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Home » Economia e Finanza » Industria » ALITALIA/ Il rischio harakiri del nuovo piano di rilancio

  • Industria
  • Economia e Finanza

ALITALIA/ Il rischio harakiri del nuovo piano di rilancio

Guido Gazzoli
Pubblicato 16 Luglio 2019
alitalia_aereo_pista_lapresse

Lapresse

Sono giunte le manifestazioni di interesse per Alitalia. La compagnia italiana rischia però di ripartire con il piede sbagliato

E così sono arrivate le manifestazioni di interesse per Alitalia, ma la cosa, com’era d’altronde prevedibilissimo, non ha generato manifestazioni di gioia per diversi motivi conosciuti da tempo, oserei dire da decenni. Come sottolineavo nell’ultima mia nota, è quantomai importante conoscere il piano e, poco tempo dopo l’uscita dell’articolo, l’informatissimo Gianni Dragoni, dalle colonne del Sole 24 Ore, ci illuminava sulle linee guida del progetto. L’impressione, per non parlare di certezza, che si ha dopo aver letto quanto il quotidiano finanziario milanese scrive è che si miri a tener unita la baracca per poi svenderla a qualcuno. Occhio: come preannunciato pure dal Sole, il quarto elemento della squadra di salvataggio potrà dire la sua e imporre cambiamenti, ma non si vede come gli stessi potrebbero essere utili al rilancio della compagnia.


ITA/ Le richieste dei sindacati che dimenticano la situazione della compagnia


Perché i tagli sono notevoli e non solo al personale (dove vengono ventilati un migliaio di licenziamenti a terra), ma anche sulle rotte e in particolare proprio su quel lungo raggio che invece dovrebbe essere rinforzato dato che, vien quasi a noia ripeterlo, costituisce la fonte principale dei guadagni. Inoltre, si punta su contratti con tagli importanti sugli stipendi e qui sorge una domanda: visto che è dal 2006 che il costo del lavoro in Alitalia, dall’essere perfettamente in linea con quello dei vettori concorrenti a livello europeo, si è ulteriormente abbassato (chiodo fisso di tutti i vari protagonisti “salvatori ” di questi anni, che poi hanno portato l’aerolinea a due fallimenti) e ormai compete tranquillamente con le low cost, ci si chiede come mai si insista su questo punto. Forse perché li c’è sempre la certezza di tagliare senza investire troppo, in modo da proseguire in quella che ormai è una tradizione di questo caso: navigare a vista sperando che i venti non siano contrari e poi tirare il pacco a qualche aerolinea di “buon cuore” che alla fine si mangerà un altro asset importante per la nostra economia.


TURISMO/ Il ruolo di ITA rafforzato con l'ingresso in Federturismo


Certo è che, una volta risolta l’attuale faccenda, si eleveranno calici allo Stato che “finalmente” ritorna a essere padrone dei cieli italiani con la maggioranza delle azioni della nuova compagnia (a proposito… dopo Lai, Cai e Sai potrebbe chiamarsi Mai visto il trend storico), ma poi il vettore americano Delta, che fa parte dell’Alleanza Sky Team con Air France, viene invitato proprio dal ministero del Tesoro (che con le FS detiene la virtuale “maggioranza”) ad aumentare in un prossimo futuro la proprio quota.

Insomma, se così dovessero mantenersi le cose ci troveremmo di fronte all’ennesimo harakiri, pure se, come però avevano già strombazzato i piani precedenti, Alitalia dovrebbe raggiungere l’utile nel 2022. Si inizierebbe con i tagli al personale, alla flotta e al network: 1.000 esuberi tra i lavoratori, 15 aerei in meno e cancellazione di rotte sia sul medio (15) che sul lungo (5) raggio. La compagnia verrebbe quindi ridotta all’osso secondo il vecchio motto del settore aereo commerciale che recita “viaggiare solo dove si guadagna”. Il problema è che proprio questo settore ha cambi rapidissimi, e in pratica una rotta che oggi non rende si può trasformare invece in produttiva in men che non si dica: ma a questo punto sia uscire che rientrare nel mercato ha costi molto alti, vista la concorrenza spietata degli altri “competitors”.


TRASPORTO AEREO/ Da ITA a Aeroitalia, il punto sulle compagnie italiane


I guadagni di una compagnia aerea non si limitano però ai soli voli, ma includono in molti casi due settori ben più remunerativi quali il cargo e la manutenzione: di questo non c’è traccia nel piano. Ricordiamo che proprio Alitalia, fino a pochi anni fa, aveva il suo fiore all’occhiello nella società di manutenzione, la Ams, che però poi i “capitani coraggiosi” fecero chiudere, mandando i motori in Israele per essere revisionati a 450mila dollari in più per ognuno… per poi alla fine doverli controllare di nuovo visto che il lavoro non era fatto proprio a regola d’arte. Ma l’incredibile esperienza dei meccanici licenziati da Alitalia venne sfruttata da altri vettori, che li assunsero immediatamente. E il cargo, sviluppato, potrebbe essere utile a un rilancio della nostra economia, ma a quanto pare questa non è l’intenzione.

C’è da dire che poi, alla fine, tutto questo progetto potrebbe cambiare perché già si è dichiarato che l’ok è ancora in là a venire: però visti gli esigui finanziamenti a disposizione pare essere difficilmente rivoluzionabile. È l’Italietta che “avanza” miei cari!

Tags: Alitalia

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