Ambienti minimalisti, scorci di luce, donne immobili: dalla Danimarca il fascino di Vilhelm Hammershøi in mostra a Rovigo. Fino al 29/6
A Palazzo Roverella di Rovigo fino al 29 giugno è allestita la sorprendente esposizione Hammershøi e i pittori del silenzio tra il Nord Europa e l’Italia, che porta nel nostro Paese per la prima volta in età moderna l’artista danese (Copenhagen 1864-1916), celebre in vita, ma quasi dimenticato dopo la morte. Oggi è uno dei pittori più richiesti dal mercato e risulta talmente suggestivo agli occhi dei contemporanei che, con un guizzo di originalità, il curatore della mostra Paolo Bolpagni ha dedicato la saletta finale del percorso espositivo alle fotografie dello spagnolo Andrés Gallego, grande estimatore di Vilhelm Hammershøi.
Gallego infatti ha “ricostruito” elementi architettonici, arredi e oggetti delle scene domestiche visti nelle tele dell’artista danese. Ha cercato, cioè, di restituire con l’arte fotografica la medesima atmosfera introspettiva che oggi a Rovigo cattura l’osservatore in modo tanto potente. Lentamente dimenticato, Hammershøi è attualmente difficile da reperire nei musei e alle aste, appunto perché negli ultimi anni è stato oggetto di riscoperta e sono enormemente salite le quotazioni delle sue opere.
È tanto più encomiabile, dunque, il lavoro di ricerca del curatore, che ha messo a confronto altri pittori che hanno influenzato il protagonista della mostra e artisti a lui coevi o successivi, accomunati da una poetica affine.
Ma è possibile dunque dipingere il silenzio? La risposta sono proprio le opere dall’inconfondibile stile intimista e minimalista di Hammershøi: con i loro scorci indefiniti e inusuali emanano un senso di attesa e solitudine profonda ma non vuota, perché richiama al mistero che ci circonda e ci penetra. Il visitatore è affascinato dalle atmosfere immobili e inquiete, dai colori tenui, grigi, terrosi che lo introducono nel mondo sobrio, quasi ascetico del maestro danese, che sembra invitarlo ad abbandonare la frenesia della nostra civiltà digitale. Ben lontano, dunque, dalle pretese di spiegazione scientifica di tutta la realtà del positivismo di fine Ottocento, in cui visse il pittore nordico, ma anche dalla superficialità presuntuosa e rumorosa di oggi.
Le immagini di Hammershøi, spesso prive di presenze umane e movimenti, proprio per l’asimmetrico taglio fotografico con cui sono costruite, sono oggettive, riconoscibili rappresentazioni di pacati, essenziali interni di dimore nordiche. Ma nel loro nitore quasi metafisico rimandano imperiosamente ad altro. Forse proprio questa caratteristica geniale ha affascinato il grande regista Carl Theodor Dreyer che nei suoi film si è esplicitamente richiamato a lui, alle sue ambientazioni, alle sue atmosfere sospese.
Certo, come osserva Bolpagni, dopo la morte dell’artista “si era scatenata l’onda delle avanguardie e poi dei suoi inevitabili riflussi, e una pittura come quella di Hammershøi, così pacata… non poteva che essere eclissata dai molti ismi che andavano succedendosi”. Di fatto nei manuali scolastici e universitari non è nemmeno citato, benché sia uno dei massimi pittori di fine Ottocento e il suo linguaggio artistico assolutamente originale.
Di famiglia luterana alto-borghese e colta, il talentuoso Vilhelm ebbe un’ottima educazione artistica grazie alla madre, che riconobbe il suo precocissimo ingegno. Viaggiò molto, anche in Italia, e conobbe i pittori classici e i suoi contemporanei, ma il repertorio scelto dal riservatissimo Hammershøi è rimasto quello degli interni ordinati e disadorni, con rare figure dipinte per lo più di spalle, illuminate da una luce che filtra da finestre o porte che non si vedono o sono semichiuse, come nell’incantevole e insieme straniante Luce del sole nel salotto III.
L’appartamento in cui visse con la moglie Ida a Copenaghen divenne la scena dei suoi quadri, ad esempio nel dipinto La porta bianca (Interno con vecchia stufa), un ambiente dalle pareti spoglie in cui luce e il vuoto esprimono la poetica di un pittore che sceglie volutamente oggetti semplici, come la sedia, il divano e lo scorcio di tavolo di Interno con divano. Ai suoi quadri sono accostati altri pittori che trattano temi analoghi e prediligono oggetti dimessi, tra cui spiccano l’italiano Umberto Prencipe e il belga Charles Mertens.
“Quello che mi fa scegliere un soggetto sono spesso le sue linee, quel che io chiamo il carattere architettonico del quadro. E poi, naturalmente, la luce, che importa molto”, dichiara il pittore danese. Se inserisce un personaggio, spesso la moglie, lo raffigura preferibilmente di spalle, ma con una cura puntigliosa dei dettagli che però non ne svelano l’intimità profonda.
“Non mi piacerebbe fare il ritrattista, non mi interessa che sconosciuti vengano a trovarmi e mi commissionino il loro ritratto. Per dipingerli, servirebbe che li conoscessi bene”. Una sorta di reticenza, che nasce dalla convinzione dell’inesorabile condizione di incomunicabilità, vissuta da lui anche con Ida, che gli è accanto quotidianamente. Lo affascina l’idea della “città “morta”, come la città fiamminga di Bruges. dipinta dai suoi contemporanei Fernand Khnopff o Henri-Eugène Le Sidaner. In questa sezione della mostra scopriamo anche il riferimento a Gabriele D’Annunzio, con la raccolta poetica Le città del silenzio, o la tragedia La città morta.
Il percorso si conclude con i “paesaggi dell’anima” di altri artisti del silenzio che scelgono un’ambientazione naturale per realizzare dipinti permeati da malinconia e sospensione assorta, come il Notturno metafisico di Mario Reviglione. Per capire il genio del pittore danese, che dipingeva per “sottrazione” suggestive atmosfere dell’assenza, il giudizio più illuminante è quello di Rilke. Il poeta boemo andò appositamente a Copenaghen per conoscerlo e dichiarò: “Il suo lavoro si inscrive nella distanza e nella lentezza; quale che sia il momento in cui lo cogliamo, esso offre materia di riflessione su ciò che di importante e di essenziale vi è nell’arte”. E noi diremmo anche nella vita.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
