Risparmio e credito: la missione delle banche

La Giornata del Risparmio, con la presenza del ministro Giorgetti e del Governatore Panetta, è stata molto costruttiva

Non era scontato alla vigilia che la 101esima Giornata del Risparmio si sarebbe svolta e conclusa sui binari della costruttività. Addirittura con un punto di intesa fra il capo della vigilanza – il Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta – e il responsabile della politica finanziaria e creditizia del Governo, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. E senza polemiche frontali da parte del presidente dell’Abi, Antonio Patuelli; o del padrone di casa: il presidente dell’Acri Giovanni Azzone, “primus inter pares” fra le Fondazioni che restano importanti azioniste di presidio nei grandi gruppi bancari nazionali.



La decisione dell’Esecutivo di includere nella manovra 2026 un prelievo straordinario di 5 miliardi dai profitti del settore bancario avrebbe potuto fare emergere qualche riserva nel Governatore: che come tutti i Banchieri centrali è sensibile a priori a ogni operazione di drenaggio dagli intermediari di risorse utili alla loro stabilità patrimoniale. Panetta, invece, ha voluto rassicurare i risparmiatori italiani – nonché gli investitori in titoli azionari od obbligazionari bancari – che i gruppi italiani sono solidi: come certamente testimoniano anche i consuntivi 2025, attesi a certificare un monte-utili record.



Giorgetti, Economia
Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia al Senato (ANSA 2025, Massimo Percossi)

Su questa presa d’atto Panetta ha innestato una riflessione che certamente non può essere spiaciuta a Giorgetti: quando ha indirizzato le banche a essere motori di crescita per l’Azienda-Paese. Una visione – quella di un Governatore che ha operato anche nella supervisione Bce – che ha agevolato il ministro quando ha difeso la richiesta di un contributo straordinario al settore che, non solo in Italia, ha oggettivamente beneficiato del lungo rialzo dei tassi operato da Francoforte per contrastare l’inflazione da guerra.



In un’Italia, in un’Europa che deve e vuole rilanciare il suo Pil e la sua competitività è indispensabile che le banche riscoprano la loro missione di intermediare risparmio (italiano) in credito (alle imprese italiane), ha detto senza mezzi termini Giorgetti. Il quadro strutturale dell’ultimi trentennio – quello in cui è stato affidato ai mercati finanziari globalizzati l’allocazione efficiente ed efficace di risparmi delle famiglie e capitali istituzionali appare più che in discussione.

Se il ministro dell’Economia nell’autunno 2025 deve rinnovare un appello forte è evidente che qualcosa, parecchio non ha funzionato: sia per la protezione e la redditività dei risparmi degli italiani (che Giorgetti ha apertamente invitato a non lasciar fuggire all’estero), sia per il sistema produttivo nazionale.

Se le banche devono cambiar passo nel sostenere l’economia, la risposta dell’Abi è parsa positiva: salvo – ovviamente –  chiedere “un fisco più amico” già a partire dal 2026, quando l’andamento dei tassi e delle commissioni sul mercato promette di essere nettamente meno favorevole che nei quattro esercizi precedenti. E che anche le Fondazioni si sentano a bordo di un orientamento strategico è stato confermato dall’annuncio della forma di un aggiornamento dell’Accordo Acri-Mef: il cui fulcro è l’allargamento delle soglie di partecipazione degli Enti nelle grandi banche.

Se l’Azienda-Italia ha bisogno delle sue banche, per queste ultime è ancora prezioso il ruolo di ancoraggio delle Fondazioni.

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