“Opera aperta” alla biennale architettura di Venezia e “Conciliazione 5” a Roma attestano un rapporto privilegiato della Chiesa con l'arte contemporanea
È sorprendente la convinzione con cui la Chiesa da un po’ di tempo in qua stia dando credito agli artisti di oggi e alla loro capacità di arrivare al cuore del tempo presente.
È un’apertura di rapporto vero, ricambiato da una disponibilità altrettanto convinta al dialogo e alla costruzione di visioni (cioè di opere) in cui la speranza ritrova spazio e parola.
Prendiamo due situazioni attualmente in corso. Alla Biennale Architettura di Venezia, il Vaticano ha scelto come proprio “padiglione” l’Oratorio nell’Ospedale dei Pellegrini di Santa Maria Ausiliatrice a Castello, una delle zone più affascinanti della città, un quartiere con una vita locale molto intensa.
Il titolo è emblematico: Opera aperta. Infatti, invece di mettere in vetrina progetti pur eccellenti e sostenibili, è stato attivato un cantiere carico di richiami simbolici. Un cantiere di ascolto, di riparazione e di incontro. In quell’antico edificio ci sono i restauratori che lavorano sui muri e sulle decorazioni e quindi sono impegnati su un qualcosa che ha a che fare con l’architettura.
Ma nello stesso tempo quello spazio è un luogo in cui si cercano di riparare le ferite sociali. Le persone possono incontrarsi e mangiare insieme; generazioni diverse dialogano, abitanti e turisti “invasori” per una volta si guardano in faccia e si parlano. Un inedito vissuto quotidiano che ha come sfondo sonoro gli studenti di musica che qui trovano uno spazio per le prove.
Non è un caso che la Giuria della Biennale abbia assegnato la Menzione speciale a questo padiglione (o meglio “anti padiglione”) del Vaticano, progetto in divenire che abbraccia pratica architettonica e pratica sociale. Ha spiegato il cardinal Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero della Cultura vaticano: “Non è tanto il luogo dove arrivi, ma è il tuo cammino a esser già l’icona, l’atelier la tua grande opera. Attraverso il pensiero che innesca e il coinvolgimento di una comunità, l’arte ci aiuta a vincere una condizione di individualismo esacerbato, uno star system troppo facile, un mercato che finisce per condizionare anche l’effettivo ruolo sociale, culturale, politico, spirituale che l’arte può avere”.
Mentre questo accade a Venezia, a Roma è stato varato un esperimento ugualmente significativo. Conciliazione 5 è uno spazio in cui nel corso del Giubileo si alterneranno artisti di primissimo piano della scena internazionale con progetti espositivi che abbiano al loro centro il tema della speranza (la curatela è affidata a Cristiana Perrella).
Un percorso attuato con “una programmazione visionaria, che sta mobilitando alcune tra le migliori menti in circolazione e appare come una delle poche, reali novità nel mondo dell’arte contemporanea”, ha scritto Flaminia Gennari Santori su Il manifesto.
Ha iniziato Yan Pei-Ming, pittore cinese, con una serie di 27 grandi ritratti realizzati a carcerati e operatori a Regina Coeli. Ora è la volta di Adrian Paci che ha presentato un’installazione video, intitolata The bell tolls upon the waves: si vede una campana messa su una boa davanti alla costa di Termoli che suona cullata dalle onde. L’opera è un richiamo alla vicenda della Campana di Santa Caterina usata per avvisare i marinai in caso di pericolo, che gli invasori turchi nel 1566 avevano tentato di trafugare. Un tentativo vano, perché nel trasporto la campana era finita in mare affondando l’imbarcazione su cui viaggiava. Ora è come riemersa, ed è tornata a suonare note, non più rintocchi di allarme ma di speranza e di commozione.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
