Années de pèlerinage/ I pellegrinaggi di Liszt

- Giuseppe Pennisi

Un cofanetto di tre CD pubblicato dalla Ordrarek Records dedicato a tre suite per pianoforte solo di Franz Liszt

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Questo cofanetto di tre CD pubblicato dalla Ordrarek Records è una nuova aggiunta a una lunga lista di registrazioni di queste tre suite per pianoforte solo di Franz Liszt. Ci sono una quarantina di dischi, a partire da incisioni difficili da trovare di Claudio Arrau alla fine degli anni Venti del XIX secolo e di Béla Bartók nel 1936 ad un recente cofanetto della giovane pianista ungherese Suzana Bartal. In breve, tutti i maestri della tastiera hanno sentito la sfida di eseguire e registrare questo capolavoro di Liszt.

Années de pèlerinage (S.160, S.161, S. 163) – Liszt usò il francese nel titolo – è molto basato dal suo precedente lavoro, Album d’un voyageur, il suo primo importante ciclo per pianoforte pubblicato, che fu composto tra il 1835 e il 1838 e pubblicato nel 1842. Années de pèlerinage è ampiamente considerato come il capolavoro e la somma dello stile musicale di Liszt. Il terzo volume è notevole come esempio del suo stile successivo. Composto ben dopo i primi due volumi, mostra meno virtuosismo e più sperimentazione armonica.

Il titolo Années de pèlerinage si riferisce al famoso romanzo di formazione di Goethe, L’apprendistato di Wilhelm Meister, e soprattutto il suo seguito, Gli anni di viaggio di Wilhelm Meister (il cui titolo originale Wilhelm Meisters Wanderjahre significava anni di vagabondaggio o anni di pellegrinaggio, quest’ultimo utilizzato per la sua prima traduzione francese). Liszt mette chiaramente queste composizioni in linea con la letteratura romantica del suo tempo, mettendo come prefazione della maggior parte dei pezzi con un passaggio letterario di scrittori come Schiller, Byron o Senancour. In un’introduzione all’intero lavoro, scrisse: “Recentemente ho viaggiato in molti nuovi Paesi, attraverso diversi luoghi, consacrati dalla storia e dalla poesia. Ho sentito che i fenomeni della natura non passavano davanti ai miei occhi come immagini inutili. Hanno suscitato emozioni profonde nella mia anima, e stabilito tra di noi un rapporto immediato, un rapporto indefinito ma reale, una comunicazione inspiegabile ma innegabile. Ho cercato di ritrarre in musica alcune delle mie sensazioni più forti e impressioni più vivaci”.

Questa è una dichiarazione romantica per antonomasia. Nel cofanetto con i tre CD, Michele Campanella definisce il punto di equilibrio raggiunto da Liszt negli anni Cinquanta del Diciannovesimo seguito. Il suono virtuoso, la ricerca dei limiti estremi della tecnica del pianoforte portata da lui (e da Paganini) in regioni inaudite non viene cancellata ma dopo la sua esperienza con l’opera (per lo più a Parigi), viene diretto alla ricerca della magniloquenza vocale del suono.

Questo è il filo condutture della lettura di Campanella delle tre suite. La primo si riferisce ai viaggi di Lizt in Svizzera. Si inizia con un omaggio a Willian Tell, l’eroe nazionale svizzero, un’introduzione molto efficace Do maggiore (Traccia 1 CD 1) Seguita da una visione pacifica del lago Wallenstadt in La bemolle maggiore dove Campanella ci fa ricordare un passaggio dal Pellegrinaggio del Giovane Harold di Lord Byron (Canto III, stanza 68- Traccia 2 CD 1). Dopo aver vagato nel bellissimo paesaggio svizzero, la suite diventa tenera e avvincente nell‘Eglogue in La bemolle maggiore (Traccia 7, CD 1), nella scena domestica in Mi minore (Traccia 8, CD 1) e nei suoni notturni delle campane di Ginevra (Traccia 9, CD1).

Le altre due suite riguardano i viaggi in Italia. Non Le Grand Tour per vedere antiche rovine romane, ma piuttosto riflessioni su cerimonie (ossia un matrimonio), sulla poesia (ad esempio di Salvator Rosa e di Petrarca, sulle preghiere) così come sui luoghi (soprattutto Villa d’Este a Tivoli). Qui Michele Campanella svela la sua natura molto italiana. O meglio, è napoletano nello spirito, nella famiglia e nella scuola. Egli stesso afferma di tendere al pessimismo, ma l’ironia lo salva.

Il pessimismo è per lo più nella suite n. 3: i cipressi di Villa d’Este (Traccia 2 e 3 CD3) in G ed Mi minore, la marcia funebre in Fa minore (Traccia 6 CD 3), le preghiere (Traccia 1 e Traccia 5 CD3). Il pessimismo è invaso di empatia fin dall’inizio della suite, la preghiera all’Angelo Custode in E major (Traccia 1, CD 3). C’è ironia, quasi napoletana nella lettura dei Sonetti di Petrarca (Tracce 4, 5, 6 CD 2) rispettivamente in  Re minore, Mi minore e La, nell’ammirazione del dipinto di Raffaello del Matrimonio della Vergine (Traccia 1, CD 2) in Mi maggiore e nella canzone Salvator Rosa (Traccia 3) in La minore.

Insomma, un lavoro da virtuoso con un tocco molto personale.





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