Com’è morto Sinisa Mihajlovic: il calvario alle prese con la malattia - leucemia - dell’icona del calcio italiano.
Non c’era barriera che tenesse, assetto o strategia nel tentativo di schermarlo; era tutto affidato alla sorte quando Sinisa Mihajlovic si accingeva a raggiungere il punto per battere i suoi mirabolanti calci di punizione. Con un tocco delicato, il suo sinistro aggira le leggi della fisica e dipingeva traiettorie che costringevano agli scongiuri di rito tifosi e giocatori avversari. La stella del compianto ex calciatore e allenatore è brillata con le maglie più blasonate della Serie A; Inter, Lazio, Roma. Anche da allenatore non sono mancate le soddisfazioni e impressa nella memoria è la sua ultima esperienza sulla panchina del Bologna proprio nel periodo in cui lo spettro della malattia lo ha costretto alla fase più acuta del calvario.

Era il 13 luglio del 2019 quando Sinisa Mihajlovic parlava per la prima volta della malattia: “Ho la leucemia, ma vincerò anche questa partita”. Una promessa nella quale credeva, supportato da milioni di appassionati ma soprattutto dalla sua amata famiglia che nemmeno per un attimo lo ha lasciato solo nella sfida più importante della sua vita. “Giocherò d’attacco, come ho sempre fatto”, alterna cure e campo, guadagnandosi l’affetto e la vicinanza costanti da parte dei tifosi del Bologna.
Sinisa Mihajlovic e il calvario della malattia: un guerriero in campo e nella vita
Le cure sembravano dare i frutti sperati, Sinisa Mihajlovic nel primo periodo contro la malattia sembrava avere la meglio. Nel 2022, come un fulmine a ciel sereno, la notizia peggiore: l’allora allenatore del Bologna annunciava il ritorno della leucemia in una forma ancor più aggressiva. Mesi difficili, di grande apprensione, fino alla morte del 16 dicembre 2022 che sconvolse il mondo del calcio e la totalità di amici e affetti.
All’età di 53 anni, un maestro del calcio è un grande uomo nella vita di tutti giorni, ci ha lasciati; Sinisa Mihajlovic non ha retto al ritorno della malattia – leucemia – lasciando comunque il ricordo di un calvario vissuto senza perdere il suo piglio, la sua grinta, quel mordente che lo ha reso grande nel rettangolo di gioco e amato da chi lo circondava nella vita di tutti i giorni.
