Il film "I fantastici quattro - Gli inizi" non sembra in grado di poter rilanciare le sorti dei Marvel Studios
In questa estate che avrebbe dovuto segnare la rinascita dei cine-comic, al Superman della Warner/DC risponde Marvel con l’ennesimo tentativo di dare degna vita cinematografica ai Fantastici Quattro dopo tre film più o meno fallimentari (e un quarto rimosso, divenuto di culto per la sua bruttezza).
Gli incassi dicono che, pur con un maggior successo rispetto agli immediati predecessori, film del genere, così canonici faticano rispetto al pubblico attuale (che infatti ha decretato il clamoroso successo della goliardia di Deadpool & Wolverine), nonostante l’accoglienza critica sia buona.
In particolar modo, questo I fantastici quattro – Gli inizi dimostra la difficoltà della Casa delle Idee cinematografica a concepire un nuovo immaginario su cui costruire la sua risalita (non è un caso che si stiano già giocando la carta Avengers). L’idea alla base di questo reboot diretto da Matt Shakman e scritto da Josh Friedman, Eric Pearson, Jeff Kaplan e Ian Springer è di ambientarla in un presente che guarda al passato, agli anni ’60, alle sitcom come La famiglia Brady e a cartoons come I pronipoti per immetterci la vicenda della famiglia Richards, astro-scienziati che dopo un viaggio nello spazio andato male si ritrovano variamente potenziati.
Divenuti degli idoli su una delle Terre del multiverso Marvel (ovvero Terra 828, dalla data di nascita di Jack Kirby che inventò il supereroico quartetto), i quattro si trovano nei pasticci quando Galactus, uno dei più temibili nemici di sempre, un onnipotente mangiatore di pianeti, chiede loro di cedergli il figlio che stanno aspettando, Franklin, uno degli esseri più potenti mai creati, in cambio della salvezza del loro pianeta.
Shakman e il team di scrittori cercano di abbassare le ambizioni narrative e i rimandi alla contemporaneità per concentrarsi sui personaggi, renderli adatti al cinema di oggi mentre si occhieggia all’estetica del passato, partire dagli stereotipi e affrancarsene, soprattutto messi di fronte al dolore del sentimento familiare, allo struggimento per i rimpianti e i rimorsi legati all’intimità e che si spostano anche nella descrizione di Silver Surfer, araldo di Galactus e uno dei più bei personaggi marveliani, che qui prende una nuova veste, più coerente con il contesto. Come in Superman, le fragilità e le sconfitte contano più dei trionfi.
WandaVision, serie Marvel che giocava con gli stilemi della sitcom e in particolare quella degli anni ’50 e ’60.
I fantastici quattro – Gli inizi pare non muoversi da lì, senza però l’inventiva di quel prodotto, di fatto senza essere in grado di costruire uno spettacolo degno delle ambizioni risposte, in cui la parola supera le immagini e le immagini – per esempio, la discutibile CGI di La Cosa – sono di rado all’altezza del compito, riduce temi giganti a trovate di profilo non troppo alto, sbagliando anche la direzione di un super cast (Pedro Pascal, Vanessa Kirby, Ebon Moss-Bachrach e Joseph Quinn, più Julia Garner) che non trova mai la chimica imprescindibile per un gruppo simile.
Se questo doveva essere il viatico per un rilancio, sospettiamo che alla Marvel, ora, avranno più di un grattacapo.
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