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Home » Cultura » Storia » 24 FEBBRAIO 1525/ Francesco I contro Carlo V, il destino si decide a Pavia

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24 FEBBRAIO 1525/ Francesco I contro Carlo V, il destino si decide a Pavia

Ivo Musajo Somma
Pubblicato 23 Febbraio 2025
Anonimo tedesco, "Battaglia di Pavia" (1530 ca., particolare)

Anonimo tedesco, "Battaglia di Pavia" (1530 ca., particolare)

La vittoria nella battaglia di Pavia del 24 febbraio 1525 permise agli Asburgo di mantenere il controllo della Lombardia, snodo nevralgico del loro dominio

È notte fonda, il 23 febbraio 1525, quando fuori Pavia, attraverso varchi aperti nelle mura del Parco visconteo, le truppe di Carlo V (1500-1558) cominciano ad avvicinarsi all’esercito francese, che, messo in allarme, procede rapidamente a schierarsi in ordine di battaglia. Le prime mosse dello scontro sono favorevoli ai francesi: i lanzichenecchi vengono inizialmente bloccati dal fuoco del potente parco d’artiglieria del re di Francia, mentre, sul fianco destro dello schieramento imperiale, l’artiglieria viene messa fuori combattimento prima ancora che possa prendere posizione grazie a una felice manovra della cavalleria leggera francese.


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A quel punto, alle prime luci dell’alba, Francesco I di Valois (1494-1547) è già convinto che la giornata sia sua e ordina la carica della sua fortissima cavalleria pesante, il fiore dell’esercito francese, della quale prende personalmente il comando. I cavalieri francesi hanno presto ragione della cavalleria imperiale e l’entusiasmo del re è incontenibile, quando la situazione si capovolge: gli archibugieri spagnoli sbucano dalla boscaglia sul fianco dei francesi, già lontani dalle loro linee, e, in maniera precisa e metodica, aprono il fuoco con effetti devastanti contro i cavalieri coperti da pesanti armature, che subiscono anche il contrattacco della cavalleria nemica.


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È una strage, nella quale i grandi nomi della nobiltà francese vengono decimati, come ai tempi di Azincourt. Al centro dello schieramento sono invece protagonisti i lanzichenecchi imperiali, che, dopo uno scontro feroce, mettono in rotta la fanteria nemica, presa anche alle spalle dalla sortita delle truppe assediate a Pavia. Il re di Francia si batte come un leone, ma alla fine, ferito, mentre cerca di sfuggire alla cattura, viene preso prigioniero; resterà per un anno nelle mani dell’imperatore, riottenendo la libertà dopo il versamento di un adeguato riscatto (secondo le usanze dell’epoca) e dopo aver accettato dure condizioni di pace, che avrebbe rigettato una volta tornato in Francia.


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La mattina del 24 febbraio, festa di San Mattia, la battaglia è finita: per tutta Europa si diffonde la notizia che, proprio nel giorno genetliaco di Carlo V, l’arroganza francese è stata umiliata e le armi imperiali hanno colto una straordinaria vittoria.

L’ostilità tra il regno di Francia e gli Asburgo risaliva almeno all’epoca del nonno di Carlo V, l’imperatore Massimiliano I (1459-1519), che aveva difeso il ricco e colto ducato di Borgogna dalle mire francesi in nome della moglie, Maria di Borgogna. Quando il nipote di Massimiliano I, Carlo V, viene eletto imperatore a Francoforte nel 1519, il re di Francia Francesco I prepara la guerra senza esitazione: teme il potere che si andava concentrando nelle mani dell’Asburgo, sovrano – si badi, a diverso titolo – di territori che andavano dalla Penisola iberica all’Europa centrale, senza contare le nuove terre da poco scoperte al di là dell’oceano.

Dopo operazioni svoltesi in diversi teatri di guerra, nell’ottobre del 1524 Francesco I scende con un forte esercito in Lombardia, una regione altamente strategica per Carlo V, indispensabile per assicurare le comunicazioni tra Napoli e l’Europa centro-settentrionale; mentre la guarnigione imperiale abbandona Milano alle preponderanti forze nemiche, l’esercito francese cinge d’assedio Pavia. Forse altri si sarebbero lasciati impressionare e si sarebbero arresi; non così però Antonio de Leyva, militare di dura tempra, che organizza una difesa tanto efficace da respingere gli assalti avversari e obbligare i francesi a un lungo assedio.

Nel febbraio dell’anno seguente l’esercito imperiale raggiunge i dintorni di Pavia, guidato da tre uomini d’arme di provato valore e di grande esperienza: il fiammingo Carlo di Lannoy, viceré di Napoli, Ferdinando Francesco d’Avalos, marchese di Pescara, e Carlo, il Conestabile di Borbone, condottiero francese di gran fama, passato sotto le insegne di Carlo V in seguito a insanabili dissidi col suo re; a costoro va poi aggiunto il comandante dei lanzichenecchi imperiali, Georg von Frundsberg, un roccioso soldato non più giovane, veterano di molte battaglie, che aveva servito sotto l’imperatore Massimiliano.

È anche grazie a combattenti come questi – e come il duca d’Alba e Alessandro Farnese – che la grande compagine sovranazionale asburgica può essere difesa per tutto il Cinquecento (e oltre) da avversari implacabili.

In seguito alla giornata di San Mattia del 1525, Milano e Napoli, pur tra alterne vicende, diventano stabilmente pilastri di questo sistema multinazionale di respiro europeo che ben poco aveva a che vedere con l’immagine caricaturale della cosiddetta “dominazione spagnola”. Come osserva acutamente Franco Cardini, non si può studiare la storia del Cinquecento su una carta politica contemporanea e impiegando termini all’epoca puramente geografici (quali Spagna, Italia, Germania, Olanda), come se si riferissero a realtà politiche allora neppure immaginate come tali. Ne consegue che insistere con i vecchi concetti di “conquista” o “dominazione” spagnola è peggio che fuorviante o semplificatorio: rende impossibile la comprensione.

Cinque anni dopo la battaglia di Pavia, Carlo V riceve la corona imperiale a Bologna: per tutta la vita, e nonostante le circostanze più critiche, avrebbe perseguito la pace nella Cristianità, la difesa dell’Europa dall’aggressione islamica, la salvaguardia della fede dal luteranesimo, la riforma della Chiesa (anche promuovendo la convocazione di un concilio generale, infine avviato a Trento nel 1545, nonostante le resistenze della curia romana), in nome del sacro ideale dell’impero cristiano, di cui egli rappresenta una delle più vivide incarnazioni nella fase iniziale dell’Età moderna.

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