Riforma della Giustizia, il ministro Carlo Nordio invita i magistrati a non strumentalizzare il referendum visto che il loro consenso è in calo
Da un lato celebra l’approvazione della riforma della giustizia alla Camera, dall’altro Carlo Nordio invita alla cautela in vista del referendum, pur restando fiducioso.
Il Guardasigilli ne parla a La Stampa, in un’intervista in cui affronta anche il tema del calo della fiducia dei cittadini nei magistrati, che vede “con dolore da ex magistrato” e rende il referendum anche una questione di consenso, con i cittadini che dovranno decidere di chi fidarsi di più, tra magistratura e governo.

Il rischio è che il voto diventi pro o contro governo o pro-contro i magistrati. Ma se la magistratura lo politicizzasse e il governo vincesse, per le toghe sarebbe un’umiliazione.
LE TENSIONI TRA POLITICA E MAGISTRATURA
Il ministro della Giustizia, inoltre, difende con decisione la separazione delle carriere come passo necessario per modernizzare la giustizia, mentre le toghe restano molto critiche, sostenendo che la riforma non risolve i problemi concreti della giustizia italiana. Ciò conferma le tensioni tra governo e magistratura, ma Nordio rimarca di voler mantenere i toni pacati e di non voler politicizzare lo scontro.
Infatti, il suo è un “appello ininterrotto e pacifico affinché i toni restino pacati e perché ci si soffermi sulle questioni tecniche e giuridiche“. Non dovrebbe percorrere la strada della politicizzazione anche la magistratura, altrimenti rischierebbe “un’umiliazione” in caso di sconfitta.
LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA SECONDO NORDIO
Per quanto riguarda il clima festoso in Aula, criticato per la gravità del contesto internazionale, Nordio ha spiegato che la gioia è legittima, pur nella consapevolezza delle tragedie globali.
Per quanto concerne, invece, il contenuto della riforma, pur riconoscendo che ci sono argomenti per essere scettici, Nordio ritiene che ci siano “ragioni migliori per portare avanti la riforma“, caratterizzata non solo dalla separazione delle carriere, ma anche da due Consigli superiori della magistratura, uno per i giudici, l’altro per pm; un’Alta corte disciplinare per vigilare sulla magistratura. Inoltre, non ci saranno più voti ai giudici da parte dei pm, un’anomalia su cui il governo è intervenuto con tale riforma.
