La Bce ha cambiato posizione e apre all’uso degli asset russi. Una scelta disastrosa per l’affidabilità europea. In Italia i centristi esultano. Ma...
I vertici europei sarebbero pronti a utilizzare gli asset russi congelati per finanziare l’Ucraina. L’ha scritto ieri il Financial Times senza ricevere smentite. Anzi, il quotidiano economico di Londra ha ricevuto una conferma indiretta dalle dichiarazioni di Christine Lagarde, che proprio ieri, abbandonando la tradizionale prudenza legata al ruolo che ricopre, ha spalancato la porta alla soluzione allo studio del fronte bellicista, giudicata dal presidente della Banca centrale europea “la più vicina ai princìpi internazionali”.
In realtà non è proprio così, i beni sovrani russi in Europa non si possono proprio toccare. Tuttavia quando si muovono poteri fortissimi come Commissione Ue e Bce verso una convergenza, è il segnale che si sta avviando un’operazione difficile da fermare.
La mossa è alquanto rischiosa: impiegare quegli asset (valutati 210 miliardi di euro) per garantire prestiti destinati a finanziare la difesa ucraina, significa di fatto entrare in guerra con Mosca. E il pericolo è tale che, per scongiurarlo, si è mosso un Paese che più filoeuropeista di così non si può: l’insospettabile Belgio. Non la prevedibile Ungheria di Orbán, ma la nazione che ospita la sede della Commissione e gli uffici dell’Europarlamento.
È infatti belga la Euroclear, società che custodisce titoli di una parte enorme dei mercati finanziari europei e gestisce quasi il 90 per cento delle riserve russe congelate (185 miliardi di euro). La società è del tutto contraria all’ipotesi. E il premier di Bruxelles Bart De Wever ha minacciato azioni legali se la Commissione Ue dovesse tirar dritto, costringendo i 27 a votare il provvedimento (che equivarrebbe a una confisca) senza l’unanimità.

La virata europea sembra trovare terreno fertile in Italia nella galassia centrista. Da Forza Italia alla destra Pd, da Calenda ai radicali di +Europa, si registra una consonanza molto preoccupante per un’Europa riarmista che va allo scontro con la Russia. Qualche giorno fa l’ex premier Pd Paolo Gentiloni e l’attuale ministro degli Esteri e leader di Forza Italia Antonio Tajani hanno rilasciato due interviste che sembrano concordate, tanto inneggiano a un ritrovato protagonismo europeo anche per quanto riguarda l’uso dei capitali russi. “Noi siamo favorevoli all’utilizzo di questi beni per sostenere l’Ucraina, però bisogna individuare la base giuridica che permetta di fare questa scelta. Quindi c’è soltanto una questione giuridica, non è una questione politica” aveva dichiarato Tajani il 20 novembre. Una dichiarazione subito rintuzzata da Salvini.
Ma il senatore Pd Filippo Sensi (che fu portavoce di Renzi e Gentiloni quando erano presidenti del Consiglio) ha addirittura auspicato una seconda manifestazione “pro Europa” dopo la sfortunata adunata convocata dal giornalista Michele Serra la primavera scorsa.
C’è da chiedersi se questo magma centrista, che litiga su tutto ma si consolida sul terreno bellico, si renda o no conto della deriva in cui rischia di trascinare l’Italia con questo ping pong mediatico sull’uso delle risorse russe.
Fortunatamente – è il caso di dire – la posizione di Tajani è traballante nel suo stesso partito. Pare infatti che Marina Berlusconi preferirebbe che alla guida degli azzurri arrivasse Roberto Occhiuto, governatore della Calabria, per rinnovare il partito, accelerare sulla linea liberale e incidere di più nel confronto con Giorgia Meloni. Senza Tajani, la gamba centrista del centrodestra sarebbe indebolita. E con essa anche il fronte pro riarmo, almeno quello interno alla maggioranza.
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