare questo processo con adeguati strumenti di compensazione e non si parla solo di batterie o impianti di accumulo, ma proprio di equilibrio tra le fonti; una rete affidabile ha bisogno di stabilità, e se manca l’inerzia offerta da impianti come quelli nucleari o a gas, si rischia il corto circuito, anche in senso letterale.

Le conversazioni pubblicate raccontano una gestione non solo in affanno, ma anche a conoscenza delle difficoltà e se a questo si aggiunge il fatto che, secondo alcune ricostruzioni, il governo spagnolo avrebbe cercato di arginare le polemiche nominando figure di fiducia nelle commissioni d’inchiesta, il caso assume aspetti ancora più controversi, e porta a chiedersi fino a che punto si può spingere sulle rinnovabili senza mettere a rischio la sicurezza della rete.


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