Il Pd, nonostante i fisiologici mal di pancia che sono pressoché scontati in un partito del 20%, è compatto dietro la segretaria Schlein, dicono i sondaggi
Sondaggi. Problemi vari con i cosiddetti “cacicchi” nelle regioni, come Vincenzo De Luca. Una linea di politica estera ritenuta ondivaga, per mesi, se non anni, dall’Ucraina a Gaza. Una eccessiva chiusura alle istanze di centro, a vantaggio delle posizioni più spostate a sinistra, quelle che riflettono l’orientamento personale della segretaria Schlein. Un orientamento programmatico schiacciato sulla Cgil di Landini. Una iniziativa politica troppo subordinata ai 5 Stelle di Conte. Sono, queste, solo alcune delle accuse all’indirizzo di Elly Schlein che creano discussioni e critiche nel Partito democratico. Eppure, a dispetto di tutto ciò, il Pd si conferma per il secondo partito italiano e in questo presenta una stabilità nei consensi che continua a sorprendere gli osservatori.
Arnaldo Ferrari Nasi, sondaggista e analista politico, ci guida in questa esplorazione del Pd “formato Schlein”.
Dottor Ferrari Nasi, il Pd viene spesso rappresentato come un partito litigioso. È vero?
I numeri confermano il luogo comune: il 54% degli elettori del Pd pensa che vi siano troppe correnti e fazioni nel partito. Una cifra importante, seppure lontana dall’essere un’opinione condivisa. Va segnalato che la spaccatura è particolarmente avvertita da chi si definisce di sinistra.
Questa divisione interna mette a repentaglio l’identità del partito?
Non del tutto. La maggioranza del Pd, pari al 55%, ritiene che la direzione del partito sia piuttosto chiara. Il disagio sulle divisioni interne al partito non è grave quanto perdere identità.
Quali sono i gruppi più critici, per quanto concerne la linea politica?
Ad avere più difficoltà a capire quali siano le politiche del partito sono i giovani e i laureati del Centro e del Sud Italia. Sul piano del voto non c’è già più una forte divisione tra centro e sinistra: pesano soprattutto fattori demografici.
E sulle alleanze col Movimento 5 Stelle?
Anche su questo il partito è diviso: il 55% degli elettori del Pd è favorevole a un’alleanza, mentre il 40% è contrario. Le garanzie di un accordo sono scarse e la divisione (tra pro e contro) è più netta tra le donne, i giovani e i parlamentari più centristi.
E questa differenza di orientamento sulle alleanze è destinata ad avere un ruolo anche nei prossimi appuntamenti elettorali?
Assolutamente sì. La storia recente insegna che in un sistema polarizzato la coesione è comunque la chiave per la vittoria. Ma è anche su questo punto che le differenze di genere e generazione fanno sentire il loro peso, influenzando possibili scelte future.
Sembra che Elly Schlein abbia consolidato la sua leadership. Conferma?
Assolutamente sì. Nei sondaggi la quota di elettori dem che accreditano Schlein di “avere le carte in tavola” per portare il partito al governo nel 2025 è passata dal 58% del 2023 al 76% del 2025. Un risultato che restituisce, dopo gli anni turbolenti e gli argomenti destinati a naufragare, una “compattezza di pensiero” sorprendente.
Oggi il Pd si distingue dai suoi avversari nell’opinione pubblica?
Solo grazie alla sua resilienza. Se l’è cavata meglio degli altri partiti nel rimbalzare da onde di crisi e di scissioni. Mentre formazioni come il Popolo delle libertà si sono disgregate, il Pd ha mantenuto un nucleo fedele e la capacità di rigenerarsi.
C’è ancora un’anima comunista nel Pd?
Il partito è il frutto di una fusione di più tradizioni, comunista compresa. Adesso stanno nei Socialisti europei, ma i riformisti e i “massimalisti” ci sono ancora. Quel pluralismo è una forza ma anche una fonte di tensioni.
Ci dice un elemento contro-intuitivo che emerge dai suoi sondaggi?
Una fiducia crescente in Schlein, che è riuscita a compattare il partito molto di più di quanto si potesse immaginare, vista la sua storica e comprovata faziosità.
Qual è, dunque, la vera forza del Pd in questo momento?
Capacità di serrare le fila anche di fronte alle avversità. Una cifra che spiega, almeno in parte, la durata della sua presenza sulla scena politica italiana.
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