Colpisce il numero di giovani che hanno partecipato al Giubileo. Soprattutto pensando a quanti vuoti siano solitamente gli oratori
Centinaia di migliaia di giovani a Roma per il Giubileo. Se ne aspettavano cinquecentomila, ma ormai sappiamo che hanno superato il milione. Pochi immaginavano questi numeri che non sono sicuramente i due milioni di Papa boys della GMG del 2000 con Papa Giovanni Paolo, ma segnalano un cambiamento, rappresentano un fattore di novità.
Chi in questi ultimi decenni si è occupato di educazione e in particolare di educazione cristiana dei giovani sa bene che chiese, oratori, luoghi di aggregazione, si sono, come si suol dire, svuotati. È stato sempre più difficile tenere insieme i giovani, organizzare iniziative, proporre gesti. I colpevoli di questa situazione sono stati via via individuati nella secolarizzazione generalizzata, nel Covid che ha impedito le relazioni, nella crisi della famiglia incapace di proposta, nell’invasione del digitale che ha sostituito i rapporti.
Fenomeni reali questi, peraltro tuttora presenti e che in generale non sembrano, almeno per l’immediato presente, destinati a scomparire. Ma allora forse, se vogliamo guardare con realismo i barlumi di novità che vediamo accadere, dobbiamo mettere in campo qualche altra, semplice, evidenza. Non possiamo infatti non riconoscere che al fondo di ogni persona esista, più o meno consapevolmente espresso, il desiderio di essere felice e la domanda che possa esistere qualcosa che compia tale desiderio.
“Capita anche a te – canta Cremonini – di camminare giorni interi, interminabili e sprofondare nei pensieri abbandonata a desideri inconfessabili ? Sì capita anche a te di non volere più aspettare la felicità. Proprio come me, sì”.
La vita è aspettare la felicità. Ma è altrettanto evidente che questa attesa negli ultimi decenni sempre meno frequentemente si è incontrata con l’esperienza cristiana.
Recentemente sono stati presentati i dati di uno studio, nato nel Laboratorio di ricerca dell’Università Santa Croce sulla fede dei giovani dai 18 ai 29 anni, selezionati in otto Paesi del mondo (Argentina, Brasile, Filippine, Italia, Kenya, Messico, Spagna e Regno Unito). Emerge complessivamente, anche se con tratti non sempre facilmente classificabili, il quadro di generazioni che documentano un aumento di interesse per l’esperienza religiosa.
Sempre senza pretese statistiche, ma solo come suggestione di un clima che forse sta cambiando, si può citare un altro dato (fornito da Avvenire) : in Francia (!) nella scorsa veglia pasquale sono state battezzate 17.800 persone, il 45%in più rispetto al 2024.
Tante volte nel corso del tempo abbiamo visto che proprio quando la condizione storica degli uomini e dei popoli mostra profondi segni di crisi, quando si vive nell’oppressione e nella violenza, proprio allora si manifesta la domanda umana nella sua elementare semplicità, come domanda di senso, di bellezza del vivere, di rapporti buoni e veri. Basta pensare alla Palestina ai tempi di Gesù o agli anni della caduta dell’Impero romano. Il Cristianesimo incontrò gli uomini nel semplice bisogno umano che avevano di senso, di verità, di fraternità.
Forse anche oggi potrebbe essere la nostalgia del senso a far riaccadere l’incontro con l’esperienza cristiana. Il bisogno che la vita non finisca con quello che i nostri occhi riescono a vedere o la nostra mente ad immaginare. Il bisogno che qualcuno vinca la morte.
Forse qualcuno ricorderà lo scrittore spagnolo Javier Cercas che nel 2023 aveva accompagnato papa Francesco nel viaggio in Mongolia. Lui, dichiaratamente ateo, anticlericale, era stato invitato dalla Santa Sede a far parte dei 66 giornalisti accreditati al seguito del Papa. Nelle “regole d’ingaggio” era previsto che alla fine del viaggio avrebbe potuto scrivere un libro sull’esperienza vissuta.
Cercas racconta che la ragione che lo spinse ad accettare era stata sua madre. “Mia madre ha 92 anni, crede in Dio ed è convinta che quando morirà incontrerà di nuovo mio padre. Perciò mi sono imbarcato su questo aereo: per chiedere a Papa Francesco se mia madre vedrà mio padre al di là della morte, e per portare a mia madre la sua risposta”.
In una recente intervista a Paginas Digital Cercas dichiarava: “A volte sembra che la Chiesa si dimentichi di cose fondamentali. La più fondamentale di tutte è la Resurrezione della carne e la vita eterna. Quello che dice il cristianesimo è ‘vogliamo vivere di più’. C’è una ribellione contro la morte. Questo è il cuore del cristianesimo. La Resurrezione della carne e la vita eterna.” E così conclude “Il pazzo senza Dio, che sono io, alla fine prova la nostalgia di Dio. Cioè la nostalgia del senso. Cioè la nostalgia del miracolo”. Personaggio interessante Cercas che potremo anche incontrare al prossimo Meeting di Rimini il 24 agosto.
A questa nostalgia del senso, a questa nostalgia di Dio, papa Leone si è rivolto nell’Omelia di domenica a Tor Vergata. “Aspiriamo continuamente a ‘un di più’ che nessuna realtà creata ci può dare; sentiamo una sete grande e bruciante a tal punto, che nessuna bevanda di questo mondo la può estinguere… C’è una domanda importante nel nostro cuore, un bisogno di verità che non possiamo ignorare, che ci porta a chiederci: cos’è veramente la felicità?…Carissimi giovani, la nostra speranza è Gesù…È Lui, come diceva San Giovanni Paolo II, che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna”.
In questi giorni in cui i giovani hanno celebrato il loro Giubileo, e in particolare nelle due giornate di Tor Vergata, abbiamo visto che la sete che ci portiamo nel cuore può trovare qualcosa che la disseti. Sicuramente per tanti di quei giovani questo incontro è accaduto. E, come sempre nell’esperienza cristiana, è accaduto nella concretezza di gesti cui si partecipa, di cose che succedono, di mani che si toccano, di sguardi che si incrociano.
Come la sorpresa assolutamente imprevista di un Papa che si commuove di fronte alle migliaia di giovani arrivati in Piazza S. Pietro per la Messa di benvenuto celebrata da Mons. Fisichella. Un Papa che assolutamente fuori programma, alla fine della celebrazione, sale sulla Papamobile, arriva fino a via della Conciliazione per salutarli tutti. Lui è commosso dalla loro presenza, dal fatto che sono lì, così in tanti. “Siete il sale della terra, siete la luce del mondo. Il mondo ha bisogno del messaggio di speranza e voi siete questo segno di speranza nel mondo” e poi con tutti loro grida in tre lingue ” Vogliamo la pace nel mondo”.
È stato un fatto, un incontro, un miracolo. Per il Papa e per quei 120 mila che erano già arrivati a Roma. Qualcosa che non era previsto, ma che è accaduto.
Così il Mistero incontra quella nostalgia di senso. Attraverso fatti.
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