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Home » Esteri » Usa » CHARLIE KIRK/ 1. Ucciso da una ragione smarrita che chiama “nazista” chi non la pensa come i dem

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CHARLIE KIRK/ 1. Ucciso da una ragione smarrita che chiama “nazista” chi non la pensa come i dem

Luca Pirola
Pubblicato 12 Settembre 2025
Omaggio a Charlie Kirk a Berlino, 11 settembre 2025 (Ansa)

Omaggio a Charlie Kirk a Berlino, 11 settembre 2025 (Ansa)

Charlie Kirk è stato ucciso da una cultura dell’odio travestita da super-tolleranza a senso unico. Andrebbe riletta Oriana Fallaci

Alla vigilia dell’11 Settembre gli Stati Uniti sono scossi dall’assassinio di Charlie Kirk. Avvenuto nel campus universitario della Utah Valley University, durante un dibattito all’aperto a cui partecipavano centinaia di studenti, il crimine colpisce per l’efferatezza dell’esecuzione e per la figura della vittima.


Putin: “Dombass sarà nostro, coi negoziati o con le armi”/ Trump accelera sulla pace: oggi round USA-Ucraina


Un solo colpo sparato con precisione da oltre 200 metri di distanza, un omicida che, al momento in cui si scrive, non è ancora stato individuato, l’arma del delitto abbandonata con un colpo ancora in canna e munizioni con incisi slogan pro transgender e antifascisti, chiaro segno, se ce ne fosse bisogno, del movente.


TAIWAN/ Tokyo con Taipei come l’Ue con Kiev, non è in grado di aiutarla senza Trump (che può cedere a XI)


Charlie Kirk, 31 anni, cristiano evangelico ma affascinato dalla Chiesa cattolica, sposato, due figli, è stato l’artefice principale del successo di Donald Trump tra i giovani uomini alle ultime elezioni. Cresciuto in un sobborgo di Chicago, rinuncia agli studi universitari per fondare nel 2012 Turning point USA, organizzazione che si propone di promuovere valori conservatori tra i giovani, specialmente all’interno dei campus universitari e che oggi, con oltre 850 capitoli in altrettanti college, è la più grande organizzazione giovanile di espressione conservatrice.

Kirk, autore di un seguitissimo podcast (500mila ascolti mensili), ospite in numerose trasmissioni televisive, amico stretto di Donald J. Trump (il figlio del presidente) e tra i primi sostenitori di J.D. Vance, quando lui stesso non immaginava di poter diventare vicepresidente, ha fatto della libertà di parola il suo cavallo di battaglia.


GOVERNO E UCRAINA/ Decreto armi e invito del Papa, quel doppio "messaggio" alla Meloni


Il tour nelle università americane si svolgeva con un format molto semplice: Kirk si sedeva sotto un gazebo, predisponeva due microfoni, uno per sé, uno per il pubblico e dialoga con chiunque lo desiderasse a microfono aperto, su materie che potevano andare dall’aborto ai dazi, dalla libertà religiosa ai conflitti internazionali. Un eloquio veloce e piacevole, a volte provocatorio ma mai aggressivo, Charlie Kirk era temutissimo dalle organizzazioni della sinistra, dagli attivisti LGBTQ e dagli intellettuali liberal proprio per la sua capacità di entrare in un mondo, quello dei campus universitari, tradizionalmente filodemocratico e di attrarre verso posizioni conservatrici un elettorato – i giovani e gli studenti – tradizionalmente di sinistra.

Donald Trump mentre parla con i giornalisti della morte di Charlie Kirk (Ansa)

Per questo erano continue le mobilitazioni contro Kirk, dalle contestazioni verbali a quelle fisiche, tese a disturbare lo svolgimento degli eventi organizzati dal Turning Point USA, dalle petizioni affinché non gli venisse permesso l’accesso alle università (contro l’evento alla Utah Valley University ce n’erano due con circa 7mila firmatari l’una) alle minacce via social a lui ed alla famiglia.

Il presidente Trump, in un discorso dallo studio ovale, ha voluto sottolineare come la violenza e gli omicidi sono la tragica conseguenza della demonizzazione delle persone con cui non si è d’accordo, spesso portata avanti dai media giorno dopo giorno. Trump punta il dito direttamente contro la sinistra radicale che ha definito “nazista” Charlie Kirk, paragonandolo ai peggiori criminali della storia, accusandola di aver ispirato questo omicidio.

Le reazioni all’omicidio sono state, ovviamente, di condanna unanime da parte del panorama politico americano ed internazionale, ma da subito diversi media di estrazione liberal, nel dare la notizia, hanno inteso sottolineare come Kirk fosse un “estremista MAGA”, un “propagandista anti-aborto”, un “razzista”, un “pericoloso fascista”.

Queste espressioni, utilizzate da politici, giornalisti ed intellettuali, danno atto di un giudizio di fondo presente nel mondo liberal: una figura così non è legittimata a parlare. Se la violenza e l’uso delle armi vengono condannati con forza, l’avversario viene delegittimato. Anche da morto, Kirk non deve essere ascoltato, è meglio che si porti il dibattito sullo strumento del delitto (la diffusione delle armi da fuoco) che sulle ragione per le quali un uomo, cristiano conservatore, è stato ucciso.

È necessario ridurre Charlie Kirk a delle categorie, a degli aggettivi, perché non si entri nel concreto delle sue provocazioni, nel dettaglio degli argomenti che abilmente sosteneva. È necessario, quando non si hanno le parole per controbattere, non farlo parlare.

Dopo la tragedia delle Torri Gemelle Oriana Fallaci scrisse un lungo articolo, intitolato La rabbia e l’orgoglio. Due anni più tardi sentì il bisogno di ritornare sulle sue parole, con un saggio intitolato La forza della ragione.

È alla forza della ragione che in questi momenti occorre tornare. Della ragione come capacità di leggere, affrontare e giudicare la realtà, come caratteristica dell’uomo che gli permette di dialogare, di confrontarsi e di discutere, alla ragione come strumento per guardare la persona, anche l’avversario politico, come un’occasione di rapporto e di crescita, anche quando le sue idee mettono in discussione le tue.

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Tags: Donald Trumporiana fallaci

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