Più di 40 mila euro raccolti in tre giorni per la piccola Bea Scarfo, ricoverata al Policlinico di Catania per un rarissimo tumore al mediastino, eppure i genitori rinunciano alle donazioni, chiedendo che vengano destinate a “chi ha più bisogno di noi“.
Una storia drammatica e commovente quella che arriva dalla Sicilia: Bea ha 4 anni, i suoi genitori si chiamano Mirko e Caterina Scarfo e vivono il tormento della grave malattia della loro figlia, standole accanto da una settimana al Policlinico di Catania, lontani dalla loro casa di Messina, città nella quale si è messa in moto una generosa gara di solidarietà attivata da Egle Cacciola, dirigente della scuola materna di Bea.
Ne parla il Corriere della Sera: la dirigente si dice doppiamente commossa, sia per la rapidità con cui il cuore di Messina ha risposto all’appello per la piccola Bea Scarfo sia per la lezione di civiltà arrivata ieri da Catania dove Mirko Scarfo, un bravo ortodonzista, figlio di un ex direttore sanitario di ospedale, davanti all’offerta di questi soldi ha semplicemente detto “no grazie, meglio pensare a chi ne ha più bisogno“, motivando il proprio gesto con una lettera di poche righe, nella quale il papà rassicura anche di non avere perso le speranze sul miglioramento delle condizioni di Bea.
RACCOLTA FONDI PER BEA SCARFO, MALATA DI TUMORE, MA I GENITORI…
“Si sarebbero aperti nuovi spiragli, così ci fanno sperare i medici… Ma non abbiate a male se vi dico che non possiamo accettare tanta generosità“, ha scritto dunque Mirko Scarfo, quasi scusandosi per questa scelta.
Frastornato dall’incertezza che lo ha travolto, riferisce la sorella Francesca, ha aggiunto: “Quando l’altro giorno mi è stato detto che partiva una raccolta fondi ho ringraziato senza nemmeno riflettere… Ma adesso che tanti si sono mobilitati raggiungendo una cifra considerevole, non è corretto che questi soldi siano usati da una famiglia dove si lavora, dove ci sono comunque delle entrate. Meglio dirottare verso chi ha poco o niente, verso chi non può affrontare tragedie umane senza il supporto della solidarietà… Alle cure per Bea, al suo futuro, penseremo noi familiari“.
La mamma invece non è mai più uscita dal reparto di oncologia pediatrica di Catania, scelta perché “migliore”. Mirko racconta: “Può essere passata una settimana, ma potrebbe essere un mese. Non mi regolo più. Il mondo cade su di noi. So che dovremmo fare vivere questi momenti a Bea come fosse un gioco, per strapparle un sorriso. E ci provo. Ci prova mia moglie. Dobbiamo farcela. Non può finire così“. Eppure, i coniugi Scarfo riescono a pensare a chi sta peggio di loro, almeno economicamente: “Altri ne avrebbero più diritto”. La raccolta fondi è stata sospesa, ma si spera che almeno una parte dei 40 mila euro venga stornata a favore di famiglie bisognose.