Tra Congo e Mozambico sono stati uccisi 22 cristiani in quattro giorni: gli attacchi rivendicati dai jihadisti dell'Africa centrale ISCAP
È sempre maggiore l’ondata di folle violenza contro i cristiani che vivono in Africa con il Mozambico e la Repubblica domenicana del Congo che si aggiungono a un sempre più lungo elenco che vede sempre al primo posto la martoriata Nigeria, seguita nelle ultime ore anche dal Camerun; tutto fermo restando che non sempre è facile ricevere informazioni tempestive dal territorio africano con il concreto rischio che numerosi attacchi passino – purtroppo – completamente in sordina.
Secondo alcuni rapporti stilati dall’associazione britannica Aiuto alla chiesa che soffre e dall’osservatorio Memri, tra Mozambico e Congo nel solo arco di quattro giorni tra il 9 e il 12 novembre – ovvero circa un paio di settimane fa – si sono registrati almeno quattro violenti attacchi nel corso dei quali sono stati uccisi 22 cristiani, in larga parte decapitati con il tristemente noto modus operandi più volte utilizzato dai guerriglieri jihadisti affilati – a vario titolo – allo Stato islamico.
22 cristiani uccisi tra Congo e Mozambico: l’ISIS dell’Africa centrale rivendica quattro attacchi
Secondo l’osservatorio Memri, infatti, proprio i jihadisti raccolti attorno al nome di “Provincia dell’Africa Centrale dello Stato Islamico” (o, semplicemente ISCAP) avrebbero rivendicato tutti e quattro gli attacchi che citavamo prima: sul fronte del Congo il primo attacco risale al 9 novembre nel villaggio di Mazenze con sei cristiani uccisi dei miliziani islamici e una 20ina di case incendiate; mentre nel secondo attacco al villaggio di Mayba il numero di cristiani morti è pari a 12, tutti decapitati.

In Mozambico, invece, il primo attacco rivendicato dall’ISCAP risale al 10 novembre e dopo una prima decapitazione – ovviamente a discapito di un cristiano – nella città di Macomia, ve n’è stata anche una seconda di un uomo che stava scappando dai jihadisti; mentre il secondo attacco ha colpito il villaggio di Muambula il 12 novembre e anche in questo caso il numero di morti è di almeno 2, con altri centinaia di cristiani scappati.
Parlando con la ONG Aiuto alla chiesa che soffre, il vescovo Alberto Vera di Nacala ha parlato di una vera e propria “settimana di terrore e grande sofferenza” per il Mozambico, con migliaia di persone – secondo una stima dell’ONU almeno 128mila – costrette alla fuga per trovare riparo “in luoghi più sicuri”, senza neppure la prospettiva in futuro di tornare alle loro abitazioni visto che “la maggior parte delle case sono state bruciate“.
