Quando l’autorità giudiziaria toglie i minori alle famiglie si consuma un dramma all’apparenza insanabile. Invece anche questa ferita si può rimarginare
Alcune cronache dei giorni scorsi hanno suscitato allarme riguardo ai bambini “strappati alle famiglie” con la forza. Un assurdo controsenso, secondo le notizie divulgate, messo in atto nei confronti di minori per i quali era stato previsto un intervento su indicazione dell’autorità giudiziaria, con lo scopo di una tutela necessaria in situazioni di grave rischio.
Si tratta di una decisione di allontanamento dal nucleo familiare d’origine che non è mai estemporanea e viene messa in atto solo dopo un’indagine e una serie di tentativi, sempre decretati dal tribunale, di supporto alle famiglie che, a causa del permanere di grave disagio, a volte di un vero degrado, rappresentano un pericolo per i minori.
Questi casi eclatanti o meno, da valutare sempre con attenzione, schiudono uno scenario complesso nel quale ogni singola emergenza merita un vaglio approfondito: il bambino, pur nelle circostanze migliori, quelle in cui il distacco dai genitori naturali viene preparato e accompagnato in modo da attenuare il senso di “strappo” dal proprio contesto, vive comunque il dramma di un allontanamento non facile, a volte molto doloroso, che solo nel tempo potrà riconoscere nuove possibilità di equilibrio e di crescita.
I racconti dei genitori affidatari rivelano spesso percorsi costellati di momenti critici, di ribellione o sconforto, che trovano nell’ascolto paziente, nell’affetto e nella profonda condivisione una possibilità di inserimento in una quotidianità più serena.
Non possono essere quindi soltanto certe reazioni di rifiuto a obbedire o ad adattarsi a nuove modalità di vita da parte dei bambini, a indicare il valore di certi passi, di certe esperienze istintivamente accettate senza entusiasmo che tuttavia nel tempo, in genere, si rivelano costruttive.
Le vicende che riguardano i bambini maltrattati, i cui sogni rischiano di essere spezzati per sempre, sono spesso intercettate nell’ambito scolastico o nel quartiere dallo sguardo di insegnanti o di genitori che, oltre la cortina d’indifferenza, si mettono in moto, chiedono aiuto, segnalano situazioni problematiche da far confluire negli ambiti deputati a monitorare, supportare, indicare iter percorribili ai minori e alle loro famiglie.
Inizia così la grande sfida che vede interagire soggetti diversi: giudici, assistenti sociali, psicologi, educatori, comunità di accoglienza e famiglie affidatarie. Un mondo deputato a incontrare la vita nella sua interezza, nella sua drammaticità inevitabile, un mondo nel quale le dinamiche sono declinate da norme, procedure, carte bollate, obblighi e opportunità da individuare, da sperimentare, da rischiare… avendo a che fare con un “materiale” incandescente, con l’umanità di ognuno, segnata da limiti, contraddizioni dilanianti e aspirazioni infinite.
Oggi più che in passato le lacerazioni più profonde inflitte ai bambini sono spesso procurate dalle stesse famiglie, da genitori separati che si fanno una guerra esasperata contendendosi i figli e facendo una dura opposizione quando scatta la procedura di allontanamento. In questi casi lo strazio dei bambini, strappati dalle braccia delle madri e dei padri e infilati nell’auto della polizia, non sembra trovare argini.
Come affrontare la complessità di un dramma tanto aggrovigliato e indecifrabile? Sembra questa la domanda più pertinente e anche la più inquietante di fronte alle notizie di bambini “strappati alle famiglie”.
Una domanda esigente, distante dall’onda mediatica che diffonde grida d’allarme dalle ore contate, una domanda che resta in sospeso di fronte all’insondabile emergenza del male, e chiede il risveglio di un desiderio, forse di una speranza.
Una urgenza sembra oggi evidente: la necessità di porre un punto focale che potrebbe calamitare nuovi tentativi, nuove progettualità a partire da ciò che già esiste, che già reclama aiuto, già offre prospettive di impegno. Potrebbe essere questo un inizio: riconoscere la centralità di ogni soggetto, di ogni bambino, riconoscere il suo diritto a essere tutelato, accolto, amato.
A ben vedere, i fili sottili di una speranza sono rintracciabili nelle vicissitudini raccontate dalle famiglie che aprono il loro cuore, insieme alle porte di casa, facendo spazio ai minori che, come detto, mettono allo scoperto il loro disagio e il loro dolore con atteggiamenti scontrosi, non sempre facili da interpretare e da riappacificare.
E sono questi vissuti a sprigionare il segreto di una scelta originata da un desiderio profondamente umano, il desiderio di scoprire il senso del vivere che si rivela con particolare luminosità e bellezza nel riconoscimento dell’altro, della sua affermazione, del suo bene.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
