A sentire la sua voce, recuperata restaurando una vecchia audiocassetta, si sente vibrare tutta la tenerezza e l’impeto di quella carità ambrosiana che trasmette la sollecitudine di un abbraccio umanissimo più che buone parole consolatorie. Mette i brividi pensare che la rievocazione di quell’episodio – che segnerà la sua vita per sempre – risale a più di cento anni fa: ci si tuffa nel 1917, quando lei aveva appena 8 anni. “In via Edmondo De Amicis, all’angolo con corso Genova, c’era una prostituta sotto l’acqua. Sorpassandola, mi sono voltata… Mio padre mi ha dato un potente ceffone e mi ha detto: ‘Queste donne non si guardano!’. Non gli ho chiesto il perché, ma per me è iniziato il problema. Chi sono queste donne? Perché così sole? Perché così esposte? Perché così tristi?”.
Lei è Adele Bonolis, figlia della borghesia milanese, battezzata nella basilica di Sant’Ambrogio, formazione nell’Azione cattolica e insegnante di religione al liceo Berchet di Milano, e non c’è biglietto da visita migliore per suggellare il suo acume e la sua grande sensibilità. E di biglietti da visita – preziose àncore a cui aggrapparsi per tanti derelitti e disperati – ne ha distribuiti tanti: “Quando volete, se siete stanche di questa vostra vita, telefonate qua”. Per una vita, attraversando come un angelo le vie di Milano e non solo, i suoi grandi occhi buoni sono stati una carezza per ex prostitute, detenuti liberati per fine pena o con le amnistie post-belliche, dimessi da ex manicomi criminali, che grazie a lei ritrovarono una nuova vita, riscattando lo sfruttamento, l’emarginazione, lo stigma sociale di quegli anni.
Adele, che tra l’altro è prozia del conduttore Paolo Bonolis, se n’è andata l’11 agosto di 40 anni fa, dopo aver fondato tra gli anni Cinquanta e Sessanta, in Lombardia con l’aiuto di amici e benefattori, quattro Case per l’accoglienza e il reinserimento delle persone fragili. Case in cui si doveva respirare un clima famigliare, come si legge in alcuni verbali di Villa Salus, una struttura dove si curavano per la prima volta persone dimesse dai manicomi giudiziari: “abbiamo avuto veramente dei miracoli di recupero inaspettato, veramente delle sorprese che ci hanno reso sempre più consapevoli che ogni uomo è una parola di Dio non ripetuta e comunque è sempre un grande mistero”. Ancora oggi quelle Case sono attive, ospitano 140 fra donne vittime di sfruttamento, ex detenuti e malati psichiatrici, con nuove modalità di cura e riabilitazione, ma sempre nel solco della fondatrice.
Adele Bonolis ha camminato instancabile e senza mai voltarsi dall’altra parte fino alla “centesima strada”, che per lei era quella della Provvidenza. Lo scorso 21 gennaio Papa Francesco l’ha proclamata “venerabile”, il primo passo verso la canonizzazione. E proprio “Le centesima strada” è il titolo di un docufilm di Paolo Lipari, realizzato da Fondazione Adele Bonolis-As.Fra., che sarà presentato in streaming oggi sul sito www.fondazioneadelebonolis.it, in cui sarà possibile ripercorrere la sua storia e ascoltare la sua voce. All’evento, che sarà trasmesso anche sul canale 178 del digitale terrestre e 839 su Sky, parteciperà l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini.
“Io sono rimasto colpito dalla sua freschezza e modernità – racconta Alessandro Pirola, presidente del Comitato per la canonizzazione e della Fondazione Bonolis, che ha in programma di aprire 8 nuovi alloggi protetti –. Una donna di fede, a cui però stava a cuore la laicità. Una donna, che diventa santa, che ha fondato un’associazione datoriale del Terzo settore, l’Uneba (Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale), che oggi raccoglie oltre 900 enti per lo più non profit di radici cristiane. Una donna che non esitò a invitare a casa sua i malati psichiatrici e le ragazze dei bordelli, vivendo e testimoniando una carità che, a quei tempi, alcuni non compresero né accettarono, tanto da invocare l’intervento dell’allora arcivescovo, cardinal Montini, futuro papa Paolo VI. La convocò e lei conquistò il suo sostegno. Ora siamo in attesa del riconoscimento ufficiale di un miracolo, che per noi è dato dalla rinascita umana di tutte le persone comunemente ritenute irrecuperabili”.