Tra poco ricomincerà la scuola. Occorre essere pronti. Pronti a lasciarsi sorprendere da una realtà che ci prende per mano. Adulti e giovani

Ogni inizio porta con sé una strana miscela di attesa e di smarrimento. Non è mai soltanto la ripresa di un’attività interrotta, è sempre qualcosa di più profondo. La scuola che si riapre non coincide con quella che abbiamo lasciato a giugno: gli insegnanti sono gli stessi, le aule non sono cambiate, eppure tutto è diverso, perché siamo cambiati noi. L’estate ci ha segnati, ha lasciato tracce invisibili, ha riaperto domande che adesso ci accompagnano lungo il corridoio del rientro.



Non è un caso che i primi giorni di scuola abbiano sempre un’aria sospesa, come se l’anno nuovo non fosse ancora del tutto cominciato. È un tempo fragile, in cui il cuore si muove tra la nostalgia di ciò che si lascia e la curiosità di ciò che verrà.

In questo spazio sottile è racchiusa la vera preparazione: non organizzare soltanto zaini e quaderni, ma riconoscere che l’inizio di settembre chiede una disponibilità interiore, una prontezza che riguarda tutta la persona.



Per i ragazzi significa accettare di non sapere ancora come sarà, di non avere già risposte pronte, di portare dentro le proprie inquietudini senza nasconderle. Significa anche dare un nome alla propria paura di non essere all’altezza, che spesso si manifesta in silenzi o battute sarcastiche.

La scuola diventa allora il luogo in cui non si impara solo la matematica o la letteratura, ma si impara a stare al mondo, a reggere lo sguardo degli altri, a lasciarsi provocare dalla realtà.

Per i genitori l’inizio è sempre un momento delicato. Si vorrebbe trasmettere ai figli la sicurezza necessaria, quasi proteggerli dall’urto con il nuovo. Eppure la sfida è diversa: non si tratta di evitare le difficoltà, quanto di restare accanto quando esse arriveranno. Non si tratta di togliere la fatica, quanto di mostrare che dentro la fatica si può crescere, che persino l’errore o la delusione hanno un senso se non vengono attraversati da soli.



A scuola (Ansa)

La preparazione è, allora, un esercizio di fiducia: permettere ai ragazzi di camminare con le proprie gambe, pur restando presenti come una casa che non chiude la porta.

Ogni settembre ci ricorda che non viviamo di automatismi. Possiamo aver fatto scuola per anni, possiamo aver già attraversato innumerevoli “primi giorni”, eppure qualcosa rimane sempre inedito. È il segno che la vita non è mai semplice ripetizione, è un continuo risorgere.

Prepararsi all’anno che comincia significa custodire questa freschezza, senza lasciarsi intrappolare né dalla paura del fallimento, né dalla presunzione di sapere già tutto. Ciò che serve davvero è uno sguardo vigile, capace di non lasciarsi sfuggire i dettagli, i piccoli gesti che aprono varchi imprevisti di bellezza.

La scuola non è solo un dovere da assolvere, è un’occasione di rinascita che si rinnova ogni mattina. Per questo la vera preparazione non si esaurisce nell’ordine delle agende, ma nella disponibilità a lasciarsi sorprendere. Non c’è studente che non porti dentro una domanda nascosta, non c’è insegnante che non abbia bisogno di sentirsi vivo di fronte a chi lo ascolta.

Il compito di tutti è entrare nel nuovo anno scolastico con questa coscienza: la consapevolezza che la vita si offre a noi nei corridoi, nei banchi, nei volti, e che nulla è scontato.

Settembre, allora, non è un ritorno alla normalità: è un invito a ricominciare. Prepararsi vuol dire lasciarsi toccare da questo invito, senza difese e senza cinismo. Vuol dire entrare a scuola con la disponibilità di chi riconosce che ogni giorno può aprire possibilità inattese. È questa l’unica vera attrezzatura richiesta, ed è la più umana di tutte.

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