Giorgia Meloni ha detto di voler cambiare la legge elettorale. Nello stesso tempo vorrebbe accelerare il premierato. La sinistra osserva e tace
Il cantiere per la legge elettorale che Giorgia Meloni vuole aprire nelle prossime settimane è probabilmente la mossa meno aderente alla sua personalità di donna di potere e che accetta le sfide per quello che sono. Il tentativo di modificare le regole prima del voto e senza un ampio accordo bipartisan storicamente ha avuto effetti penalizzanti per chi ha cambiato la legge.
Come è già stato osservato su queste pagine, il tentativo della presidente del Consiglio e del suo partito sembra quello di ottenere un “premierato” con altri mezzi – la legge elettorale, appunto – dato che, come è probabile, la riforma costituzionale del premierato molto difficilmente riuscirà a vedere la luce entro la fine della legislatura, nonostante l’accelerazione annunciata.
Ma la proposta di cambiare il Rosatellum rischia anche di non trovare interlocutori disposti a modifiche sostanziali in un momento così prossimo alle elezioni. Nel centrosinistra l’idea di dover indicare il premier sulla scheda oppure di dover individuare prima delle elezioni chi debba guidare l’alleanza è visto come un meccanismo che boicotta la possibilità stessa di una coalizione.
Né Pd e né M5s sono intenzionati ad avviare la riflessione sulla leadership prima del voto, convinti entrambi che non farebbero altro che litigare anticipatamente e a urne aperte, e forse anche durante la fase pre-elettorale, su chi debba comandare.
Perciò la riforma rischia di essere approvata all’interno del solo centrodestra, con tutte le conseguenze del caso. Ovvero qualche ritocco tecnico ed una tutela dei singoli interessi elettorali (pur legittimi), senza essere sicuri di quale sarà poi il risultato finale.
Le regole del gioco andrebbero sempre cambiate assieme e andrebbero cambiate a inizio legislatura, non alla fine. Ma oramai è tardi e la strada che ha deciso di imboccare Giorgia Meloni appare irreversibile. Tentare il tutto per tutto mettendo se stessa davanti agli elettori con il proprio nome e cognome è una tentazione troppo forte per l’attuale premier, che così non farà altro che catalizzare le opposizioni stesse e un’ennesima battaglia di principio contro i tentativi della maggioranza di scriversi da sola le regole del gioco. L’opposizione ringrazia, perché un finale di legislatura più favorevole non poteva esserci su questi temi.
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