Serve una strategia europea per la sostenibilità del welfare, ricorda il Presidente dell'Inps, ospite del Meeting di Rimini
In un Paese come l’Italia, alle prese con un calo demografico tra i più accentuati d’Europa, ci si chiede con una certa frequenza se chi oggi sta lavorando o deve iniziare a farlo potrà avere una pensione.
Il Presidente dell’Inps, Gabriele Fava, ospite oggi del Meeting di Rimini, su questo tema è piuttosto netto, ribadendo che «la sostenibilità del sistema previdenziale oggi non è in discussione. Lo dicono i numeri, non le opinioni: nel 2024 abbiamo registrato 400mila nuovi assicurati, raggiungendo 27 milioni di lavoratori attivi, di cui oltre 7 milioni giovani. È un record storico, che dimostra la vitalità del nostro tessuto sociale e produttivo. Nel 2024 l’Istituto, per la prima volta negli ultimi anni, ha registrato un saldo positivo di 15 miliardi di euro, patrimonio netto in crescita e contributi a +5,5%. Naturalmente, il contesto demografico resta complesso, ma non è una sfida solo italiana: riguarda tutta l’Europa.
Come possiamo affrontarla?
Le previsioni della Commissione europea parlano chiaro: la spesa pensionistica italiana crescerà fino al 17,3% del Pil nel 2036, per poi ridursi progressivamente verso il 13,7% nel 2060. È una curva impegnativa ma governabile, se sapremo investire in occupazione, produttività e partecipazione al lavoro.
Ed è per questo che al Meeting di Rimini, insieme alla Fondazione per la Sussidiarietà e agli istituti previdenziali di altri Paesi europei, abbiamo avviato un percorso che porti a individuare una linea di azione comune nei confronti della Commissione europea con l’obiettivo di affrontare insieme le grandi sfide del nostro tempo: l’allungamento della vita, il calo della natalità, il futuro delle nuove generazioni, l’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro e sulla società. Perché la sostenibilità del welfare non si gioca solo nei confini nazionali: serve una strategia europea. L’Italia ha scelto di guidare questo percorso, non di subirlo.
L’occupazione in Italia cresce, ma ci sono soggetti, in particolare giovani e donne, che sono più penalizzati sul mercato del lavoro. Cosa si può fare per aiutarli in modo che cresca la base occupazionale cruciale per la tenuta del sistema previdenziale?
La vera sfida è allargare la partecipazione al lavoro. E questo significa tre cose: più giovani, più donne, più permanenza attiva per chi è in buona salute oltre i sessant’anni. La Legge di bilancio 2025 con il cosiddetto bonus “Giorgetti” ha fatto una scelta coraggiosa: incentivare chi decide di continuare a lavorare. Non è un favore a pochi, è un investimento per tutti. Perché i dati di Eurostat ci dicono che nei Paesi dove gli over 60 restano più a lungo nel mondo del lavoro aumenta anche l’occupazione giovanile. Non esiste un conflitto generazionale inevitabile: se costruiamo un patto tra le età, ogni generazione diventa una risorsa per l’altra.
Cosa può fare in particolare l’Inps su questo fronte?
Il nostro impegno è duplice: garantire accesso ai diritti eaccompagnare le trasformazioni del lavoro. L’Inps oggi assicura 470 prestazioni previdenziali e assistenziali a 52 milioni di cittadini. Ma ancora troppi non le conoscono. Per questo stiamo spingendo sulla digitalizzazione: la nuova App Inps Mobile, semplice e intuitiva come una piattaforma bancaria, in soli sette mesi ha superato 2,7 milioni di nuovi utenti, raggiungendo oltre 6 milioni di utilizzatori abituali e 40 milioni di accessi ai servizi. Abbiamo introdotto in via sperimentale la videochiamata come nuovo canale di relazione in tre regioni e dodici città. Significa che il cittadino può parlare con l’Inps senza muoversi da casa.
