Quante volte camminiamo perdendo per strada il punto di partenza. Occorre sempre tornare a Chi si è fatto garante dello slancio che ci portiamo nel cuore

Volti stupiti, quasi confusi, quelli che ho trovato in prima superiore dopo aver spiegato come avremmo iniziato il lavoro di religione dell’anno: dalle loro domande. “Nel punto della vita in cui vi trovate quali sono gli interrogativi, le questioni aperte che volete affrontare insieme?”. Lascio del tempo perché ciascuno, in forma anonima, possa scrivere il suo contributo.



A un certo punto uno di loro mi dice: “Prof, è la prima volta che mi chiedono una cosa così”. Non mi meraviglia la frase disarmata di questo ragazzo, perché viviamo in un mondo in cui tutti sono preoccupati di darci le loro risposte anche a domande che non abbiamo, però penso anche a tutti gli anni in cui questi ragazzi hanno frequentato la vita della Chiesa e nei quali hanno ricevuto i Sacramenti.



Che nemmeno in quelle occasioni siano stati presi sul serio nel punto del cammino in cui si trovavano, questo fa pensare. Si dice che sono piccoli, che non capiscono, che è presto… così scatta il tranello dell’intrattenimento fatto di cose che andrebbero bene per chiunque, ma non per lui, per lei, per te, per me.

Ritiro i fogli, su cui hanno scritto le domande, e sono pieni zeppi di cose dell’altro mondo, di una profondità e urgenza uniche. Papa Leone, incontrando in settimana un gruppo di suore agostiniane, a un certo punto ha detto: “Il nostro viaggio inizia dal cuore: ‘Dio, infatti, non guarda che cosa o quanto tu fai, ma quanto tu cresci nel desiderio e nell’amore per Lui, perché, anche se è vero che ognuno sarà giudicato per le sue opere, tuttavia il valore delle opere sta nella carità del cuore’ (san Tommaso d’Aquino)”.



È come se ci fossimo persi per strada il punto di partenza del cammino, lasciandoci sedurre dalle conseguenze. Eppure siamo noi i primi a diventare insofferenti quando intuiamo, e lo intuiamo subito, che l’altro ci sta usando – anche se mosso delle migliori intenzioni – per condurci dove vuole lui, senza attendere il nostro sì.

Don Luigi Giussani (1922-2005) (foto clonline.org)

In un testo straordinario di don Giussani, appena pubblicato, possiamo leggere così: “Kafka in una frase dice: ‘Non sono affatto solo, perché ho ricevuto qui una lettera d’amore, eppure sì, solo solo, perché non ho risposto con amore’. La misericordia sta nel fatto che, anche se tu non hai risposto con amore, Dio continua a mandarti la sua lettera e tu sei libera di rispondere. La misericordia è il fatto che la proposta di Dio non è mai fermata dalla tua scelta, perciò la tua scelta non è mai definitiva. Il male non definisce più l’uomo, perché ciò che definisce l’uomo […] non è ciò che l’uomo commette, ma la misericordia di Dio, cioè la possibilità senza fine che Dio gli propone” (Luigi Giussani, L’incontro che accende la speranza, LEV, Città del Vaticano, 2025, pp. 98-99).

Solo uno che ha la certezza di questa ultima parola divina di misericordia può osare l’inizio del viaggio dal cuore dell’uomo, dalle sue domande, dal suo desiderio, dal suo bisogno. È per aver incontrato, vivendolo tuttora, l’avvenimento di un abbraccio a tutto il proprio io che uno non cambia metodo con l’altro e non si confonde.

Lo ha richiamato il Papa nell’udienza generale di mercoledì scorso: “Questo desiderio abissale del nostro cuore può trovare la sua risposta ultima non nei ruoli, non nel potere, non nell’avere, ma nella certezza che c’è qualcuno che si fa garante di questo slancio costitutivo della nostra umanità; nella consapevolezza che questa attesa non sarà delusa o vanificata. Tale certezza coincide con la speranza”. Che dono sarebbe generare volti stupiti come quelli che ho sorpreso in classe l’altro giorno. Cambierebbe all’istante anche il nostro.

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