ANDREW CUNANAN, CHI E’ L’ASSASSINO DI GIANNI VERSACE?
Chi era Andrew Cunanan, l’assassino di Gianni Versace nonché protagonista di una delle storie criminali più incredibili e controverse degli ultimi decenni? Questo pomeriggio Santo Versace, fratello del compianto stilista, sarà ospite per la prima volta negli studi televisivi di “Verissimo” per parlare non solo del volume “Fratelli. Una famiglia italiana”, edito da poco per i tipi di Rizzoli ma anche della recente scomparsa di Antonio D’Amico, ex compagno di Gianni: inevitabilmente l’imprenditore reggino tornerà a parlare pure della morte del fratello, ucciso brutalmente nel lontano 1997 nella sua villa di Miami Beach, in Florida (USA), di cui il libro cerca di dare una sorta di chiusura simbolica. Ma cosa sappiamo di Cunanan e della spirale di violenza e follia che lo porto a uccidere Versace?
Andrew Phillip Cunanan (1969-1997) era figlio di un ex soldato delle US Navy di origini filippine e di una donna che vantava invece antenati italiani: un particolare di non poco conto nella storia che raccontiamo dal momento che saranno proprio le origini uno dei crucci di Andrew fin da piccolo a causa delle tante discriminazioni che subì fin da piccolo. Ovviamente, lungi dal voler giustificare la scia di sangue che si lasciò nell’ultimo periodo della sua vita, raccontare la storia della sua famiglia serve ad aggiungere un tassello a una personalità tormentata che vide il diretto interessato cercare nella prostituzione e poi nella tossicodipendenza delle risposte a un malessere che covava in lui da tanto. Una volta accettata la propria omosessualità, Cunanan (che spesso inventava storie sulle proprie origini, nascondendole) aveva cominciato a frequentare uomini molto più grandi di lui e facoltosi.
CUNANAN, LA STORIA DEL KILLER: “SOCIOPATICO E TOSSICODIPENDENTE, ERA…”
Una carriera universitaria che sembrava promettere bene vide quindi in poco tempo Andrew Cunanan, già affetto da disturbi della personalità, cominciare a vivere di espedienti: grazie ai regali che riceveva dagli uomini che frequentava, cominciò a spacciare prima farmaci e poi droghe, diventando l’amante anche di persone molto facoltose che pagavano lautamente il suo silenzio sui loro incontri. Insomma, da una parte un aspetto fisico che attirava l’occhio e una intelligenza fuori dal comune, dall’altro però atteggiamenti sociopatici e secondo alcuni anche molto narcisisti che lo vedevano inventare storie circa le proprie origini e vivere la propria omosessualità in modo diverso da tanti suoi coetanei. A 18 anni, a causa di problemi con la legge, si era rifugiato nelle Filippine, terra del padre, per poi fare ritorno negli USA: qui cominciò la rapida caduta negli inferi.
Come detto, alla carriera di gigolò di uomini molto ricchi si affiancò uno stile di vita decisamente sopra le righe che però col tempo fece fatica a mantenere. Da qui lo spaccio di droga e poi l’annus horribilis del 1997: probabilmente oberato da debiti a cui non riusciva a fare fronte e oramai finito nel tunnel dell’alcol delle metanfetamine, Cunanan diede il via a una serie di omicidi (alcuni solamente ipotizzati a suo carico dato che porterà molte verità con sé nella tomba) di ex amanti e anche persone innocenti che ebbero la sfortuna di trovarsi sulla sua strada. diventando di fatto uno dei “Ten Most Wanted Fugitives” di quell’anno. Poi, con l’FBI sulle sue tracce, ecco l’epilogo in Florida: il 15 luglio uccise in pieno giorno e a sangue freddo Versace per poi fuggire in una casa galleggiante dove, prima dell’irruzione delle forze dell’ordine, si suicidò con un colpo di pistola alla testa. Ma perché uccise lo stilista? Messe da parte le ipotesi del delitto passionale (i due non avevano relazioni), della vendetta per un contagio da HIV e quelle complottiste (la mano della Mafia fu smentita da Santo), è probabile che Cunanan fosse mosso da sociopatia e invidia -un rancore sociale e personale verso un ‘mito’- nei confronti di un’icona gay come Versace, cercando al culmine della sua spirale omicida un gesto eclatante con cui essere ricordato prima di morire, esacerbato forse dalla disperazione dalle droghe sotto cui effetto era l’uomo, morto di fatto a soli 28 anni.