Suor Zdenka Schelingova (1916-1955) venne torturata dal regime comunista cecoslovacco. Perdonò i suoi aguzzini e ne chiese la conversione (2)
La barbarie con cui il regime si accanisce nei confronti della giovane suora è agghiacciante: Zdenka viene più volte brutalmente picchiata fino a farle perdere i sensi, immersa in una vasca di acqua gelida fin quasi ad affogare per poi essere gettata, nuda, sul freddo pavimento in cemento, dove veniva lasciata a lungo. Gli aguzzini erano poi soliti spogliarla ed appenderla al soffitto, anche a testa in giù, e percuoterla con calci, pugni e bastoni, in particolare sul petto.
Il 17 giugno 1952 suor Zdenka è condannata a 12 anni di carcere e 10 di perdita dei diritti civili per “alto tradimento”. Anche in questo caso, a presiedere il senato giudicante è quel Pavol Korbuly che aveva già condannato Titus Zeman e che si pentirà presto delle sue azioni facendo pubblica penitenza.
Le torture per Zdenka però non cessano, e la suora passa dalle prigioni di Rimavská Sobota, Pardubice e Brno, prima di raggiungere Praga-Pankrác e incontrare Helena Kordová-Wilde.
In questa lunga Via Crucis di torture il punto di svolta è proprio l’incontro con l’altra donna ingiustamente incarcerata. Nasce un rapporto di vera amicizia e sostegno reciproco; Helena è colpita dalla forza della fede di suor Zdenka. Si accorge quasi subito che la religiosa ha subìto l’amputazione del seno destro.
È proprio grazie alle confidenze di Zdenka nei suoi confronti che oggi conosciamo così tanti dettagli della sua storia, e nessuna delle due donne ha dubbi sul fatto che le torture e percosse subite siano state la causa di quel tumore. Nonostante tutto questo dolore, Zdenka si è sempre prodigata per aiutare le sue compagne di sventura, come emerge anche da un documento di valutazione che risale al periodo in cui era reclusa a Brno.
Lo scopo del documento era la richiesta della grazia presidenziale, per via delle condizioni di salute della religiosa, decisamente e chiaramente compromesse in maniera grave. Dopo il trasferimento a Praga nel gennaio del 1955 un altro documento di valutazione prevedeva il decesso di Zdenka “entro un anno”.
Ancora una volta, la raccomandazione è quella di rimetterla in libertà: una pratica diffusa del regime comunista, per liberarsi del fardello di dover gestire una morte scomoda dal suo interno.
La forza della fede e del perdono
Eppure, nonostante l’orrore nel leggere e ricostruire le vicende di suor Zdenka Schelingová, a catturare ultimamente l’attenzione è la sua grande fede e capacità di amare incondizionatamente.
È sempre la testimonianza di Helena a farle emergere. Fin dall’inizio, la donna rimane colpita da quanto intensamente e incessantemente la suora sia raccolta in preghiera; le chiede: “Suor Zdenka, ti prego, per chi preghi tu con tale fervore?”. La risposta: “Prima di tutto prego per coloro che mi hanno torturata, che mi hanno umiliata, e prego per loro affinché Dio ammorbidisca il loro cuore, affinché ciò che mi hanno fatto non si ripeta mai più”.
“Il perdono è la cosa più grande della vita” è un’altra potentissima affermazione che testimonia la fede incrollabile di suor Zdenka Schelingová. “Nulla mi spaventa, nemmeno il vento che porta nubi minacciose, perché so che al di là di quelle nubi c’è il mio amato Sole” è un’altra citazione diretta che avrebbe ispirato lo scrittore Anton Habovstiak per il titolo della sua biografia su suor Zdenka.
Dal racconto di Helena Kordová-Wilde emerge un altro elemento che definisce la potenza del personaggio di Zdenka, la forza con cui il messaggio cristiano si riflette nello sguardo di questa giovane donna.
Suor Zdenka confida a Helena di aver promesso in preghiera la propria vita a Cristo, in cambio della salvezza di quel sacerdote per cui tanto si era impegnata anche concretamente: don Štefan Sandtner. Negli ultimi giorni di quelle tre settimane che le due donne passano insieme, lo sguardo di Zdenka è fisso su un pensiero: “presto non la morte, ma lo stesso Signore Gesù verrà a prendermi”.
Con l’approssimarsi del momento della separazione, Helena è presa da una grande tristezza, ma suor Zdenka la consola e conforta: “Ti lascio la pace di Cristo. A me ormai resta solo Lui, e quel mio debito. Un giorno, tu sarai libera. Vieni allora a visitare la mia tomba e portami un mazzo di rose bianche, che mi piacciono molto”.
Possiamo solo provare a immaginare la commozione di Helena quando, nel 1994, tornata in Slovacchia dopo tanti anni (era emigrata in Gran Bretagna nel 1968), ha potuto finalmente depositare quel mazzo di rose bianche sulla tomba della sua amica, suor Zdenka Schelingová, a Podunajské Biskupice.
Beata suor Zdenka Schelingova
Il 16 aprile del 1955 Suor Zdenka è ufficialmente rilasciata. La sua salute è ormai completamente compromessa e Zdenka manifesta alle consorelle il desiderio di tornare a Krivá, il paese natale. Il 31 luglio del 1955, esattamente settantacinque anni fa, Cristo è infine venuto a riprendersi questa sua sposa, che tanto splendidamente gli ha reso testimonianza nel dolore come nel sorriso (“Sii sempre sorridente! Quanto ingrata devi essere, per non sorridere di tutto!”).

La riabilitazione arriva decisamente presto, nel 1970, grazie a quel don Štefan Sandtner che lei aveva promesso di salvare. Il sacerdote si attiva insieme alla sorella (giudicata e condannata nello stesso processo) e il regime incredibilmente accetta di annullare le condanne.
Helena Kordová, che in Gran Bretagna aveva sposato un lontano parente di Oscar Wilde, torna in Slovacchia nel 1993 e nel 1994 e rende dettagliata testimonianza di tutto ciò che suor Zdenka le aveva confidato a Pankrác.
Dopo una rapida indagine, stabilito il martirio, san Giovanni Paolo II firma il decreto di beatificazione di suor Zdenka Schelingová il 7 luglio del 2003, con la proclamazione ufficiale in una cerimonia solenne a Bratislava il successivo 14 settembre.
La sua figura è oggi venerata anche in Nord America, dove il racconto del suo martirio si era diffuso quando ancora esisteva la cortina di ferro. Nel documentario a lei dedicato Peter Korbuly, figlio di Pavol, il giudice che l’aveva condannata, colpito dalla forza della testimonianza di Zdenka, afferma: “Se potessi incontrare suor Zdenka, la abbraccerei. La abbraccerei, e le chiederei perdono, perdono! Non cancellerebbe nulla, ma sarebbe per me molto importante: chiedere perdono”. Quel perdono che per Cecilia Schelingová, la nostra suor Zdenka, “è la cosa più bella nella vita”.
Non possono esserci dubbi sul fatto che Zdenka ricambierebbe quell’abbraccio e non esiterebbe a perdonare, anche oggi, 75 anni dopo il suo martirio.
(2 – fine)
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