Sembra che in Ucraina ci siano delle proteste della popolazione contro Zelensky. Intanto dei numeri di Kiev sembrano non quadrare
Mentre si trascina una guerra che sembra non voler finire mai, è evidente come qualcosa si stia invece rapidamente muovendo sul “fronte interno” ucraino. Zelensky, eletto nel 2019 proprio per combattere la corruzione dilagante, vede infatti un forte appannamento della sua immagine in patria, mentre sale la protesta nonostante i divieti e la legge marziale.
Più componenti possono esserci dietro alle proteste di piazza dei giorni scorsi: oligarchi scontenti, futuri candidati che cercano visibilità, pressioni esterne che hanno interesse a destabilizzare il Paese in vista di un rapporto privilegiato con chi avrà in mano i poteri forti l’indomani di un cessate il fuoco.
D’altronde la guerra si sta trasformando sempre di più in un affare economico e non solo per i produttori di armi, ma per stabilire chi riuscirà a mettere la propria bandierina sulla ricostruzione e lo sfruttamento delle risorse naturali del Paese. Putin in primo luogo, ma anche gli Usa di Trump, con l’Europa che resta nebulosa sullo sfondo e sempre più lontana dalla ribalta. Libertà e democrazia sono bei concetti che però restano fattori secondari quando bisogna stabilire le reciproche future zone di influenza, con Putin che certo non vuole avere pericolosi concorrenti sulla porta di casa.
Sempre più difficile stabilire poi i limiti tra verità e propaganda, certo che intanto tutti hanno capito che c’è davvero qualcosa che non va per l’aspetto corruzione, con Zelensky che ha tentato – forse ricattato da alcuni suoi stretti collaboratori o controllori-ombra – di “auto-accentrare” i controlli facendo (addirittura!) “preoccupare” l’Ue, salvo poi una clamorosa retromarcia che ha dimostrato una sua forte debolezza. Bruxelles è scontenta perché la faccia deve pure salvarla, anche se nessuno sa quanto costi e sia costata questa guerra all’Europa, alla Nato e all’Occidente e che controlli siano mai stati fatti per verificare queste spese di centinaia di miliardi di euro.
Ha sorpreso che proprio sul capitolo corruzione molti ucraini siano comunque scesi in piazza a protestare (proteste troppo semplicisticamente “fomentate da Putin” secondo buona parte della stampa occidentale) ed è strano che a manifestare contro Zelensky e soprattutto il suo entourage sia sceso in piazza perfino il sindaco di Kiev nonostante la legge marziale in vigore da tre anni e mezzo che in Ucraina vieta ogni forma di protesta (oltre che ogni tipo di elezione).
Ma è sui numeri che soprattutto la faccenda non quadra. Secondo infatti lo stato maggiore ucraino (fonte ANSA del 22 luglio), nell’invasione Mosca avrebbe già perso 1.045.220 soldati, 11.041 carri armati, 23.037 veicoli corazzati da combattimento, 56.041 veicoli e serbatoi di carburante, 30.722 cannoni e pezzi di artiglieria, 1.446 sistemi di lancio multiplo, 1.199 sistemi di difesa aerea, 421 aerei, 340 elicotteri, 47.552 droni, 28 navi e un sottomarino.
Incredibile la precisione di questi dati sulle presunte perdite nemiche (quelle ucraine sono invece “riservate”), ma pensiamo ai presunti 1.045.220 russi messi “fuori combattimento” ovvero morti o gravemente feriti. Un’ecatombe pari a due volte e mezza tutti i caduti italiani nella Seconda guerra mondiale su tutti i fronti, compresi i civili morti sotto i bombardamenti, per le rappresaglie, i dispersi o i morti in prigionia. Possibile che tutto sarebbe avvenuto per conquistare in tre anni e mezzo un territorio pari a un quinto dell’Ucraina, con 970 caduti russi solo il 21 luglio scorso?
Credo sia legittimo pensare (e sperare, almeno dal punto di vista umanitario) a dati volutamente “drogati”, ma allora dove finisce la credibilità e la trasparenza dei vertici ucraini? Perché Europa e Nato sono scesi in campo per l’incombente “pericolo Putin” ma che allora si sarebbe quasi auto-distrutto per così modesti vantaggi territoriali.
Le cose quindi non quadrano e tutti hanno interesse a mentire, ma intanto l’Europa triplica le sue spese militari rinunciando a mille altri servizi e investimenti, ad alleanze strategiche e a un rilancio economico post-Covid salvo che per le industrie belliche, soprattutto tedesche.
In ogni conflitto la disinformazione e la propaganda sono reciproche e fondamentali, ma il rischio è che in mezzo si assopisca in Europa proprio la libertà e correttezza di informazione, proprio quando sempre più europei si chiedono come e quando finirà questo conflitto.
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