E parallelamente stiamo attuando la rivoluzione tecnologica dell’Intelligenza artificiale, accelerando su digitalizzazione e automazione. Strumenti che, se ben governati, riducono le disuguaglianze; se lasciati a se stessi, rischiano di crearne di nuove. L’Inps ha scelto di guidare questo cambiamento, mettendo sempre la persona al centro.
Nella digitalizzazione quanto è presente l’Intelligenza artificiale?

L’Inps è oggi la più grande organizzazione pubblica europea ad aver investito seriamente nell’IA. Abbiamo 38 progetti attivi, di cui 23 già operativi: assistenti virtuali specializzati, automazione di processi ripetitivi come Pec e ticket, analisi intelligente dei documenti. E guardiamo già oltre: linguaggio amministrativo semplificato, analisi predittiva, utilizzo intelligente di dati. Ma c’è un punto fermo: l’Intelligenza artificiale non sostituisce la relazione umana, la rafforza. Noi stiamo ridisegnando il modo in cui l’Inps dialoga con i cittadini: più giusto, più semplice, più vicino ai bisogni reali delle persone.
Recentemente avete lanciato il progetto “Inps per i giovani”. Ci può dire che riscontro state avendo in questi primi mesi di attività?
Il riscontro è stato molto positivo. Con “Inps per i giovani” abbiamo raccolto in un unico spazio digitale tutti i servizi dedicati agli under 35: studenti, lavoratori, disoccupati, inoccupati. Attraverso un semplice QR code, oltre 11 milioni di giovani possono accedere subito ai servizi più utili, in alcuni casi senza registrazione. E abbiamo fatto un passo ulteriore: tutte le comunicazioni postali alle famiglie contengono un QR code dedicato ai giovani. È un messaggio semplice: i genitori e i nonni possono diventare parte di questo percorso, aiutando i ragazzi a conoscere l’Inps come un alleato, non come un’entità lontana.
Quali altri azioni avete in programma su questo fronte?
Dal nuovo anno scolastico lanceremo una campagna nazionale di educazione previdenziale: scuole, università, forze dell’ordine, fiere di orientamento al lavoro, eventi culturali. Perché la consapevolezza si costruisce presto. E lo faremo con i linguaggi dei ragazzi: social network, creator, podcast. L’educazione previdenziale diventa così un progetto generazionale, non un obbligo burocratico.
Per i giovani la pensione appare qualcosa di lontano e forse di irraggiungibile. È così? Cosa si può fare per aiutarli a costruire al meglio la propria posizione previdenziale futura?
I giovani avranno la pensione. E lo voglio dire con chiarezza: la vera sfida non è la sostenibilità in sé, ma la fiducia. Troppi ragazzi oggi vivono la previdenza come un’illusione lontana. Per questo stiamo lavorando al conto previdenziale unificato, che offrirà a ogni cittadino una visione unica e completa della propria posizione, con proiezioni affidabili sul futuro. Non è un servizio in più, è un cambio di paradigma: significa passare da un welfare percepito come complicato e distante a un welfare trasparente, accessibile, vicino alle persone.
Non è certo compito dell’Inps legiferare in tema di pensioni, ma rispetto alle varie ipotesi o richieste in materia (flessibilità, adeguamento dei requisiti all’aspettativa di vita, anticipi con penalizzazioni) a cosa si dovrebbe a suo avviso dare priorità?
La priorità, paradossalmente, non riguarda direttamente i cittadini, ma le imprese. Perché senza imprese vitali, non c’è previdenza sostenibile. Per questo stiamo ripensando il nostro rapporto con il tessuto produttivo: non solo controlli ex post e sanzioni, ma anche accompagnamento, sostegno nelle crisi, affiancamento strategico. Il Correttivo Ter al Codice della crisi d’impresa recepito dall’Inps e tradotto in azioni concrete è uno strumento cruciale: ci permette di intervenire in anticipo per salvare le aziende in difficoltà e tutelare così occupazione e contributi. Un welfare moderno non è solo protezione dei cittadini, è anche alleanza con chi produce valore.
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