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Home » Politica » DIETRO LE QUINTE/ Premierato, legge elettorale ed Europa, il difficile “risiko” del Governo

  • Politica
  • Elezioni Regionali

DIETRO LE QUINTE/ Premierato, legge elettorale ed Europa, il difficile “risiko” del Governo

Anselmo Del Duca
Pubblicato 1 Dicembre 2025 - Aggiornato alle ore 06:49
Roma. Montecitorio, sede della Camera (Ansa)

Roma. Montecitorio, sede della Camera (Ansa)

La Meloni sente il fiato sul collo della maggioranza numerica del campo largo. Ma cambiare legge elettorale, con o senza premierato, sarà un problema

Per il centrodestra le interminabili regionali d’autunno hanno rappresentato un bagno di realtà. Nessuna sorpresa, ma voto dopo voto un dato politico è parso chiaro: il campo delle opposizioni, che nel 2022 si era presentato smembrato in tre orticelli, sta sempre più diventando un campo unico. E se le opposizioni si saldano, diventano competitive, ponendo pesanti interrogativi in vista del voto del 2027.


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Intendiamoci: la coalizione guidata da Giorgia Meloni si sente tuttora saldamente in vantaggio. Il problema, però, è la legge elettorale, il Rosatellum: visti i suoi incastri, molte proiezioni indicano il concreto rischio che non vinca nessuno alle prossime elezioni, quantomeno al Senato. Un sostanziale pareggio che avrebbe come prima vittima proprio l’ipotesi di un bis della Meloni.


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Non che lo scenario del pareggio sia nuovo: se ne parla almeno da gennaio, quando il campo largo cominciava appena a delinearsi. Ora però, grazie alla caparbietà di Schlein, l’ipotesi sta prendendo quota davvero. Il centrodestra pensava di metterci una pezza con una riforma della legge elettorale, introducendo un sistema simile a quello delle regioni, cioè un proporzionale con premio di maggioranza, così da premiare la coalizione più forte a livello nazionale.

Non a caso è stato il primo schema rilanciato dai vertici di Fratelli d’Italia dopo l’ultima tornata elettorale, quella di Veneto, Campania e Puglia. Nel giro di poche ore, però, lo scenario è cambiato. È stato infatti rispolverato il premierato, una riforma che sembrava finita su un binario morto dopo il primo sì del Senato un anno e mezzo fa, il 18 giugno 2024.


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Ma perché Meloni si è intestata in prima persona il rilancio del premierato, ben conscia che per approvarlo sarà una corsa contro il tempo?

Per rispondere bisogna fare un passo indietro e considerare le obiezioni della maggioranza dei costituzionalisti alla possibilità di ottenere una forma surrettizia di premierato attraverso la sola legge elettorale, con l’indicazione del nome del candidato premier sulla scheda elettorale.

Spoglio delle schede in un seggio elettorale (Ansa)

Ora, a parte le perplessità su questo punto, che limita la potestà di scelta da parte del Capo dello Stato senza cambiare la Costituzione, lo scoglio considerato insormontabile sta nel principio dell’elezione del Senato “su base regionale”. Sino a che queste parole sono scolpite all’art. 57 della nostra carta fondamentale, nessun premio di maggioranza è ipotizzabile per Palazzo Madama. Al contrario, nella riforma del premierato a quell’articolo si aggiungono le parole “salvo il premio su base nazionale previsto dall’art. 92”.

Tutto facile? Niente affatto. Ai primi di gennaio, subito dopo la legge di bilancio, il premierato sarà portato nell’aula della Camera. Tre mesi dopo i due rami del parlamento dovranno ripetere il voto. Nella migliore delle ipotesi siamo a fine aprile, e in mezzo ci sarà il referendum costituzionale sulla riforma della magistratura. A fine giugno ce ne potrebbe essere un secondo, proprio sul premierato. Vincerli entrambi non sarà facilissimo, e non basterà. Un altro sprint dovrà essere fatto per la legge elettorale, e ci sarà tempo solo entro fine settembre.

Il termine è quasi perentorio, perché pende sul nostro Paese un giudizio della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) su un ricorso presentato dall’ex segretario dei Radicali Italiani Mario Staderini (e altri) contro il cambio troppo frequente di leggi elettorali.

La sentenza sembra abbastanza vicina, ma anche se il ricorso sulla legge del 2022 dovesse essere respinto (le modifiche introdotte erano davvero minime), un principio è già stato introdotto, sulla base di un parere richiesto alla Commissione di Venezia, l’organismo consultivo del Consiglio d’Europa in materia di diritto costituzionale.

In quel parere del dicembre 2024 si indica come ragionevole il termine di un anno dalla fine della legislatura per dar tempo a cittadini e forze politiche di prepararsi. Se violato, il “principio dell’anno” potrebbe produrre un contenzioso a livello internazionale, e metterebbe in imbarazzo Mattarella al momento della firma della legge, anche se – riferisce Maurizio Belpietro – dal Quirinale si definisce priva di fondamento la contrarietà del presidente della Repubblica a nuove regole elettorali a ridosso del voto. Il problema comunque esiste, e il centrodestra correrà a perdifiato per evitare anche solo il rischio dello scontro. Non è detto, però, che tutto vada liscio.

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Tags: Legge ElettoraleGiorgia MeloniFdiGoverno MeloniElly Schlein

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