A Lisbona il Papa non ha perso tempo e con i giovani è andato subito al nocciolo della questione, sgombrando il campo da quello che avrebbe potuto essere il più grande equivoco: “Voi non siete qui per caso. Il Signore vi ha chiamati, non solo in questi giorni, ma dall’inizio dei vostri giorni. Tutti ci ha chiamati fin dall’inizio della nostra vita”.
Il rischio di una vita “per caso”, trascinata, da gregari, è altissimo per tutti e il pericolo di essere usati – come ha richiamato il Papa – è reale: “Quanti lupi si nascondono dietro sorrisi di falsa bontà, dicendo di conoscere chi sei ma non volendoti bene, insinuando di credere in te e promettendoti che diventerai qualcuno, per poi lasciarti solo quando non interessi più”.
Giovedì sera, durante la cerimonia di accoglienza a Lisbona, i giovani si sono ritrovati sfidati subito al cuore di ciò che stavano vivendo. Ha insistito il Papa: “Provate a immaginare queste tre parole scritte a grandi lettere; e poi pensate che stanno scritte dentro ciascuno di voi, nei vostri cuori, come a formare il titolo della vostra vita, il senso di quello che sei: tu sei chiamato per nome, tu, tu, tu, tutti noi che siamo qui, io, tutti siamo stati chiamati con il nostro nome. Non siamo stati chiamati automaticamente, siamo stati chiamati per nome”.
È inaccettabile non vivere da protagonisti. Così, davanti al tentativo di usare il “noi” e il “voi” perché di nessuno ci si accorga, il Papa fa uscire dall’ombra la parola “tu”, come un martello in mano a Colui che ci ha voluti e pensati da sempre uno per uno.
Ma cosa vuol dire essere protagonisti? Per don Giussani “Protagonista non vuol dire avere la genialità o la spiritualità di alcuni, ma avere il proprio volto, che è, in tutta la storia e l’eternità, unico e irripetibile”. Il beato Carlo Acutis, uno dei giovani invocato in occasione della Gmg, diceva: “Tutti nascono originali ma molti muoiono come fotocopie”. La cosa più drammatica è che, spesso, si muore come fotocopie convinti di essere originali.
A volte, infatti, capita di assistere a strane dinamiche tra gli uomini. Anziché suonare il motivo per cui sono nati, si fanno passare lo spartito dagli altri. Hanno paura di sbagliare, di rischiare, di stonare, e così, pian piano, vanno in sordina. Il protagonismo a cui ci chiama Cristo non è, evidentemente, l’individualismo o l’autoreferenzialità. Non è nemmeno un comunitarismo per cui uno è sempre identificato per la realtà a cui appartiene, prima che per il fatto di esserci e di essere voluto da un Altro. Il protagonismo cristiano è quello generato dalle domande. Ciò che ci permette di vivere la vita a cui siamo chiamati, senza suonare la musica degli altri, è la domanda del cuore con cui possiamo affrontare tutto.
Il Papa l’ha detto in modo molto efficace: “Non stancatevi mai di fare domande! Fare domande è giusto, anzi spesso è meglio che dare risposte, perché chi domanda resta ‘inquieto’ e l’inquietudine è il miglior rimedio all’abitudine, a quella normalità piatta che anestetizza l’anima. Ciascuno di noi ha dentro di sé le proprie inquietudini. Portiamo con noi queste inquietudini e portiamole nel dialogo tra di noi, portiamole con noi quando preghiamo davanti a Dio. Queste domande che con la vita diventano risposte, dobbiamo soltanto aspettarle. C’è una cosa molto interessante: Dio ama per sorpresa, non è programmato. L’amore di Dio è sorpresa. Sempre sorprende, sempre ci tiene svegli e ci sorprende”.
Quando questa sorpresa diviene familiare al vivere, soppiantando i nostri progetti, accade un altro miracolo: tutto viene abbracciato. L’ha descritto don Giussani anni fa: “Noi siamo chiamati con il Suo nome. In questa cultura tutta nemica di tutto il passato, tutti noi abbiamo una missione. È un invito che raggiunge ognuno di noi in ogni famiglia, in ogni paese, in ogni città e in ogni nazione. Dunque, in questo mondo che non Lo riconosce fino a negarLo, noi nasciamo e cresciamo partecipandone della stessa mentalità: nella coscienza che concepisce giorno per giorno il proprio modo di vivere, nei giudizi che segnano la strada, nella dedizione operosa che collabora con il Mistero creatore e redentore”.
Dobbiamo tenere tutto, non possiamo buttar via niente, perché in tutto passa il filo rosso della Sua iniziativa. L’unica vera novità è il nostro nome pronunciato come mai prima ci era capitato di sentire. Questo test ci permetterà di scoprire sempre che “Dio ci ama, Dio ci ama come siamo, non come vorremmo essere o come la società vorrebbe che fossimo: come siamo” e così potremo attraversare qualsiasi sfida, salire su qualsiasi croce, passare attraverso qualsiasi incomprensione, senza essere mai abbandonati.
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