Paolo Calissano, il ritratto del fratello Roberto e l'amarezza per la morte in solitudine: "Scelse di farlo con i farmaci. Non ho voluto vedere la salma"
Paolo Calissano venne emarginato, poi fu tradito e alla fine scelse di morire con i farmaci: l’unico ad aiutarlo fu Maurizio Costanzo. A rivelarlo è il fratello dell’attore noto in particolare per aver partecipato alla fiction Vivere.
Ne parla al Corriere della Sera, in un’intervista che si trasforma in un ritratto intimo e doloroso del fratello, un uomo fragile, segnato da incomprensioni familiari, dal peso del successo, da un grave episodio giudiziario e da una solitudine che lo spinse ai farmaci e alla morte, intossicato da un mix di antidepressivi.
Nessun errore: “Cercava la morte“, assicura Roberto Calissano, spiegando che il fratello non voleva più vivere. Racconta di un’infanzia un po’ complicata per le liti dei genitori, che poi si separarono: “Non siamo mai stati supportati, specialmente lui. Ne soffriva“. Ma ricorda anche l’adolescenza da seduttore del fratello e la tendenza ad esibire la virilità “come un trofeo“.

Erano molto legati Paolo Calissano e Roberto, non si sono mai contesi una ragazza e non erano mai gelosi l’uno dell’altro. Il padre, invece, non credeva nelle qualità del figlio, era convinto che da attore avrebbe fallito, lo voleva in azienda come Roberto. “La disapprovazione paterna lo ha segnato per sempre“.
LA TRAGEDIA DEL 2005 E IL DECLINO
In merito al successo, Roberto Calissano racconta che il fratello Paolo lo viveva bene, “anche se veniva assalito ovunque“, ma era depresso, e lo nascondeva. Infatti, non ne parlavano, probabilmente perché il fratello non voleva mostrarsi debole, essendo il maggiore. Quando cominciò a notare alcune reazioni eccessive e una certa aggressività, Roberto iniziò a farsi qualche domanda, senza però ricevere risposte da Paolo. “Se avessi intuito allora quello che sarebbe successo mi sarei imposto diversamente“.
Nel 2005 ci fu poi la morte di una donna per overdose di cocaina nella casa di Paolo Calissano, che venne accusato di avergliela ceduta e finì per questo in carcere, patteggiando 4 anni scontati in una comunità di recupero per tossicodipendenti. Da allora la situazione è degenerata: “Non si è più risollevato. Non fu colpa sua, è stata una disgrazia“.
Paolo Calissano viveva da quel momento con una “profonda vergogna per aver disonorato la famiglia“. Non lavorava più, aveva scontato la sua pena, però era ormai tagliato fuori, venendo associato sempre a quella vicenda. “Lo invitavano in tv solo per parlare di droga“. Una volta finì in ospedale per un malore, ma qualcuno riferì che aveva avuto problemi di droga.
I TORMENTI E LA DIPENDENZA DAI TRANQUILLANTI
L’unico ad aiutare Paolo Calissano era Maurizio Costanzo: “Gli tese una mano, gli voleva bene“. Ma l’attore non seppe cogliere quell’aiuto, anzi scappava, “tormentato dai suoi demoni“. Era fragile e isolato anche da chi doveva aiutarlo: il riferimento in questo caso è all’amministratore di sostegno, per il quale ora Roberto Calissano vive con un senso di colpa terribile, perché fu lui a presentarlo, ma venne tradito.
Ora c’è un processo ancora in corso per quella vicenda, che ha acuito i problemi dell’attore. Roberto era convinto che fosse una fase e provò a convincerlo a smettere, ma le reazioni del fratello erano rabbiose. “Quando infine smise con la cocaina la sostituì con i tranquillanti. Sono stati quelli a ucciderlo, non la droga“. A un certo punto litigarono e si allontanarono, ma fecero pace l’estate prima che Paolo morisse.
LA TRISTE FINE DI PAOLO CALISSANO
Paolo Calissano era pronto a mettersi in gioco come sceneggiatore, ma il Covid fece sfumare tutti i suoi piani. Una settimana prima della morte lo invitò per Natale, ma Paolo preferì restare a casa: “Aveva la voce affaticata, sofferente, impastata. Era il preludio della fine“.
Fu proprio l’amministratore di sostegno a dargli la notizia della morte del fratello: stentava a crederci, anche perché arrivava a dormire per giorni quando assumeva i tranquillanti. Ma purtroppo era tutto vero. “Non l’ho voluto vedere da morto“, preferisce ricordarlo da vivo, del resto ricorda perfettamente tutto di lui.
