Gesù non respinge i raccomandati (e corrotti) ma li sfida a seguirlo: a Milano potrebbero usare le loro competenze per progetti sull’edilizia popolare
Venerdì 25 luglio, festa di San Giacomo apostolo, la liturgia ci ha proposto la lettura di un brano tratto dal Vangelo di Matteo, capitolo 20. Si racconta di quando la madre dei due fratelli apostoli, Giacomo e Giovanni, andò da Gesù per chiedergli che i suoi figli, in quello che sarebbe stato il suo regno, potessero avere i posti di onore: “Che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. Ne seguì, naturalmente, lo sdegno degli altri dieci, alcuni dei quali, forse, segretamente, ambivano allo stesso privilegio.
È interessante però notare la risposta di Gesù. Innanzitutto, prefigura un destino di sacrificio, di sacrificio estremo, per chi vuole seguirlo. E poi, chiarito questo, non scaccia i raccomandati, ma riaccogliendoli insieme agli altri li mette tutti insieme alla prova: a queste condizioni, volete continuare a seguirmi?
Sappiamo che così fecero e sappiamo che Giacomo fu il primo martire tra gli apostoli. A questo punto, però, mi chiedo: perché nel Vangelo non viene nascosto un episodio in cui gli stessi apostoli non hanno fatto certo una bella figura?
Inoltre, perché Gesù non punisce severamente quello che realmente era stato un tentativo di corruzione, che oltretutto rivelava un totale fraintendimento della sua missione?
Alla prima questione rispondo così: i Vangeli e in genere le gli scritti del Nuovo Testamento non hanno lo scopo di mettere in risalto il comportamento degli apostoli, se non il fatto di essere chiamati a seguire Cristo, nonostante qualunque meschinità. Si tratta di mettere in risalto Lui e la sua realtà di Salvatore misericordioso, non i nostri possibili meriti.
Quanto alla seconda questione mi sembra di poter dire che Gesù non si preoccupa tanto del tentativo di corruzione, quanto del fatto che venga frainteso lo scopo della sua missione di salvezza. In questo senso non esclude i due fratelli, ma li sfida a riprendere il cammino in un modo degno della loro vocazione e del destino che li attende.
A questo punto, scusate il paragone, mi sono venute in mente le vicende, attuali e del passato, dove sembra siano coinvolti amministratori e imprenditori in episodi gravi di corruzione. Non ho nessun titolo per giudicare la colpevolezza o meno delle persone coinvolte. Mi piacerebbe, però, che una volta accertate le responsabilità, piuttosto che rinchiudere gli eventuali colpevoli in prigione, una volta restituito il più possibile il maltolto, fossero condannati a mettere a disposizione la loro, a volte, notevole esperienza e competenza per realizzare grandi progetti a favore del bene comune.
Ad esempio, realizzare quell’edilizia popolare che manca e che permetterebbe a tanti lavoratori di poter vivere a Milano. Così, tra l’altro, essi stessi potrebbe riappropriarsi del gusto di lavorare secondo la loro professionalità. Altro che lavori forzati!
Okay, il Vangelo è il Vangelo, la Giustizia è la Giustizia, ma qualche volta non sarebbe male che fosse disposta a ispirarsi al Vangelo.
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